Gli affreschi ricchissimi e coloratissimi appaiono come in un sogno. Si possono immaginare le luci e le ombre proiettate dalle lucerne e da candelabri, dalle forme più lussuose, creare giochi e illusioni ottiche sulle sue pareti. Gli affreschi dell’unica sala visitabile della vastissima villa romana di Positano sono pieni di prospettive architettoniche, uccelli, animali fantastici, maschere teatrali e volti. I colori variano dai blu, ai rossi e ai gialli.
Della gigantesca villa romana, è per ora visitabile solamente una sala, ma a breve sarà aperta una seconda, che gli archeologi stanno attualmente riportando alla luce. Il resto della grandissima villa romana di Positano è sotto case private. Gli archeologi si stanno quindi concentrando nella parte sotto la cattedrale di santa Maria Assunta.
La storia della villa romana di Positano
Nel vallone che oggi ospita Positano, alla fine del I sec. a.C., venne costruita una ricca villa d’ozio, forse appartenuta a Posides Claudi Caesare, potente liberto dell’imperatore Claudio, da cui deriverebbe il nome stesso di Positano.
I ricchi e potenti dell’epoca avevano scelto le coste del golfo di Napoli e della Penisola Sorrentina per costruirvi splendide ville affrescate, con giardini e viste spettacolari sul mare e sul paesaggio costiero. Nel I secolo d.C. la villa romana di Positano era in restauro a seguito del sisma avvenuto nel 62 d.C e per un probabile passaggio di proprietà.
Il terremoto divenne l’occasione per rendere ancora più sfarzosa la villa, come testimonia, scrive Maria Antonietta Iannelli, nel catalogo del MAR, il Museo Archeologico Romano Santa Maria Assunta, il lussuoso triclinium venuto alla luce nella cripta.
Gli affreschi della villa romana di Positano
Gli affreschi della villa romana di Positano sono del cosiddetto “IV stile“. Questo stile si sviluppa intorno alla metà del I secolo d.C, ispirandosi probabilmente alle novità artistiche introdotte nella costruzione della Domus Aurea di Nerone a Roma.
Questo stile dilagò in tutto l’Impero Romano e perdurò fino al 79 d.C, anno in cui l’eruzione del Vesuvio distrusse tutte le cittadine vesuviane. L’eruzione permise la conservazione sistematica degli affreschi di intere cittadine e di quelli presenti nelle ville di campagna a ridosso del Vesuvio e diede la possibilità di individuare quattro stili pittorici. Solo pochi affreschi del periodo successivo all’eruzione si sono conservati e questo non ha permesso di creare delle catalogazioni degli affreschi romani secondo gli stili per i secoli successivi.
Negli affreschi della villa romana di Positano vi sono tutte le caratteristiche degli affreschi del IV stile: la tripartizione della parete in zoccolo, la parte bassa, zona mediana e zona superiore. Nella zona mediana vi è un’alternanza, scrive Luciana Jacobelli, nel catalogo del museo MAR di Positano, di larghi pannelli e scorci architettonici, dai quale si comprende il gusto per le prospettive articolate, come nel II stile.
Nel pannello centrale della sala della villa romana di Positano, rivenuta sotto la cattedrale, come da regola del IV stile, si trova un quadro mitologico, mentre nei pannelli laterali la “decorazione può spaziare tra quadretti con paesaggi, figure volanti, amorini e medaglioni ritratto”. La zona superiore è decorata con edicole prospettiche ricche di elementi floreali e fantastici.
Un altro filone compositivo, scrive la Jacobelli, “è quello della scaenae frontes, che imita le scenografie teatrali e di cui abbiamo testimonianza proprio nella zona superiore della stanza della villa romana di Positano scoperta sotto la cattedrale.
Le tecniche di pittura della villa romana di Positano
Gli antichi romani (e la villa romana di Positano non fa eccezione), per dipingere sulle pareti utilizzavano la tecnica “a fresco”.
Col termine “a fresco” o “buon fresco” si intende la pittura murale nella quale i colori vengono stemperati in acqua e stesi sopra un intonaco fresco, ossia appena steso.
Così operando, per reazione tra la calce dell’intonaco e il carbonio dell’aria, i colori vengono a fissarsi fino a divenire insolubili e acquistano una forte solidità.
Questa reazione chimica prende il nome di “carbonatazione della calce”, secondo la formula Ca(OH)2+CO2 → CaCO3+H2O, cioè l’idrato di calcio si combina con l’anidride carbonica e si ottiene carbonato di calcio + acqua che evapora.
Nella fase di asciugamento della malta, l’acqua che va verso l’esterno porta alla superficie dipinta buona parte dell’idrossido della calce per formare quella pellicola che diventerà carbonato di calcio colorato.
La maggior parte dei colori antichi era di origine minerale: i gialli, i rossi, i bruni e alcuni verdi erano ottenuti per decantazione o calcificazione di terre naturali.
Particolarmente costoso era il blu, ottenuto dal riscaldamento di una miscela composta da silicato di rame, calcite e carbonato di sodio. Altri colori, come il rosa, erano di origine vegetale. Il nero era ottenuto spesso dal cosiddetto nerofumo. Polvere nera finissima, costituita prevalentemente di carbonio (dall’88% fino al 99% e più), che è ottenuta per combustione incompleta o per decomposizione termica di combustibili gassosi e liquidi come gas naturali, oli minerali, e presenta caratteristiche diverse a seconda del materiale di partenza e del processo seguito nella preparazione.
L’eruzione del 79 d.C. e la distruzione della villa
Positano dista 20 chilometri in linea d’aria dal Vesuvio e gli archeologi pensavano che la costiera Amalfitana non fosse stata colpita dall’eruzione del vulcano che distrusse Pompei ed Ercolano.
Così non fu: la colonna eruttiva (alta 20 km) ricadde, spinta dai venti a sud, fino al golfo di Salerno, portando due metri di pietre pomici e ceneri.
Nel catalogo del museo MAR, Giovanni di Maio racconta, racconta che probabilmente non vi furono morti per la pioggia di materiale vulcanico, in quanto ormai la cenere e le pietre pomici non erano molto calde, ma che “una coperta di due metri di materiali sciolti ed estremamente reattivi non poteva rimanere in equilibrio sulle scoscese pareti calcaree dei Monti Lattari. Così franò e sul fondo valle la colata vulcanoclastica raggiunse circa 20 metri di spessore”.
Così la prestigiosa villa romana di Positano non ebbe scampo. La reattività delle piroclasti, scrive sempre Di Maio, fu tale da trasformare in brevissimo tempo, “l’ammasso caotico fangoso in una sorta di tufo, talmente duro che lo scavo archeologico deve essere condotto con l’ausilio di un martello pneumatico”.
Parti del tetto e del solaio in legno collassarono sotto il peso delle pomici e della cenere, sopra il mobilio e le suppellettili presenti nei vari ambienti.
Altre parti della colata aggirarono una parte della villa romana di Positano e si abbatterono contro il peristilio, trascinando via alcune colonne. Alcune pareti affrescate del triclinio hanno subìto lo slittamento a valle, anche di quaranta centimetri, della parte superiore. Come se la frana le abbia segate di netto e spinte a valle, ma senza distruggere gli affreschi.
L’effetto ottico è molto particolare perché è come se si avesse la parte dell’affresco in basso, con le sue figure dipinte, rimaste però mozzate e la parte superiore dell’affresco, dove si trovano le parti superiori delle stesse figure, scivolate 40 centimetri più a valle. Il tutto però senza far crollare le pareti affrescate appena descritte, perché la stanza era già colma dei detriti della frana che hanno retto e inglobato l’affresco.
In pratica è come se il corpo di una dea, affrescata sul muro, sia rimasta decapitata, ma la parte del muro dove è affrescata la testa perfettamente conservata è scivolata 40 centimetri più a valle. Immaginate di avere una foto dell’affresco come era in origine e di strapparla e poi attaccare per errore la parte superiore quaranta centimetri più a destra, sfalsando così tutte le figure. Questo dimostra la potenza della frana di pomici e ceneri, mista a pioggia che scese dalla montagna.
La villa, al momento dell’eruzione, era in restauro per il terremoto avvenuto nel 62 d.C., tanto che sono state trovate anche impalcature, alcuni attrezzi e una sega.
La cripta superiore
Sopra la sala della villa romana di Positano attualmente visitabile, vi è la cripta superiore del Duomo di Positano. Vi sono 69 sedili per la scolatura dei corpi dei monaci, le cui “inedite ed eleganti forme plastiche, morbidamente rifinite da uno strato di stucco, non trovano riscontro nell’intero territorio amalfitano”, scrive Lina Sabino, all’interno del catalogo del museo della villa Romana di Positano.
I fondi delle pareti appaiono “ricoperti da una leggera velatura di calce bianca su cui sono tracciate rapide pennellate di colore rosse a formare fasce oblique parallele e rombi nei sotto-archi”. Un’insolita, scrive Lina Sabino, “ricchezza decorativa per ambienti di questo tipo, che presumibilmente fu voluta e commissionata, nel primo trentennio del Settecento, dai laici appartenenti alla Confraternita del Monte dei Morti, che aveva sede nel soprastante oratorio”.
La cripta medioevale
Finora, scrive Lina Sabino, non è chiaro che ruolo svolgesse l’ambiente sacro collocato sotto il presbiterio della chiesa superiore, dedicata alla Vergine Maria nel 1159. Non si sa se in origine fosse una vera e propria chiesa o se fu sempre una cripta della chiesa. Il suo schema, scrive, è simile a quello delle cripte di Salerno e Amalfi, Ravello e Scala. La parete orientale contiene un’abside coperta da due piccole volte a crociera in cui sopravvivono parti di stucco plasmate come se fossero rocce. Le fonti dicono che vi era un altare intitolato alla natività. Nel 1600 fu adibita anch’essa a scolatoi.
Bibliografia
Catalogo del Museo MAR Positano, Museo Archeologico romano Santa Maria Assunta.
Sitografia
https://marpositano.it
https://www.scuolainternazionaleaffresco.eu/files/Dispensa.pdf
Questo articolo prende ispirazione da una visita guidata al MAR di Positano
Lascia un commento