La tranquilla città di Baia era una sorta di Las Vegas dell’antichità. Letteralmente, dato che entrambe le città condividono lo stesso soprannome: da un lato “Sin City“, dall’altro sono citati i “deversorium vitiorum” della città.
Gli autori romani parlavano della Campania Felix come un luogo in cui anima e corpo si perdevano in giorni e notti di feste ininterrotte, vino dalla bontà indescrivibile (e come dargli torto, con il falernum?), donne bellissime che fanno il bagno seminude, canzoni notturne a squarciagola con gli amici, giornate intere passate fra terme, banchetti deliziosi senza fine, profumi orientali e ville talmente estese e lussuose da sembrare grandi come città. E non solo: aperitivi sulla spiaggia al tramonto, buffet in barca
E non dimentichiamo il gioco d’azzardo, passione di tutti i residenti. Insomma, una sorta di immenso luogo di vacanze, eccessi e meraviglie degne delle fantasie più spinte.
Omnium non modo Italiae sed totius orbis terrarum Campaniae plaga pulcherrima est
Publio Annio Floro
(La regione Campania è la più bella non soltanto di tutte le regioni dell’Italia, ma di tutto il mondo).
Il più severo accusatore della Campania Felix fu Seneca, uno dei padri della filosofia stoica.
Il filosofo scrisse addirittura una lettera contro le perversioni di Baia, considerata simbolo di tutto ciò che c’era di sbagliato in Campania. Durante i suoi viaggi, visitò la città e riuscì a star lì solo un giorno, poi fu costretto a fuggire davanti allo scempio che gli abitanti facevano di ogni virtù morale. A suo supporto cita una lista enorme di autori che hanno frequentato Baia: da Cicerone a Properzio, da Orazio a Ovidio. Tutti gli uomini di cultura che sono passati per Baia hanno constatato come la Campania, in special modo sul versante flegreo, fosse terra in cui solo gli uomini più forti riuscivano a crescere con doti morali decenti. Tutti gli altri finivano inevitabilmente persi in quel delirio di mollezze.
Come non cedere, infatti, al clima così dolce da permettere aperitivi in spiaggia anche in inverno, pranzi in barca fra amici, intere serate passate a cantare e ballare senza alcun senso, se non quello di divertirsi in compagnia.
Lo stesso Seneca, a ben rifletterci, doveva frequentare la Campania abbastanza spesso per essere così informato e preciso nelle narrazioni.
Vivresti mai in una città in cui è vacanza tutti i giorni?
Seneca dipinge con orrore e disgusto le mollezze degli abitanti: dai più poveri ai più ricchi erano tutti immersi in un mondo di feste, giochi e baldoria giorno e notte: ognuno a Baia aveva una barca dipinta con i colori più sgargianti e vistosi, cosa che umiliava profondamente la sobrietà militare romana rappresentata nella vicina Miseno.
E poi gli spettacoli: dopo il tramonto, incoraggiati dal clima dolce delle primavere, i residenti organizzavano spettacoli col fuoco, piogge di petali e fiori in enormi piscine d’acqua in cui incantevoli donne, completamente nude, ballavano e divertivano la popolazione. Per non parlare dei concerti “che qui si fanno di notte e non di giorno”.
Sulle perversioni sessuali, tradimenti, orge e quant’altro, poi Seneca addirittura desidera sorvolare per il troppo orrore. Ci basta sfogliare i testi di tutti gli autori antichi per trovare numerosi riferimenti ai “doni di Bacco” che caratterizzavano le feste delle città costiere campane.
Viziose seduzioni, profumi, terre fertili e felici
L’elenco di luoghi citati dagli autori romani è analizzato in centinaia di studi realizzati dai maggiori letterati di tutti i tempi. Da Capri, prediletta dall’Imperatore Tiberio, alla leggendaria Pompei. Gli altri grossi centri della Campania, una regione che arrivava quasi alle porte di Roma, erano Capua, Atella, Literno, Cuma, Sinuessa, Pozzuoli, Acerra, Nola, Napoli, Capri, Oplontis, Ercolano, Pompei, Sorrento, Stabia, Nocera e Salerno. Ognuna di queste città era speciale per una caratteristica decantata dagli autori antichi: da Salerno, citata addirittura da Orazio come luogo esclusivo di vacanza per ricchi, a Capua, terra madre di ogni mollezza. Silio Italico definì i capuani “schiavi di beni miserabili“.
Si suol dire che in Campania “si fanno più profumi che olio in tutti gli altri paesi d’Italia“
Plinio il Vecchio, Historia Naturalis
Plinio il Vecchio definisce la regione così: “La Campania supera in fertilità tutte le altre regioni (dell’Impero). Quella porzione detta dai Latini “Terra di lavoro” e dai Greci “Flegrea” supera a sua volta tutto il resto di questa provincia“.
La giovane Neapolis, ben meno importante della vicina Puteoli, era invece la città prediletta dall’Imperatore Nerone: qui amava passare le vacanze, cantando nell’anfiteatro costruito sul decumano superiore che, oggi, esiste ancora ed è finito sotto i palazzi moderni.
Gli otia capuana e i vizi della Campania Felix
L’esempio del più grande uomo caduto nei vizi e nella ricchezza della Campania Felix? Annibale. Su di lui l’intera letteratura romana ha speso fiumi e fiumi di parole che, a dirla tutta, molti storici hanno messo in dubbio: secondo una buona parte di studiosi, infatti, la storia degli “otia capuana” fu una grande montatura politica per esaltare i valori militari della “romanità”, che sono la sobrietà e la disciplina militare. Pochissimi popoli, d’altronde, furono più odiati e temuti dei cartaginesi e, come insegnano le propagande politiche di ogni epoca storica, una guerra si vince anche e soprattutto con la narrazione che si fa di quest’ultima.
Bastò l’ozio di un solo inverno a sconfiggere Annibale: le mollezze della Campania fiacchirono a tal punto un uomo che nemmeno le nevi alpine avevano domato. Vinse con le armi, ma fu vinto dai vizi.
Seneca, epistolae ad lucillium, Liber V
Seneca ci spiega che l’impatto con la “luxuria” della regione ti stordisce, ti seduce, ti rende un uomo debole e inutile. Proprio Annibale, riposandosi a Capua, si trasformò da generale formidabile e crudele a soldato debole e inetto. E fu così battuto dai Romani, che sapevano tenersi lontani dalle perversioni di questa regione seducente.
Lo sapeva bene Scipione l’Africano. Nonostante il tradimento di Roma, scelse di ritirarsi a vita privata a Liternum e non a Baia: non voleva accostare il suo nome a tanta mollezza, che proprio non si addice al carattere romano.
Era infatti comune convinzione presso i filosofi romani che le ricchezze e la bellezza di Capua inevitabilmente corrompessero qualsiasi animo. Si chiama “determinismo ambientale” quella corrente filosofica, adottata anche in criminologia, che lega il comportamento degli esseri umani all’ambiente in cui vivono.
Proprio per queste ragioni gli antichi spiegarono come gli stessi capuani, un tempo popolo fiero e orgoglioso come i Sanniti, si siano fatti colonizzare dai Romani con facilità disarmante. Ben differente è la storia del Samnium, terra ruvida come il suo popolo, che non ha rammollito il carattere dei suoi abitanti. Ma ovviamente Roma ha saputo bastonare per bene tutti.
A parlarne stavolta è Tito Livio in “Ab Urbe Condita“, ma anche Polibio e Strabone non risparmiano frecciate al modo di vivere “ameno” dei capuani, che ha trasformato il popolo in un’accozzaglia di uomini molli e viziosi.
Il generale Marcello raccontò con queste parole la vista dei nemici cartaginesi:
(i cartaginesi) “Erano i resti di quegli uomini, a malapena capaci di mantenere le armi e gli scudi, che stavano combattendo! (…) A Capua si estinsero il valore militare, la disciplina, la gloria del passato, la speranza del futuro“
Marco Claudio Marcello
Un’ultima, immancabile, firma: Catone il Censore, l’uomo diventato emblema del moralismo, ripeteva spesso l’esempio di Annibale nei suoi discorsi (e secondo la storica Cristina Pepe fu probabilmente proprio lui a ispirare tutti gli altri storici): la Campania era luogo di “libido” e “otia”. E l’unico modo per respingere questi orrori dell’anima erano solo le romanissime “disciplina” e “virtù”.
Pompei, terra di lusso e bellezza
L’unica soluzione per non farsi rammollire da tutta questa bellezza seducente? Tieniti lontano dalla Campania, dice Seneca.
Intanto, ai tempi dell’antica Roma, tutti sognavano di vivere qui.
-Federico Quagliuolo
Approfondimenti:
Francesca Romana Berno, Seneca contro Baia, ovvero il vizio in villeggiatura. Contenuto in “Neronia IX, la villegiature dans le monde romain de Tibere a Hadrien”, curato dal professor Olivier Devillers, Ausonius Editions, Parigi, 2014
Traduzione Paragrafo 51, Libro 5, Epistulae morales ad Lucilium (skuola.net)
pepe.pdf (commentariaclassica.altervista.org)
Istoria generale del Reame di Napoli, ovvero Stato antico e moderno delle … – Google Libri
Tre libri di agricoltura tratti dalla Storia naturale di Cajo Plinio Secondo – Gaius Plinius Secundus – Google Libri
Lascia un commento