C’era una volta … no, non è la storia di una principessa caduta in disgrazia ma quella di una famiglia che, in tre generazioni, ha realizzato il sogno del nonno pioniere e, da una bottega di provincia, ora guidano il loro impero privato con l’obiettivo di portare “La Polacca Dolcezza Aversana” sulle tavole dell’intero mondo.

Genio italico e antica maestria, coraggio partenopeo e inenarrabili sacrifici: questi sono gli ingredienti  della ricetta del successo dei fratelli Vitale, dall’avventura cominciata quasi un secolo fa e che oggi Enzo, Angelo ed Emiliano Vitale stanno continuando a vivere.

Prima fu la“Lievitale” di nonno Vincenzo Vitale, 1926

Nonno Vincenzo Vitale.Photocredit pinkhousecafe.it.jpeg

Tutto nasce con Vincenzo Vitale, giovane garzone napoletano che, andando “a bottega”, non solo impara l’arte ma, da panettiere, “ruba” tutti i segreti della tradizione dolciaria napoletana, dando vita ad una propria creatura. E’ il 1926 e nasce la Lievitale.

Il giovane Vincenzo si dedica anima e corpo alla propria creatura e, accompagnato dal figlio Gennaro, si dedica a sfornare e a rielaborare tutte le ricette che hanno reso celebre l’arte della pasticceria partenopea in tutto il mondo. E’ burbero, nonno Vincenzo, e in testa pare avere soltanto due cose: la bottega e la famiglia. Smancerie poche, ma principi saldi. E lavoro, lavoro, lavoro.

Io non ho ricordi di averlo mai visto sorridere – racconta Enzo Vitale, il nipote maggiore di nonno Vincenzo – ma, probabilmente, dobbiamo a lui tutto quello che abbiamo costruito fin qui”.

Il primo Bar a Casavatore, di papà Gennaro.

Ma torniamo alla storia.  

Il giovane Gennaro – padre di Enzo, il maggiore, Angelo, il figlio “di mezzo” ed Emiliano, il più giovane –  assorbe tutti gli insegnamenti del padre. Alla ricerca di un’attività dove riuscire a guadagnare quel che serve alla famiglia e a ritagliarsi qualche spicchio di tempo per godersela, ecco che Gennaro apre il Bar Pasticceria Vitale, a Casavatore, alle porte di Napoli.

E’ questa la palestra e la scuola in cui crescono i tre figli di Gennaro, tra un caffè e “nu babbà”. Enzo ed Angelo, poco più che bambini, sono spesso accanto al padre, dietro al bancone ma, di lì a poco, dovranno crescere di colpo. Un tumore subdolo si porta via Gennaro e la famiglia viene travolta dalla disgrazia. E’ il 1982 ed Enzo ha appena 14 anni, Angelo 12 ed Emiliano soltanto 7. Poco tempo per piangere, bisogna agire perché la vita non si ferma ed è necessario assicurarsi di poter guadagnare abbastanza per andare avanti.

A Nonno Vincenzo viene l’idea di vendere il bar del figlio Gennaro e di cercare di trovare un lavoro alla nuora, rimasta vedova. Ad Enzo la decisione del nonno proprio non va giù e quindi gli propone un patto: sarà lui ad occuparsi del bar. “Mio nonno mi guardò, con un’espressione che … non trovo le parole per raccontarlo  – ricordaEnzo – io ero deciso. Non volevo che mia madre si spaccasse la schiena per noi e non volevo che il bar di mio padre finisse nelle mani di chissà chi”.

La sfida per la sopravvivenza dei fratelli Vitale: 1982

La famiglia Vitale, ieri come oggi.Photocredit pinkhousecafe.it

E così Enzo, un ragazzino di appena 14 anni, tira fuori tutto il coraggio che ha e davanti a quel nonno che lo aveva sempre intimidito, si propone di occuparsene lui, aprendo regolarmente ogni mattina alle 5.30 e chiudendo per l’ora di cena, come aveva fatto ogni giorno suo padre prima di lui. “Tu? – provoca beffardo Nonno Vincenzo – E famme veré”…

Quel “famme veré”, per il ragazzo è più di una sfida. Non si sente più un bambino, ma un diavolo, il supereroe di uno di quei fumetti che non avrà più tempo di leggere. Insieme al fratello Angelo, il bar che fu di Gennaro Vitale apre tutte le mattine, serve caffè e colazioni, panini e snack. Approfittando di essere in una zona artigianale, verso le 8 del mattino e dopo l’ora di pranzo, ecco che uno dei due va a proporre il caffè a domicilio. Bicchierini di vetro infrangibili coperti con la carta stagnola e si va, cancello per cancello: “’U vulite ‘o café?” La risposta era quasi sempre sì. L’idea era geniale e fu copiata anche dai bar vicini, così i ragazzi Vitale dovevano anche tener d’occhio la concorrenza; la cassa del locale, comunque, ne trasse un gran giovamento. E loro ebbero la conferma di che pasta fossero fatti.   

Passano gli anni e i ragazzi Vitale cominciano a pensare al loro futuro: Angelo, mani d’oro e istinto, va a lavorare in un tomaificio ed Emiliano, ingegno e cuore, si ritrova a fare il meccanico in officina. Enzo, con quel “famme veré” che ancora gli risuona negli orecchi, è sempre lì, dietro al bancone del Bar della zona artigianale di Casavatore. Ogni mattina, di ogni giorno, di ogni mese, di ogni anno. In quel periodo, per i tre fratelli, c’è posto solo per il lavoro, perché c’è il primo sogno da realizzare: ritornare a lavorare insieme, tutti e tre, di nuovo uniti.

Ci vogliono circa 10 anni: ogni centesimo che non serve per vivere viene messo da parte e, nel 1991, finalmente, i tre sono pronti per un’altra, grandiosa, avventura. Ad Aversa apre finalmente i battenti la loro creatura, il Pink House Café.

Aversa, 1991: nasce il Pink House Café dei fratelli Vitale

Entusiasmo, generosità, voglia di dare il meglio: i tre ragazzi – a dispetto delle esperienze che hanno vissuto, sono comunque ancora dei giovanissimi uomini – si buttano a capofitto in questa nuova impresa. E così nasce un lounge bar ed una pasticceria che crea tendenza, lì dove è nata, nell’agro aversano e, soprattutto, fuori. “Il nome lo ha scelto un’amica comune: un certo tipo di rosa, molto di moda all’epoca, con cui avevamo deciso di decorare il locale fu determinante – racconta ancora Enzo – Tra poco inizieremo un restyling ed il rosa tornerà ad essere nuovamente protagonista”.

Il nuovo locale ha un successo tanto meritato quanto esplosivo ed arriva il momento in cui bisogna trasformare l’impresa in una vera e propria azienda. Le fidanzate diventano mogli e cominciano ad arrivare anche i figli: “Senza il sostegno delle famiglie che ci siamo costruiti non saremmo mai riusciti a fare tutto quello che abbiamo fatto – precisa Enzo – Le nostre mogli non sono mai entrate in azienda ma ci hanno sempre sostenuto. E questo lei lo deve scrivere – puntualizza – perché la forza viene dalla famiglia”. Se Enzo è l’ariete, quello che prende la vita a testate, Angelo è l’anima commerciale dell’azienda: è lui che stringe i contratti per rifornire gli altri bar e le pasticcerie della zona. Ma in laboratorio, a provare, sperimentare, innovare c’è Emiliano.

Ma come, non faceva il meccanico? “Sì, certo. Ma quando abbiamo aperto il Pink House, per mentalità, era quello più adatto ad occuparsi del laboratorio – spiega il fratello maggiore – a parte comprendere come funzionano i macchinari, ha l’approccio razionale che serve per trasformare una ricetta in una tentazione”. Insomma il talento c’è ma poiché “nessuno nasce imparato”, c’è bisogno di qualcuno che faccia scuola. E quel qualcuno Enzo lo va a prendere in una delle più antiche e storiche pasticcerie di Napoli, da “Scaturchio”. Quel Beppe Pagano che, per decenni, era stato il loro maître pâtissier, si lascia affascinare dalla nuova avventura ed inizia una collaborazione che durerà una quindicina d’anni. Angelo,dal canto suo, scopre di essere un venditore nato e le creazioni della pasticceria Vitale finiscono sui banconi dei più importanti locali.

Anni 2000: si chiude un capitolo e se ne apre un altro

Arriva il 2001, l’anno con cui i fratelli Vitale chiudono i conti con il passato: il Bar di Casavatore, quello aperto dal padre, Gennaro, viene venduto. E così ci si concentra sul Pink House e sul suo laboratorio da 300 mq che, con il tempo, si farà piuttosto stretto.

Infatti il locale cresce in bellezza e dal laboratorio escono le creazioni dolciarie più diverse ma sono, in particolare, due specialità su cui i fratelli Vitale puntano: le Cortine, tanto care ad Emiliano e la Polacca Aversana.

E’ il momento de “La Polacca Dolcezza Aversana”

Per chi non lo sapesse, la Polacca è una specialità dolciaria di Aversa, una cittadina alle porte di Caserta, dalla nobile ed antica bellezza e carica di storia. Le origini del dolce non sono certe: di volta in volta sono attribuite a una novizia polacca che avrebbe portato con sé il dolce in ricordo della propria terra; oppure al genio di alcune suore del posto che avrebbero voluto omaggiare la regina Casimira di Polonia in visita ai regnanti napoletani oppure, ancora, una variazione del pasticciotto leccese. Il nome, poi,  potrebbe essere stato influenzato dall’industria calzaturiera locale, poiché la forma del dolce ricorda uno stivaletto chiamato “polacchina”. Quale che sia l’origine, quel che importa è che la Polacca è la nuova frontiera dell’impresa di famiglia dei fratelli Vitale. “Abbiamo registrato il marchio La Polacca Dolcezza Aversana“– sottolinea Enzo – perché deve essere chiaro che è un patrimonio del territorio”. Molte sono le pasticcerie locali che hanno “battezzato” la loro personale Polacca aggiungendo il proprio nome. Siccome, però, i Vitale del nome di famiglia hanno già fatto la loro ragione di vita comune, hanno voluto creare un brand che fosse riconoscibile ovunque. Già da un pezzo la loro impresa si è trasformata in azienda e per supplire agli studi cui Enzo, Angelo ed Emiliano hanno dovuto rinunciare troppo presto, si sono circondati di specialisti ed esperti che li stanno assistendo in un questa fase di crescita esponenziale e nella nuova avventura legata al brand “La Polacca Dolcezza Aversana”.

La nuova sfida dei fratelli Vitale: “La Polacca Dolcezza Aversana”

Ormai i 300 mq del laboratorio del Pink House non bastano più: quindi i fratelli hanno trasformato in un moderno laboratorio un vecchio caseificio che si trova nei pressi del locale: lì è allocato il cuore della produzione, quella che deve, quotidianamente, soddisfare la clientela dell’azienda. Da lì esce la “Polacca Dolcezza Aversana”, con cui oggi, la famiglia Vitale – ormai allargata anche ai figli – intende battere questa nuova strada, con l’obiettivo di realizzare il sogno di ben tre generazioni di artigiani. “Del resto questa è la nostra vera vocazione – continua Enzo – mio nonno e mio padre, bambino, andavano a vendere i loro prodotti in bicicletta”.

L’idea originale è di Angelo – continua nel suo racconto Enzo Vitale – mio fratello, sempre a contatto con i clienti, matura l’idea di abbattere la nostra polacca subito dopo la cottura. Ma il lampo di genio ce l’ha alla fine del 2017, quando mi fa assaggiare una monoporzione, chiedendomi un parere spassionato. Io la gusto e la trovo perfetta, in tutto e per tutto uguale a quelle fresche che vendiamo al banco”. Invece è un prodotto abbattuto prima della cottura: si conserva nel congelatore e si passa in forno. Poi si serve ed è la prelibatezza che tutti conoscono. Praticamente l’uovo di colombo: ora “La Polacca Dolcezza Aversana” può essere venduta senza difficoltà, da New York a Singapore.

Da sponsor del Napoli Calcio alla “prima” al San Carlo

Colpito dall’intuizione del fratello Angelo, Enzo decide di registrare il marchio e di azzardare una sponsorizzazione, per far conoscere il nuovo brand: saranno tra gli sponsor del Napoli Calcio per il 2018: “Noi al San Paolo… ma ci pensa? Mi vengono ancora gli occhi lucidi, se solo penso ai sacrifici, al lavoro, alla fatica e alle rinunce ”.  Ma anche al Teatro San Carlo si parla della pasticceria dei fratelli Vitale: e così, la loro Polacca debutta anche nella patria del bel canto napoletano, in una “prima” che in tanti ancora ricordano.

Ma ecco arrivare l’incubo Covid. “Avevamo deciso di non rinnovare la sponsorizzazione con il Napoli Calcio – ricorda ancora Enzo – e fu una fortuna, sennò avremmo rischiato di trovarci inguaiati davvero”. Invero la fortuna c’entra poco: durante il lockdown, panetterie e pasticcerie sono tra le poche attività autorizzate a rimanere aperte, anche se non sono ammessi clienti all’interno dei locali. E i fratelli Vitale si lanciano nella consegna a domicilio: le pasticcerie loro clienti non rimarranno all’asciutto. Producono e consegnano.

Ora, da quel bar di Casavatore che tre ragazzini – 14 anni il maggiore, 12 il secondo, 7 il terzo – non hanno voluto chiudere, a dispetto del destino, è nata un’azienda che conta più di 50 dipendenti e rifornisce con i loro prodotti le principali attività commerciali di tutta la Campania. E sono pronti per fare il grande salto, grazie alla loro “Polacca Dolcezza Aversana”. E, intanto, una nuova generazione di Vitale si fa avanti. Sono i figli di Enzo, Angelo ed Emiliano.

Arriva la quarta generazione della famiglia Vitale: la Gen-Z

Entro pochi anni, Sabrina – in tasca una laurea in Scienze Tecniche e Psicologiche – e Fabrizio, brillantissimo studente in Giurisprudenza, affronteranno la vita d’azienda, sotto l’occhio vigile e commosso di papà Enzo. Gennaro, 24 anni e la voglia di mangiarsi il mondo e Ludovico, futuro maître pâtissier – i figli di Angelo Vitale – saranno probabilmente i futuri dirigenti dell’area commerciale e del laboratorio. E la gavetta l’hanno fatta partendo dai livelli più bassi, imparando da chi, quella strada, ha percorso ben prima di loro. Quanto ad Emiliano, il più giovane tra i fratelli Vitale, è ancora presto per capire quale sarà il percorso dei suoi figli ma c’è da scommettere che riusciranno a crearsi un loro spazio all’interno dell’azienda di famiglia.

Ed è questa la favola bella dei fratelli Vitale, uniti sempre, in ogni momento della loro vita complicata, come sempre lo è quella dei guerrieri: passione, generosità, senza risparmiarsi mai. Forse, più avanti, verrà il momento di riposarsi e far combattere i loro figli. Per ora, i guerrieri Vitale sono ancora in prima linea. E, sorprendentemente – tra qualche periodo di stanchezza e rinnovato vigore – sembrano comunque ben decisi a non deporre le armi: in fondo, per dedicarsi ad hobbies e diversivi, c’è ancora tempo.

Chissà che storia sarebbe stata, quella di Enzo, Angelo ed Emiliano Vitale se nonno Vincenzo non avesse pronunciato con arroganza quel “famme veré”. C’era una volta e c’è ancora: Lievitale, Pink House e La Polacca Dolcezza Aversana, il sogno dei fratelli Vitale. Nonno Vincenzo e papà Gennaro si scambiano uno sguardo complice, la bocca increspata dal sorriso di chi la sa lunga. No? Non può succedere? E perché mai? Nelle favole, tutto è possibile.

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