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La Napoli degli anni ’80 nel film Maccheroni di Ettore Scola è una rivelazione di bellezza e pathos.

In questi giorni impazzano sui social le immagini di una Napoli colpita dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Effetti della commemorazione degli 80 anni delle Quattro Giornate, durante le quali i Napoletani insorsero e si liberarono, con la guida e l’aiuto dei partigiani, dall’occupazione tedesca.

È come se questo anniversario avesse portato con sé un effetto nostalgia, non per i tempi bellici, ma della Napoli che c’era “prima”. Sono tanti, infatti, i gruppi online basati sulla condivisione collettiva di immagini, foto di famiglia, giornali alla ricerca di uno scorcio, di quella madeleine visiva capace di rievocare i bei tempi andati.

La Napoli anni ’80 nel film “Maccheroni”

Per chi desidera fare un salto indietro nel tempo e vedere una Napoli che oggi definiremmo “vintage”, il film Maccheroni di Ettore Scola allora è un must.

Girato nel 1985, il film vede protagonista Jack Lemmon (sì, proprio quello di “A qualcuno piace caldo“) e Marcello Mastroianni, nel ruolo di Robert Traven e Antonio Jasiello, due attempati signori, conosciutisi nel corso degli anni ‘40 e che si ritrovano a Napoli quarant’anni dopo ricordando la loro amicizia.

A fare da sfondo alla storia è una città natalizia e festosa, che si mostra in tutta la sua bellezza agli occhi dell’americano Robert, che ripercorre i luoghi della sua memoria.

Attraverso gli occhi del regista originario di Trevico, Napoli è la terza protagonista silenziosa. Con le sue tradizioni, i suoi locali iconici, le strade, i monumenti.

Per i vicoli del centro storico con Jack Lemmon

Scola dedica una lunga sequenza iniziale alla città. Dieci minuti in cui Lemmon esce dalla Stazione Centrale e percorre le strade di Napoli, fino all’Hotel Excelsior, con il Castel dell’Ovo e la vista sul Vesuvio.

E poi c’è il Palazzo Spinelli di Laurino, edificio storico di Napoli, casa di Mastroianni-Jasiello, in Via dei Tribunali, dove Lemmon cammina fino all’Archivio Storico del Banco di Napoli, passando dalla Chiesa delle Anime del Purgatorio ad Arco con i caratteristici teschi di bronzo.

Ettore Scola racconta Napoli e le sue tradizioni: dall’usanza, ben più remota degli anni in cui è stato girato film, di vestire i bambini come “monacielli” per grazia ricevuta, agli sciuscià, i lustrascarpe, fino a quella di legare una campanella al defunto durante la veglia in casa, nel caso di una morte apparente.

Cita le sfogliatelle di Pintauro e le cravatte di Marinella, Scola, che di Napoli, in questa pellicola, sembra volerne catturare l’anima, facendo muovere i due protagonisti da parte a parte: dalla Galleria Umberto I alla Fontana del Gigante. La città si svela a poco a poco.

La terrazza del film

Bellissima la terrazza della madre del protagonista, che nel film di Scola diventa quasi un giardino pensile, pieno di piante, fiori, frutti con uno straordinario affaccio sulla Chiesa del Girolamini.

Ma c’è un’altra curiosità che lega il film a Napoli. La terrazza con vista sui campanili dei Girolamini era, ed è, di proprietà di un napoletano molto noto e amato, Antonino Mellino. Oggi questo signore è noto soprattutto per la sua bottega, a metà tra antiquario e rigattiere. Ma nella metà degli anni ’70, il Signor Mellino era noto come “Agostino ‘o pazzo”, e spesso sfidava le forze dell’ordine oltrepassando i posti di blocco sgommando sulla sua motocicletta. Sì, perché Antonio Mellino, detto Agostino, era un centauro, e non solo aveva prestato la terrazza della sua casa per le riprese, ma aveva avuto un cameo all’interno del film: era il guappo che intasca un assegno da 5 milioni di lire e fugge, manco a dirlo, in moto confondendosi nel traffico di Napoli.

Perché “Maccheroni” si chiama così?

I maccheroni, che danno il titolo all’opera di Scola, sono uno dei piatti tipici della cucina napoletana e rappresentano la stessa tradizione partenopea, tra i temi centrali della pellicola. Si tratta di una metafora, in quanto piatto semplice, quotidiano, ed è proprio la quotidianità uno dei temi principali del film.

Il piatto fa il proprio ingresso nella scena finale del film, durante un pranzo, in cui appare un Lemmon emozionato ed emozionante, che offre i maccheroni all’amico che gli ha fatto scoprire un diverso senso della vita. Scola chiude la pellicola tra i tetti del centro storico della città, con le guglie dei campanili e le cupole delle chiese.

Bibliografia

Il Morandini 2022, AA. VV.

L’ uovo di Virgilio. Dentro Napoli: la memoria dei luoghi, Vittorio Del Tufo
IMDB.com

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