arte orafa nella Napoli Angioina
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Nel corso del periodo angioino Napoli divenne uno dei più importanti centri di produzione e commercio di beni di lusso. L’insediamento della corte regia fu il maggior sprone per tali traffici: i re di Sicilia erano tra i più ricchi d’Europa e lo sfarzo delle loro corti era conosciuto pressappoco ovunque. Anche dopo la guerra del Vespro, e quindi la forte perdita che essa comportò per l’erario, la corte angioina rimase un formidabile punto di domanda capace di attrarre, tramite la sua ricchezza, i maggiori artisti e mercanti dell’Europa dell’epoca.

Il potere della corte angioina si espresse spesso in politiche culturali di grande caratura, tra le quali trovava un posto di spicco il patrocinio alle arti plastiche. Tra di esse non poteva mancare l’arte orafa, tra le discipline tenute in maggior riguardo nel medioevo. La corte di Napoli divenne un importantissimo laboratorio artistico, capace di spronare esperienze innovative.

arte orafa

Il tessuto artistico del Mezzogiorno era, ancora nel Tredicesimo Secolo, fortemente legato a forme iconografiche e pratiche manifatturiere tipiche dell’Oriente bizantino, coesistenti spesso con le più innovative soluzioni d’impronta gotica adottate in periodo Svevo. L’arrivo degli angioini portò un ulteriore elemento al già eterogeneo panorama artistico del Meridione: lo stile e le pratiche dei territori d’oltralpe.

La moda francese divenne lo stile corrente della corte, che chiamò nei suoi atelier importanti artisti affinché potessero soddisfare le continue richieste di nobili, funzionari e membri della famiglia regale. In tale contesto un precedente sostrato di orefici normanno-svevi, comunque attivi in numerose grandi città del Regno, iniziò a subire gli influssi dei nuovi artisti francesi e, in seguito, dei grandi artigiani dell’Italia centro-settentrionale.

Esempi di queste meravigliose composizioni artistiche, capaci di combinare grande forza compositiva assieme ad una stupefacente, quasi ossessiva, attenzione per i dettagli, sono il busto-reliquiario di San Gennaro o il pastorale di Arti, entrambi realizzati con il gran contributo di artisti francesi.

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Arte orafa – il busto di San Gennaro

L’arte orafa e i manufatti di natura religiosa

Non è un caso che molti di questi manufatti giunti sino a noi siano di natura religiosa: la corte angioina trovò sempre nel patronato alle istituzioni religiose una grande occasione propagandistica, atta a rimarcare il motivo ideologico della beata stirps angioina, cioè di una visione della dinastia come prescelta da Dio e destinata a difendere gli interessi della Chiesa.

In tal senso un ulteriore esempio del legame tra tale motivo ideologico e l’arte orafa patrocinata dalla corte è riscontrabile nel sostegno al culto di san Ludovico da Tolosa, fratello di Roberto d’Angiò, santificato nel 1317. Al santo era dedicata una cappella a Santa Chiara, ove era custodito un suo busto dorato, probabilmente simile al sopracitato busto di san Gennaro, contenente il cervello di san Ludovico, ritrovato miracolosamente intatto all’interno della sua tomba.

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Tale busto oggi risulta perduto, come la stragrande maggioranza dei tesori della dinastia angioina, tuttavia di esso, come di altri oggetti di alta oreficeria presenti alla corte, ci informano vari documenti superstiti, dai quali apprendiamo il grande sfarzo che dovette attorniare, tra Tredicesimo e Quattordicesimo secolo, la corte di Napoli.

A partire dal regno di Roberto d’Angiò, infatti, l’arte orafa nel Regno iniziò a subire le influenze dei grandi maestri senesi, la cui città nel Trecento era divenuta forse la capitale dell’arte orafa dell’intera Penisola. Le nuove tecniche di lavorazione dei metalli e di smaltatura elaborate nella città divennero, assieme alle già citate tendenze artistiche francesi, un ulteriore grande sprone alla produzione locale.

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A partire dalla seconda metà del Trecento l’oreficeria diverrà uno dei mestieri più importanti nell’intero Regno, dove una sempre più potente cerchia di nobili, ecclesiastici e alti funzionari cercherà di imitare le politiche di liberalità della corte.

Con l’incorporazione del Regno di Napoli all’impero Spagnolo e la scomparsa di una grande corte nella capitale (quella vicereale, per quanto opulenta, non risulta paragonabile per impegni artistici e munificenza a quelle angioine e aragonesi) saranno proprio questi ceti a continuare il patrocino all’arte orafa, capace di produrre opere di grandissimo valore anche in periodo moderno e contemporaneo.

Silvio Sannino

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Arte orafa di natura religiosa

Bibliografia

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Catello C. e Catello E., L’oreficeria a Napoli nel XV secolo, Sorrento, Di Mauro Editore, 1975.

De Crescenzio S., Notizie storiche tratte dai documenti angioini conosciuti col nome di arche, «Archivio Storico per le Province Napoletane», 21 (1896), pp. 95-118, 382-396, 476-493.

De Castris P. L., Oreficerie e smalti primo-trecenteschi nella Napoli angioina: evidenze documentarie e materiali, «Annali della Scuola Superiore Normale di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia», 18, 1 (1988), pp. 115-136.

De Castris P. L., Ori argenti, gemme e smalti della Napoli angioina 1266-1328, Napoli, art’em, 2008.

Feniello A., Napoli, una capitale economica nel Mediterraneo del 300’ in Figliuolo B., Giuseppe P., Simbula P. F. (a cura di), Spazi economici e circuiti commerciali nel Mediterraneo del Trecento, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Amalfi, presso la sede del Centro, 2017, pp. 319 – 340.

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