Legni di Ercolano
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I reperti di Ercolano accolti nella splendida cornice della Reggia di Portici e in un certo senso ritornano a casa. Qui, infatti, nel 1700 sorse per volontà dei Borbone, l’Herculanense Museum. Il legno è al centro della mostra “Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano”, curata dal direttore del Parco Archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, e dall’archeologa Stefania Siano.
L’esposizione, visitabile fino a dicembre 2023, è prodotta dal Parco Archeologico di Ercolano con il consueto affiancamento del Packard Humanities Institute, partner storico, con il quale sono state condivise molte delle più recenti scoperte che saranno, per la prima volta, presentate al pubblico come il tetto di legno dalla Casa del Rilievo di Telefo e i mobili rivestiti in avorio dalla Villa dei Papiri.

Legni di Ercolano
Mostra I legni di Ercolano, foto Luca Fortis

I legni di Ercolano

ll percorso di una mostra che si chiama “Materia” non può che iniziare dalla materialità dei legni di Ercolano e dalla loro essenza, che è allo stesso tempo, varietà di specie, ma anche significato profondo e simbolico. Nella prima sala della mostra sono esposti dei tavolati che richiamano la pratica della stagionatura del legno. I legni richiamano quelli utilizzati a Ercolano ed è possibile toccarli, per apprezzarne la consistenza, il colore, l’odore.
L’architetto romano Vitruvio racconta nei suoi testi che il legno più utilizzato per la carpenteria e l’edilizia era l’abete bianco, un legno economico e facile da lavorare. Moltissimi dei mobili ritrovati a Ercolano erano di questo legno. Per quelli più lussuosi si utilizzava invece il bosso e l’acero che veniva adoperato anche per le tavolette da scrittura e per rivestire oggetti in legno meno pregiato.
Spesso i mobili più lussuosi venivano ricoperti da lamine o intarsi di altri materiali lignei, avorio, metalli preziosi o gusci di tartaruga.
Per le barche si utilizzavano invece legni diversi in base ai differenti componenti delle imbarcazioni. Il pino e il faggio erano impiegati per le intelaiature, il cipresso o il pino per il fasciame interno, ontano o rovere per quello esterno. L’olmo o la quercia erano invece utilizzati per le altre componenti.

Legni di Ercolano
Mostra I Legni di Ercolano, foto Luca Fortis

I falegnami

Chiamati in latino fabri, avevano diverse specializzazioni: c’era chi faceva letti, chi pettini, chi materiali per l’edilizia e chi per le imbarcazioni.
I romani spesso amavano raccontare la professione dei morti nelle loro tombe e non sono rare le quelle in cui si trovano raffigurazioni o allusioni ai falegnami. Gli strumenti utilizzati sono molto simili a quelli adoperati fino all’Ottocento.

Legni di Ercolano
Mostra I Legni di Ercolano, foto Luca Fortis

Le imbarcazioni e i soffitti di lusso

La sala attigua mostra uno dei campi più importanti di applicazione del legno, quello dei soffitti e del materiale da costruzione. Si possono vedere alcuni straordinari elementi appartenuti al tetto e controsoffitto del Salone dei Marmi della casa del rilievo di Telefo, da dove provengono circa 250 frammenti, nella quasi totalità di abete bianco, di un tetto e di un controsoffitto di legno, incredibilmente conservati dall’eruzione. Un manufatto di assoluta unicità per il mondo antico.
Il legno è ancora “vivo” e conserva in più punti tracce di pigmento colorato. Grazie alle ottime condizioni di conservazione è stato possibile ricostruire le tecniche a incastro e ipotizzare l’aspetto generale del controsoffitto a lacunari, compresa l’antica colorazione.
L’analisi delle tracce di pigmenti colorati, ancora conservati in alcuni frammenti, ha consentito di ricostruire la vivace sovra dipintura in azzurro, rosso, verde e bianco. L’elemento centrale del controsoffitto era rivestito con una lamina in foglia d’oro. Grazie al complesso studio della posizione di caduta di ciascun elemento, è stato possibile ipotizzare la loro posizione originaria nella controsoffittatura e proporre un’ipotesi di ricostruzione. Lo schema del controsoffitto, sia per i singoli motivi decorativi, sia per lo schema compositivo, si può inquadrare nella piena età augustea.
Uno dei campi più importanti di utilizzo del legno era la navigazione.
Nella sala cinque si possono ammirare i resti di un’imbarcazione trovata nell’area delle terme occidentali. Gli scavi condotti tra gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso hanno messo in evidenza uno degli aspetti più importanti di Ercolano: il fronte mare della città, che costituisce un unicum nell’archeologia romana, unitamente agli scheletri di chi tentava di scampare l’eruzione via mare e ai resti eccezionali di imbarcazioni e di oggetti legati alla marineria e alla pesca, molti dei quali in legno, sughero, cordame e cuoio, straordinariamente conservati.
In mostra si può ammirare una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca, scoperta negli anni Novanta del secolo scorso nell’area vicina al complesso termale dell’Insula Nordoccidentale della città, dove sono stati rinvenuti numerosi reperti che attestano come, al momento dell’eruzione, le terme fossero utilizzate come luogo di rimessaggio di barche e di deposito di attrezzature legate alle attività marinare. Accanto alla barca è esposto lo straordinario dritto di prora in legno a forma di testa di serpente dipinta in rosso, che trova numerosi confronti in affreschi pompeiani, anch’esso rinvenuto nella stessa area della barca, insieme a un timone in legno e sei remi, sempre riconducibili a imbarcazioni da pesca, a un rotolo di corda e a una rete da pesca con numerosissimi pesi da rete in piombo.

Legni di Ercolano
Mostra I legni di Ercolano

I mobili

I mobili di legno rappresentano alcuni dei reperti più straordinari di Ercolano, carbonizzati dalla colata piroclastica che distrusse la città, sono ancora conservati praticamente intatti. Se si escludono i mobili delle tombe egiziane, conservati grazie al clima desertico, sono rari gli esempi di mobilio di antiche civiltà conservate su così vasta scala. Camminare nella sala centrale della mostra e poter ammirare mobili altari che servivano a ospitare i Lares, antiche statue, tavoli e sedie intarsiate, cassapanche, letti e perfino porta denari, è semplicemente magico.
Si possono immaginare le conversazioni, le preghiere, i sentimenti, le gioie e paure delle persone che li hanno utilizzati per mangiare, pregare, ricevere persone e dormire. Si può intuire la cura che i poveri schiavi dedicavano alla loro manutenzione. Questi splendidi mobili ercolanensi diventano la quinta teatrale, la scenografia di un mondo che possiamo solo immaginare attraverso la ricostruzione degli storici e gli scritti dei latini. Un mondo che si è congelato nel secondo esatto in cui la tragica eruzione esplosiva del Vesuvio ha fermato per sempre le lancette di Ercolano, Pompei e quel vasto mondo di centri e ville di campagna che gli ruotava attorno.

Legni di Ercolano
La mostra i legni di Ercolano

Gli inizi degli scavi di Ercolano

Nel 1710 un contadino, realizzando un pozzo artesiano a Resina, trovò alcuni marmi che vendette al principe d’Elbeouf per la sua villa al Granatello a Portici. Il contadino aveva inconsapevolmente riscoperto la scena del teatro di Ercolano, gli scavi riportarono alla luce statue, colonne e marmi pregiati. I reperti vennero dispersi in varie collezioni. I Borboni proibirono di proseguire gli scavi nel 1716 e solo nel 1738, con la salita sul trono di Carlo III, gli scavi ripresero sotto il controllo dello Stato Borbonico.
Gli scavi del teatro divennero famosi in tutta Europa grazie ai disegni del Cochin e del Bellicard, in visita a Portici negli anni 1750-1751. La documentazione divenne ancora più dettagliata a partire dal 1770, splendide le incisioni di Francesco Piranesi, tratte probabilmente dai rilievi eseguiti dal padre Giovan Battista, in occasione dei suoi viaggi a Napoli.
Attraverso pozzi e cunicoli, dopo L’esplorazione del teatro, si raggiunse l’area pubblica della città, dove si scoprì uno degli edifici che divenne tra i più noti in tutta Europa per i suoi affreschi e le sue statue in marmo e in bronzo.
L’edificio non è stato ancora oggi riportato alla luce del sole, ritenuto all’epoca una basilica, in realtà è una piazza porticata lungo il decumano massimo.
Nel fondo dell’esedra quadrata vi erano le statue sedute di Augusto e di Claudio, ai lati di quella in piedi di Tito.
Le absidi laterali erano decorate con affreschi del quarto stile raffiguranti Ercole e Telefo, la liberazione dei fanciulli ateniesi da parte di Teseo, l’educazione musicale di Marisa a Olimpo e quella di Chirone ad Achille. Sulle basi davanti all’abside vi erano le statue in bronzo di Augusto e Claudio in nudità eroica. Nella basilica vi erano moltissimi altri affreschi e statue, si trattava probabilmente di un edificio dedicato al culto imperiale, un Augusteum.
Gli scavi settecenteschi dell’area pubblica di Ercolano toccarono anche un edificio pubblico sul decumano massimo, la basilica “noniana”, dove furono trovate le statue togate di M. Nonio Balbo, un senatore locale, che fu proconsole a Creta e Cirene.

Legni di Ercolano
Letto romano, mostra i Legni di Ercolano, foto Luca Fortis

Incisioni e divulgazione

I Borbone, per documentare le preziose scoperte, decisero di far realizzare dei disegni e delle incisioni. Queste opere viaggiarono in tutta Europa e alimentarono il grand tour, il viaggio che i nobili europei facevano alla scoperta dell’arte classica e rinascimentale nei diversi regni italiani e nelle città dell’allora Impero Ottomano, come Atene e Istambul.
Il materiale in parte fu utilizzato per creare lussuosi volumi sugli scavi e in parte venne archiviato nel Reale Museo Borbonico, oggi sono ancora al Maan.
Giovanni Casanova, Elia Morghen, Nicola Vanni, sono gli autori dei disegni preparatori alle incisioni in una raccolta conservata nella biblioteca della Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei, dal titolo Disegni originali dell’Ercolano. Molti di questi disegni divennero poi incisioni.
Dal 1764 al 1810, il direttore degli scavi, Francesco La Vega, realizzò con il fratello anche accurate piante dei siti scavati.

Legni di Ercolano
Portamonete romano, mostra i Legni di Ercolano

L’Herculanense Museum

Per mostrare i reperti più importanti degli scavi di Ercolano, i Borboni, decisero di creare nella Reggia di Portici, l’Herculanense Museum. J.Winckelmann parla di 5 sale in occasione della sua prima visita nel 1758, ma già nelle descrizioni degli ultimi anni del secolo, al piano terra vi sono 16 sale per le pitture e al piano superiore 18 per gli altri oggetti.
Le statue in bronzo più famose furono dislocate in funzione ornamentale al centro di alcune sale. Lo splendido Satiro ebbro era nella stanza delle opere più rare e preziose, contenente gioielli, monete d’oro, resti di materiale commestibile, colori, cosmetici, resti di calzature e stoffe.
Gli oggetti considerati “osceni”, come falli e figurine grottesche raffiguranti Priapo, oggi nel Gabinetto Segreto al Maan, in un primo momento furono esposti, ma poi venne creata un’apposita sezione la cui visita richiedeva un permesso speciale. Qui venne anche il gruppo di Pan che si accoppia con una capra, opera ritenuta “lascivissima, ma bella”.
Le opere erano esposte, come sempre in passato, a seconda del genere. La stanza dei Papiri è la più presente nei resoconti dei viaggiatori, affascinati dal loro ritrovamento nella villa dei Papiri e incuriositi dall’attività di Padre Piaggio, inventore della macchina per il loro svolgimento, che inizialmente lavorava nelle sale espositive.

Legni di Ercolano
La mostra i Legni di Ercolano

La biblioteca ritrovata e la macchina per aprire i papiri

Nell’area nord occidentale di Ercolano, dal 1752 venne ritrovata, in una villa, l’unica biblioteca greca e romana mai pervenuta. Circa 60 rotoli furono ritrovati nel 72 in due luoghi, parte in uno stipo di legno, parte ammucchiati per terra. Nel 1753, altri due nuclei di 11 e almeno 161 papiri furono rinvenuti, il primo in una saletta attigua al tablino, il secondo nell’ambulacro del peristilio quadrato e sotto il colonnato del peristilio rettangolare.
All’incirca altri 840 rotoli furono poi recuperati nel 1754, in una stanza a sud-est del peristilio quadrato che costituiva il deposito o uno dei depositi librari della villa. Infine, un ultimo rotolo fu ritrovato nel 1759, nel peristilio.

Il complesso residenziale restituì circa 90 sculture e oltre 1800 rotoli di papiro, per lo più con testi greci di filosofia epicurea a opera di Filodemo di Gadara, un filosofo del I secolo a.C., oltre ad alcuni in latino, tra cui un anonimo De bello Actiaco sulla guerra di Marco Antonio e Cleopatra contro Ottaviano.
Alla fine del XVIII secolo, l’abate Piaggio inventò una macchina per srotolare le strisce di papiro. I testi così resi visibili erano rapidamente copiati, riesaminati da accademici esperti dell’ellenismo e poi ricorretti ulteriormente, se necessario.
I papiri rinvenuti e non andati distrutti sono per lo più conservati presso la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III al Palazzo Reale di Napoli, studiati presso la sezione chiamata Officina dei Papiri Ercolanensi.
Oltre 340 sono quasi completi, circa 970 sono in parte danneggiati e in parte leggibili, più di 500 sono solo frammenti carbonizzati.
In passato il tentativo di srotolare papiri che hanno perso da tempo la loro flessibilità e il deperimento degli inchiostri esposti all’aria, hanno portato a gravi danni e alla distruzione definitiva di importanti reperti. 
Oggi per fortuna potrebbe venirci in aiuto il “virtual unwrapping”, letteralmente “sfoglio virtuale”. Si tratta di un insieme di tecniche innovative che attraverso l’utilizzo di intelligenze artificiali, complessi algoritmi e macchinari all’avanguardia, permettono di scansionare documenti altrimenti inutilizzabili per recuperare il sapere che contengono. A condurre gli studi è Brent Seales, il direttore della Digital Restoration Initiative dell’Università del Kentucky.
Il progetto ha lo scopo di salvare documenti fragili e apparentemente illeggibili che contengono una rara e preziosa testimonianza del mondo antico fino a ora celata.
In Israele ha già avuto successo con i papiri dell’EnGedi, ma purtroppo quelli di Ercolano sono più ostici perché avendo una base di carbone e un minimo contenuto di piombo non offrono infatti il contrasto sufficiente a decifrare i testi tramite questa sola tecnica.
Si è reso quindi necessario convogliare numerose tecnologie e unire la tomografia a raggi X, all’utilizzo del sincrotrone Diamond Light Source (acceleratore di particelle situato nel Regno Unito), all’impiego di sofisticati algoritmi e intelligenze artificiali. Vedremo nei prossimi anni se la tecnica permetterà di leggere i papiri non ancora srotolati.

Legni di Ercolano
La mostra i Legni di Ercolano, foto di Luca Fortis

Il distacco degli affreschi

Nei primi anni degli scavi si cominciò a interrogarsi sule possibili tecniche di conservazione. Oggi sono modalità che agli archeologi apparirebbero piuttosto distruttive, ma è proprio in quegli anni, come nella Roma del Rinascimento, in cui gli antenati degli attuali archeologi, iniziarono a interrogarsi su come conservare reperti archeologici.
Gli affreschi ritrovati nei cunicoli, venivano in parte distaccati con varie tecniche, una volta strappata la parte che più interessava, la si trasformava in un quadro. Per evitare che la pittura sparisse al contatto con l’aria o perdesse la vivacità dei colori, si ricopriva gli affreschi con varie sostanze, in alcuni casi facendo danni. Oggi si preferisce lasciare gli affreschi in loco, non decontestualizzandoli, almeno che non sia impossibile riportare il sito alla luce del sole.

Legni di Ercolano
La mostra i Legni di Ercolano, foto Luca Fortis

Le statue e le tecniche di conservazione

Anche il restauro delle statue in marmo romane, dall’epoca rinascimentale, fino al 700, era molto diverso da quello conservativo odierno. Infatti le statue, una volta ricomposte, in caso di lacune, venivano integrate da moderni scultori, che le reinterpretavano, spesso sbagliando o usando la fantasia. Quelle in bronzo venivano ricomposte e pulite, spesso rovinando la patina antica e poi reintegrate, anche lì con risultati ambigui. Oggi, secondo i criteri contemporanei dell’archeologia, una statua non verrebbe mai integrata da un moderno scultore. Anche i mobili in bronzo erano restaurati allo stesso modo, purtroppo tragicamente tutti i bronzi ritenuti di scarso valore venivano fusi per recuperarne materiale.

Legni di Ercolano
I legni di Ercolano, la mostra


Bibliografia

Testi della mostra Materia, Il legno che non bruciò a Ercolano, curata dal direttore del Parco Archeologico di Ercolano, Francesco Sirano e dall’archeologa Stefania Siano.
Testi e pannelli esplicativi del Reggia di Portici e dell’Herculanense Museum.

Sitografia

https://ercolano.beniculturali.it/materia-il-legno-che-non-brucio-ad-ercolano-alla-reggia-di-portici-dal14-dicembre-2022-al-31-dicembre-2023-a-cura-di-francesco-sirano-e-stefania-siano/.

https://journals.plos.or/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0215775

https://mediterraneoantico.it/article/news/villa-dei-papiri-nuove-tecnologie-rotoli/

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