È certamente uno dei simboli più importanti di Napoli. Il mandolino fa parte inesorabilmente del DNA di ogni napoletano, cresciuto con il suono costante delle corde che si trasformano nel sottofondo musicale della nostra vita. Scopriamo la storia dello strumento musicale più celebrato e amato in tutto il mondo: scopriamo la storia del mandolino.
La storia
Per conoscere gli antenati del mandolino dobbiamo risalire ai Greci e alla lira: essa era costituita da un guscio di testuggine sulla cui incavatura era tesa una membrana di pelle che fungeva da cassa di risonanza e da un’estremità all’altra le corde che venivano pizzicate erano ben tese. Insomma, lo strumento adatto per i cantastorie per rallegrare sagre e feste.
Nel VII secolo d.C. in Egitto comparve il liuto, figlio dell’oud arabo e del barbat. A partire da questo strumento, col passare dei secoli, si diede inizio a una vera e propria rivoluzione, che diede vita per esempio alla mandora, simile al liuto ma di dimensioni più piccole. Questo strumento presentava un suono acuto e vivace e iniziò ad essere molto apprezzato nel ‘600, come strumento solista che accompagnava danze o complessi di liuti.
L’origine del vero e proprio mandolino napoletano risale invece alla prima metà del Seicento, ma solo un secolo dopo se ne iniziò la produzione, specialmente grazie alla Casa Vinaccia, famiglia napoletana di celebri liutai. I loro strumenti si differenziano grazie alle intarsiature e filettature d’avorio e madreperla lungo il manico e la tastiera. In seguito, poi, Pasquale Vinaccia applicò delle corde di acciaio che andarono a sostituire quelle in ottone.
La loro bottega era situata in Rua Catalana 46 a Napoli, dove venivano costruiti sia strumenti a pizzico (come le chitarre e lo stesso mandolino) che ad arco, seguendo il modello dei Gagliano, fondatori della scuola di liuteria napoletana. Poco dopo, nacquero tante botteghe, e infatti, agli inizi dell’800, gli zar russi vollero che diventasse maestro mandolinista di corte proprio un napoletano: Eduardo Amurri.
Tutt’oggi molti musicisti continuano a suonare strumenti prodotti dai Vinaccia, come il direttore artistico Corrado Sfogli della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Il plettro, inizialmente, era ricavato da una penna d’oca (come si usava anche nei clavicembali) ed è per questo che oggi, pur essendo in materiale sintetico, viene ancora definito penna o pennetta e il colpo sulle corde viene chiamato pennata.
La struttura e il suono
Dalle dimensioni di un ukulele, il mandolino napoletano presenta una forma a goccia realizzato a doghe che si uniscono al vertice all’altezza del manico. Formato da quattro corde doppie appartenente al genere dei cordofoni, ka parte posteriore invece è rafforzata dallo scudo, una fascia che circonda la cassa armonica, la quale presenta la classica forma a lacrima.
Per quanto riguarda il suono, presenta un timbro dolce, delicato e molto espressivo: insomma, la melodia adatta per le classiche serenate o per le tipiche serate di musica napoletana.
Musica popolare o colta?
Il mandolino non viene suonato solo nella musica popolare, ma anche in quella colta. Alcuni esempi sono ritrovabili nello stesso Mozart, il quale inserì questo strumento nel suo Don Giovanni, probabilmente ispirato dal suo soggiorno nel territorio campano.
Anche Giuseppe Verdi, con l’Otello si servì del mandolino, come Haendel (Alexander Balus), Antonio Vivaldi (Concerto per mandolino e orchestra), Mahler (VII Sinfonia), Paisiello (Il barbiere di Siviglia) e Stravinskij (Agon). Infine, quattro sonatine furono composte da Beethoven (2 Sonatine Adagio e Andante con variazioni per mandolino e pianoforte).
A distinguersi tra i tantissimi mandolinisti, Raffaele Calace, detto “il Paganini del mandolino”, il quale suo amore per la musica e per il mandolino lo portò ad inventare uno strumento musicale a metà strada tra un mandolino e una lira: il mandolira. Le corde furono sostituite dal budello all’acciaio. Inoltre, si dice che anche la regina Margherita di Savoia fu un’abile mandolinista, aveva formato addirittura un’orchestra a plettro.
In Italia
In Italia è presente la Federazione Mandolinistica Italiana che accoglie qualsiasi tipo di gruppo musicale che utilizza il mandolino come strumento principale nel proprio organico. Inoltre, a Bergamo si trova uno dei gruppi più antichi: l’Estudiantina Bergamasca, cofondata dal compositore Angelo Mazzola. C’è da dire che in Italia esiste un disegno di legge per l’introduzione del mandolino nelle scuole secondarie di primo grado. A Modena, dal 2010 si svolge una delle rassegne più importanti nel mondo Mandolinistico Italiano, organizzata dall’Associazione Ensemble Mandolinistico Estense.
La Bottega del Mandolino a Napoli
A Napoli, in via San Giovanni maggiore Pignatelli 5, sorge, in un antico palazzo storico, la “Bottega del Mandolino” di Salvatore Masiello e Michele Caiazza, liutai e costruttori di mandolini. Questo luogo ha da anni il compito di valorizzare e conservare l’antica tradizione del Mandolino Napoletano e tutt’oggi sono custoditi oltre 270 mandolini antichi, molti risalenti al ‘700, tutti riportati alla vita da questi artisti del legno e dai loro apprendisti.
In particolare, ha la finalità di estendere al mondo intero la conoscenza della cultura artigianale artistica napoletana attraverso l’esposizione di come nasce il mandolino, permettendo agli Associati di seguire corsi volti all’insegnamento della costruzione dello strumento. Inoltre si presenta come un vero e proprio punto di riferimento per le persone svantaggiate e diversamente abili, in modo tale da permettere loro di trovare un sollievo al proprio disagio, anche attraverso la realizzazione di nuovi strumenti musicali adatti alla loro condizione fisica. Si può accedere al loro sito cliccando qui.
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