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I carciofi arrostiti sono un piatto tipico campano. Sono molto diffusi, oltre che nel napoletano, nell’Agro Nocerino Sarnese. Nella città di Pagani, in particolare, la preparazione dell’ortaggio si lega alle usanze domestiche e folkloristiche della popolazione. I carciofi a Pagani sono infatti il simbolo della lunga attesa della primavera, che manifesta con vigore il suo arrivo nel mese di aprile, quando in paese viene festeggiata la Madonna delle galline.

Carciofi arrostiti in terrazza.

La coltivazione dei carciofi

I paganesi considerano i carciofi un elemento fondamentale delle proprie tradizioni, insieme alla festa della Madonna delle galline, che cade una settimana dopo Pasqua. In realtà i carciofi rappresentano l’immagine e il sapore dell’intera Italia all’estero, in quanto il Bel Paese ne è il maggior produttore mondiale. L’ortaggio, tipico delle aree mediterranee, è infatti principalmente prodotto nel Centro-Sud Italia, tra Puglia, Sicilia, Sardegna, Campania e Lazio. Si stima in Italia una produzione annuale di circa 500.000 tonnellate di carciofi.

La variante dell’Agro Nocerino Sarnese e dell’area vesuviana è il carciofo pignatella, il cui nome deriva dal recipiente in terracotta utilizzato per proteggere l’ortaggio dal sole e dagli agenti atmosferici fino al momento della raccolta. Il suo apice produttivo è raggiunto normalmente nel mese di aprile, continuando a essere raccolto fino alla prima decade di giugno. La variante vesuviana del carciofo era già nota nell’antica Pompei. Esistono comunque diversi tipi di carciofi in Campania, oltre che in tutta Italia.

Carciofi nel ghetto ebraico di Roma. Ph. Michelle Moody.

La tradizione paganese

L’Italia, oltre a essere il primo produttore mondiale, è anche il paese che vanta il più alto consumo pro capite di carciofi. Non esistono statistiche o classifiche circa i comuni con il maggior consumo pro capite di carciofi, ma supponiamo che Pagani potrebbe collocarsi tra i primi posti in questa particolarissima disciplina.

Il fumo dei carciofi arrostiti avvolge la città di Pagani tra i vicoli del centro storico, ma anche nei palazzoni di più recente costruzione. Non importa se si ha un cortile a disposizione o un balcone, qualsiasi spazio andrà bene per preparare i carboni necessari alla cottura del nobile ortaggio. Una sorta di sagra permanente cittadina, organizzata però non tra le strade, dove comunque si possono trovare venditori ambulanti di carciofi, ma nelle proprie case. Le famiglie paganesi si danno appuntamento ogni domenica, comunicando le une con le altre attraverso gli universali segnali di fumo dei carciofi. Un rito che si ripete ogni settimana in un entusiasmo che segue il ritmo della primavera, esplodendo nel giorno della celebrazione della Madonna delle galline, l’evento più atteso dell’anno.

Veduta panoramica di Pagani. Ph. Gerardo Russo.

La ricetta dei carciofi arrostiti

La ricetta tipica paganese è molto semplice e viene seguita tradizionalmente nella preparazione al pranzo domenicale in famiglia. Si lavano per bene i carciofi, lasciando infiltrare l’acqua per bene in tutte le foglie. Successivamente si mettono a testa in giù, per permettere all’acqua di sgocciolare. Nel frattempo si taglia l’aglio a piccoli pezzi, al fine di creare una speciale farcitura. Sale, pepe, un po’ d’olio, aglio e prezzemolo andranno accuratamente riposti al centro del carciofo.

Sarà importante dividersi i compiti in famiglia. Ci sarà infatti bisogno di accendere accuratamente la famosa “fornacella” (brace di carboni), dove andranno cotti lentamente i carciofi, uno di fianco all’altro. L’olio faciliterà anche la cottura interna dell’ortaggio. I carciofi andranno poi attentamente monitorati, spostandoli e girandoli per far sì che ognuno riceva la giusta dose di calore. Il tempo di cottura sarà tra i 30 e i 40 minuti. Una volta pronti andranno tolte le prime foglie che saranno bruciacchiate, poiché troppo esposte al fuoco, e ripulite con la punta di un coltello le parti bruciate esternamente.

Carciofi nella classica “fornacella”.

La portata extra del pranzo domenicale

Per quanto riguarda la giusta modalità di consumo, i carciofi arrostiti costituiscono una sorta di portata d’eccezione nel pranzo domenicale paganese. Non sostituiscono ovviamente il primo o il secondo, ma nemmeno possono essere considerati un contorno. Sarebbe riduttivo. Vanno infatti consumati come una portata a sé, collocando una fetta di pane al di sotto che si impregnerà del sapore del carciofo e del suo condimento.

Possono forse essere considerati la portata preponderante del pranzo domenicale, in quanto il loro consumo, al pari della preparazione, è estremamente lento oltre che piacevole. I carciofi vengono infatti assaporati una foglia alla volta, facendo perdere al pranzo qualsiasi dimensione temporale. Un cibo “da sfogliare”, che si gusta nella leggerezza di un pranzo in famiglia, ma che trasuda la cultura di un popolo orgoglioso delle proprie tradizioni.

Ph. Serena Pepe.

La poesia del carciofo

I paganesi vanno particolarmente fieri delle proprie abitudini gastronomiche. Non sono però gli unici ad aver celebrato le doti del carciofo. Si ricorda in particolare la poesia di Pablo Neruda “Ode al carciofo”.

Ed ecco sul più bello arriva Maria con la sua sporta,
sceglie un carciofo,
non lo teme,
lo esamina,
l’osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe.

(Pablo Neruda – Ode al carciofo)

Il nome deriva dall’arabo al-karshuf, cioè spina di terra, e da ardi-shoki, la pianta che punge. Per Pablo Neruda il carciofo era il guerriero dal tenero cuore. Per i paganesi è semplicemente ” ‘a carcioffola “. Una pagina satirica locale ha ben pensato di ideare un vessillo per Pagani con al centro un carciofo e nel 2016 si è anche provato a organizzare una grande “carcioffolata”, con l’obiettivo di entrare nel Guiness dei Primati cuocendo 5000 carciofi in cento diverse braci nel cortile di una scuola elementare. Un amore viscerale verso l’ortaggio e ciò che rappresenta. Un sapore condiviso nell’intimità familiare ma vissuto all’unisono in tutta la comunità.

Riferimenti:

Si ringraziano Rosa Allocco per l’immagine di copertina e Serena Pepe per l’immagine nel testo.

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