La torre di Fornillo, detta anche di Clavel a Positano, ha una storia estremamente interessante. Luogo dalle mille alchimie, qui sono passate molte delle avanguardie del 900, tra cui Fortunato Depero, Filippo Tommaso Marinetti, Jean Cocteau, Enrico Prampolini, Norman Douglas.
Fu completamente restaurata e in molte parti ripensata, dall’architetto, intellettuale, archeologo, appassionato egittologo e scrittore svizzero, Gilbert Clavel. Dopo la morte di Clavel divenne di proprietà della Principessa Santa Borghese Hercolani.
Chiunque voglia conoscere la storia di questa torre, non può prescindere dal parlare con Daniele Esposito, storico custode della torre, fine conoscitore della sua storia e di quella di Positano e collezionista d’arte. Daniele lavora nella torre da quando ancora da giovane scugnizzo nel 1981, lo assunse la Principessa Borghese Hercolani. Da allora ha studiato la storia della torre e quella di chi ha lasciato un segno tra queste mura. Questo articolo nasce da molti incontri e scambi di idee con Daniele, incominciati con un’intervista che gli feci nel 2019 per Succeddeoggi.
Gilbert Clavel
Gilbert Clavel (1883-1927), nacque in una ricca famiglia di industriali svizzeri, si laureò in archeologia nel 1907. Clavel arrivò in Campania, perché il suo medico, a seguito dei suoi problemi di salute, gli consigliò l’aria di mare, il padre decise così di portarlo a Capri, dove comprarono la villa “la Saida”. Fu Clavel a darle il nome, ispirandosi alla celebre città libanese di Saida, in italiano, Sidone. Un giorno, durante una gita in barca da Capri, scoprì a Positano una torre mezza diroccata dall’aspetto piramidale e decise di comprarla.
Clavel era deforme e di bassa statura, ma brillante e generoso,era anche una persona estremamente colta e affascinante, tanto da radunare attorno a sè il meglio della cultura avanguardista che frequentava Capri.
Era amico di Djaghilev, l’impresario dei Balletti Russi, di Picasso, Cocteau e Marinetti. Divenne molto amico del futurista Depero che illustrò il libro più famoso di Gilbert Clavel “Un istituto per suicidi”.
Il libro racconta di un istituto in cui le persone possono suicidarsi scegliendo il sesso, l’alcol, l’oppio o un quarto metodo che racchiudeva tutte e tre le precedenti possibilità insieme. Racconta gli strani incontri che il viaggiatore suicida fa in questo luogo.
Con Depero, realizzò anche i famosi “Balli Plastici” che, presentati a Roma al Teatro dei Piccoli il 15 aprile 1918,segnarono la storia del Futurismo.
Viaggiatore e grandissimo appassionato d’Egitto, Clavel pubblicò nel 1920, Espressioni d’Egitto.
Clavel amava la bellezza e soffriva molto per la sua malformazione fisica. Il sesso, l’alcol e le droghe, erano viste come qualcosa che andava provato perché bisognava anche trasgredire per poter comprendere i propri limiti e quelli degli altri, soprattutto le debolezze. Subiva il fascino del Sud e qui, in questo mondo mediterraneo, apparentemente più arcaico della Svizzera di inizio secolo, aveva trovato la sua libertà.
A Capri erano soliti scendere in una grotta tutti mascherati e i capresi che, non capivano i loro festini, li prendevano per riti satanici. L’oppio per loro era un collegamento con un’altra dimensione.
Storia della torre di Fornillo, detta anche di Gilbert Clavel
La torre fu costruita nel 1533, anche se ha un aspetto angioino, forse dovuto alla presenza di una precedente torre. L’aspetto attuale è pero dovuto a un restauro fatto da Gilbert Clavel dopo il 1909 quando la acquistò.
Clavel era archeologo, appassionato di storia egiziana e amava viaggiare in Egitto.
Il giorno che fece la gita in barca da Capri, dove possedeva villa “La Saida”, quando vide, navigando davanti a Positano, la torre, se ne innamorò subito.
Venne attratto dalla forma della pianta pentagonale dell’antica torre in rovina, gli ricordava la misticità delle piramidi e decise quindi di comprarla e restaurarla. Gilbert Clavel scriveva: “Il quadrato tende al cerchio, il cubo svanisce nella sfera, il Delta cresce nella piramide”.
Esposito racconta come Clavel “sentì da subito il richiamo verso la torre e i lavori per rendere questo luogo “la sua torre” occuparono il resto della sua vita. Tanto che scrisse un giorno al fratello che la torre lo avrebbe ucciso. Ha messo tutto se stesso nell’edificio, “la sua personalità, la sua idea di vita e di morte”.
Daniele Esposito mette in luce come Gilbert Clavel pensasse che la torre lo avrebbe reso immortale, da un punto di vista materiale, storico e metafisico. Doveva essere uno strumento che potesse portarlo in un’altra dimensione. Nel leggere il suo libro, Un Istituto per Suicidi, ci sono molti riferimenti al complesso architettonico che ha creato. Per esempio nel libro cita la torre “piramidale” a pianta pentagonale.
Secondo Esposito “nell’opera si trovano molte allusioni ai cunicoli, alle forme delle stanze, alle scale, perfino ai vari stati d’animo che la torre crea”.
Purtroppo Gilbert Clavel morì nel 27 e non riuscì mai a terminare i lavori di restauro della stanza della musica, che avrebbe dovuto essere il cuore di tutta la dimora. Clavel amava dire: “Quando non siamo né fuori né dentro. L’uomo smarrisce la via e il centro. La morte è una permutazione del centro. /E la vita? / Un segno costretto entro il giro del tempo”.
L’ispirazione dietro al restauro della torre di Gilbert Clavel
Clavel nel restaurare la torre si era ispirato all’antico Egitto, ma anche ad alcune teorie novecentesche come quelle dell’esoterista e teosofo austriaco, Rudolf Steiner. Da Steiner, ricorda Esposito, “aveva preso l’idea dell’immortalità vista come una forma di energia che rimane dopo di noi. Chi visita la torre sente l’energia di Clavel. La sua ossessione di arrivare a costruire una struttura che non fosse solamente una casa, ma che potesse diventare un mezzo che gli facesse raggiungere un universo parallelo fatto di sola energia”.
Cavel era archeologo, aveva fatto molti viaggi ed era influenzato dalla storia dell’architettura.
Nel 1922, racconta Daniele Esposito, partecipò a un convegno sul paesaggio, fatto a Capri, dal sindaco e naturalista Edwin Cerio. Gilbert Clavel era appassionato di architettura del mediterraneo e amava le sue cupole, di cui studiò la storia, perché secondo lui erano legate alle origini delle abitazioni umane, cioè le grotte. Le legava anche al cerchio di Giotto o all’uovo, visto come oggetto mistico.
Era poi influenzato dalla filosofia e psicologia, in particolare quella tedesca. La torre doveva essere anche un mezzo per condividere i suoi concetti e idee.
La sala della musica
Fu un caso fortuito che permise a Gilbert Clavel di incominciare i lavori per la sala della musica. Esposito racconta che Clavel per restaurare la torre, estrasse il materiale dalla pancia dell’edificio e scavando nello sperone su cui era stato costruito, scoprì una grotta.
Scrisse subito al fratello raccontandogli come la grotta avesse un’ottima acustica. Decise quindi di crearci dentro una sala di “contemplazione del proprio Io”, spinto sicuramente, prosegue Esposito,dalla sua passione per l’antroposofia. Lo fece per dare vita, “dare luce” a creature artistiche, in musica, lettere e immagine. In un certo senso, racconta, sono creature anche mistiche in lui imprigionate, in pratica il suo “Goetheanum”. Purtroppo la malattia e i continui crolli che si verificarono nella grotta, non permisero di portare a termine la sala della musica.
Gilbert Clavel e l’amicizia con Depero
Clavel incontrò la prima volta Depero a Roma, glielo presentò Michele Semenov che non era ricco e si serviva molto delle capacità di stare in società di Clavel per avvantaggiarsene. Depero stava a Roma, perché aveva bisogno di vendere le sue opere e Semenov che, racconta Daniele Esposito, “forse era a caccia di una percentuale sulle vendite”, gli presentò Clavel.
L’intellettuale e archeologo svizzero si innamorò delle opere di Depero e ne acquistò tre perché gli ricordavano il suo mondo interiore. Lo invitò a Capri e lì nacque l’idea di fare I Balletti Plastici.
In quegli anni spopolava il famoso balletto russo, con costumi particolari creati da Picasso e musiche di Stravinsky. Clavel e Depero hanno invece l’idea di trasformare i ballerini in automi e nel 1918 va in scena lo spettacolo al Teatro dei Piccoli a Roma. Ebbe un grandissimo successo e da qui Depero si inserì nella buona società romana e nel gruppo dei futuristi.
Dopo essere stato aiutato da Clavel, Depero si allontanò però da lui e le loro ultime lettere erano piuttosto fredde. Molte delle opere che Clavel acquistò da Depero o che gli furono regalate, rimasero nella torre fino alla morte di Clavel.
Quando la torre fu venduta, anni dopo, negli anni 50, alla principessa Borghese Hercolani, dal fratello di Clavel, mentre stavano per firmare, presso l’hotel Sirenuse di Positano, il fratello di Clavel disse alla Principessa che avrebbe dovuto essere lei la custode di tutti gli oggetti personali di Clavel rimasti nella torre. Questo perché secondo il fratello, ricorda Esposito, non avrebbe avuto alcun senso portarli in Svizzera lontano dalla Torre. Così anche le opere di Depero vi rimasero.
Queste opere furono regalate dalla Principessa Santa Borghese Hercolani, a Daniele Esposito che le ritrovò anni dopo in un cassetto. Un giorno, racconta Daniele, “sistemando dei documenti di Gilbert Clavel che si stavano usurando per l’umidità, trovai una cartella con tutti i disegni di Depero. Io non sapevo nemmeno chi fosse, ma la Principessa, che era stata allieva di Giacomo Balla, lo conosceva bene. Ero rimasto molto affascinato da queste opere, la principessa decise quindi di regalarmele. Fu lei a spiegarmi chi era Depero e da quel giorno andai a vedere tutte le sue mostre”.
Esposito ha affidato in prestito i disegni al Mart di Rovereto a titolo di un fondo nominato “Collezione Esposito”. Il Mart è curatore anche del Museo “Casa Depero”, i disegni sono considerati la più grande scoperta di opere di Depero dopo la sua morte.
Daniele racconta che più volte aveva scritto al museo di Rovereto, ma non gli rispondevano, forse perché non prendevano sul serio le lettere di uno sconosciuto di Positano, fino a quando, grazie la nuora della Principessa Borghese Hercolani, la Contessa Donna Claudia, non riuscì a contattare la direttrice del Museo, la dottoressa Gabriella Belli, che lo richiamò subito, appena comprese il valore della scoperta. Le opere sono state esposte anche al Guggenheim di New York.
La torre di Gilbert Clavel e la principessa Santa Borghese Hercolani
La principessa Santa Borghese Hercolani divenne, dopo la morte di Clavel nel 1927, la proprietaria e custode della villa. Era una donna di grande fascino e contribuì fortemente a portare avanti la storia della torre.
Daniele Esposito iniziò a lavorare per la principessa da scugnizzo, nel 1981 e racconta che, anche se nella casa si rispettava un galateo antico, lui vi lavorava a piedi nudi, perché la principessa non voleva che perdesse la sua naturalezza di positanese.
Quando andavano in giro per lavoro, la gente li notava, la principessa, splendida ed elegante, camminava con accanto uno scugnizzo, vestito da positanese, cercando motori per il gozzo o altre cose che potevano servire alla casa. Tra Daniele e la Principessa nacque un rapporto di profonda amicizia, nei momenti di pausa dal lavoro, ormai anziana, potevano rimanere a parlare fino alle quattro di notte. A fine stagione Daniele guidava il gozzo durante la passeggiata che lei voleva fare, spesso con la sua amica genovese, l’avvocatessa Maria Teresa Costa, per salutare la Costiera prima di ripartire. Amava osservare i cambiamenti della Costiera Amalfitana e tramandare le tante storie che aveva vissuto in questo luogo magico.
Bibliografia
CLAVEL, Gilbert. Un istituto per suicidi. Illustrazioni del pittore futurista Depero traduzione di Italo Tavolato, 8 tavole, illustrazioni nel testo, copertina editoriale, intonso, grande in-8, Roma, Bernardo Lux, c.1917
La Torre di Clavel, un romanzo.Carlo Knight. Edizioni La Conchiglia, 1999
Sitografia
Storia di una Torre
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