L’uomo che sognava una città diversa

Nel panorama politico italiano del Novecento, poche figure hanno saputo incarnare con altrettanta forza il connubio tra impegno civile e sensibilità artistica quanto Maurizio Valenzi. Nato a Tunisi nel 1909 da una famiglia di origine ebraica, questo intellettuale cosmopolita avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia di Napoli, governandola per otto anni (1975-1983) e diventando il primo sindaco comunista nella millenaria storia della città partenopea.

La biografia di Valenzi legge come un romanzo d’avventure del XX secolo. Cresciuto in Tunisia, si trasferì in Italia dopo aver vissuto difficilissime battaglie politiche, compreso il carcere.

L’arrivo a Napoli: quando l’arte incontra la politica

L’approdo di Valenzi a Napoli non fu casuale: fu infatti inviato per preparare la città all’arrivo di Palmiro Togliatti e per organizzare la resistenza. La città, segnata dalle ferite della guerra, rappresentava per lui un laboratorio ideale dove sperimentare quella sintesi tra cultura e rivoluzione che aveva maturato nei duri anni tunisini.

Il disegno e la pittura, che l’impegno politico aveva costretto a ridimensionare, tornarono vivissimi dopo il 1968. Fu allora che Valenzi, rivisitando le inclinazioni figurative della giovinezza, ritornò sui ricordi della prigionia realizzando opere di straordinaria intensità emotiva. Nascono in questo periodo anche i paesaggi di Napoli, i ritratti di famiglia e di personaggi come Emilio Notte, Paolo Ricci ed Eduardo De Filippo.

Dal 1970 al 1975 fu Consigliere comunale di Napoli, preparando quella che sarebbe stata la sua più grande sfida: governare la città più complessa del Mezzogiorno d’Italia.

1975: la vittoria di Maurizio Valenzi che cambiò tutto

Il 15 giugno 1975 è una data spartiacque nella storia di Napoli. Per la prima volta, i cittadini eleggevano un sindaco comunista, e per di più “straniero” – così veniva ancora chiamato Valenzi, nonostante vivesse in città da oltre vent’anni. La sua vittoria non fu solo un successo elettorale, ma una piccola rivoluzione culturale che mandava un segnale chiaro: Napoli era pronta a cambiare pelle. Come testimoniò Eduardo De Filippo in un memorabile articolo su Paese Sera, non si trattava solo di una vittoria di partito: “Dopo tanti anni di ‘comandanti’, ‘padrini’, ‘compari’, ‘boss’ […] si comincia a vedere il barlume di una luce ancora fioca e ancora lontana, ma luce è”.

Uno degli aspetti più straordinari dell’esperienza di Valenzi fu la sua capacità di governare senza mai avere una maggioranza stabile in Consiglio comunale. Come ricordava Giorgio Napolitano: “Non cercò mai il consenso con atteggiamenti indulgenti o tentando di attribuire ad altri le responsabilità più importanti. Il suo carisma si alimentava della grande sensibilità umana che sempre dimostrava”.

Le sfide impossibili: governare senza maggioranza

Uno degli aspetti più affascinanti dell’esperienza di Valenzi fu la sua capacità di governare per otto anni senza mai avere una maggioranza stabile in Consiglio comunale. Ogni delibera era una battaglia, ogni provvedimento richiedeva mediazioni. Eppure, riuscì a portare avanti un programma di trasformazione urbana che ancora oggi caratterizza il volto della città: fu sua l’idea di organizzare le prime rassegne culturali estive napoletane, diventate oggi oggetto di pubblicazione e di studio. Fu poi anche il sindaco delle inaugurazioni delle grandi infrastrutture locali: oggi una targa ricorda la posa della prima pietra della Metropolitana di Napoli, nella stazione di Piazza Medaglie d’Oro. All’epoca era necessario dimostrare di aver cominciato i lavori per sbloccare i fondi pubblici necessari per completare l’opera. La cerimonia fu un successo ed abbiamo oggi la metropolitana. La sua strategia era geniale nella sua semplicità: trasformare ogni problema in un’opportunità di partecipazione popolare.

Il terremoto del 1980: l’ora più buia e più luminosa

Il 23 novembre 1980 un violento terremoto sconvolse l’Irpinia e parte della Campania, causando quasi 3.000 morti e danni incalcolabili. Valenzi, che in quel momento ricopriva sia la carica di sindaco che quella di Commissario Straordinario per la Ricostruzione, si trovò a gestire la più grande emergenza del dopoguerra meridionale.

In quei giorni drammatici emerse tutta la sua umanità. Durante la notte ordinò di lasciare tutto il Comune illuminato, per dimostrare alla cittadinanza che nessuno dormiva a Palazzo San Giacomo. Ma soprattutto, riuscì a trasformare la tragedia in un’occasione di rinascita collettiva. Coordinò gli aiuti internazionali, organizzò i primi interventi di assistenza e, cosa ancora più importante, impedì che la gestione dell’emergenza diventasse preda della speculazione e della corruzione.

L’eredità artistica di un sindaco pittore

Quello che rendeva unico Valenzi era la sua capacità di applicare alla politica la stessa sensibilità che metteva nell’arte. Durante il suo mandato, Napoli visse una stagione culturale straordinaria. Nascevano nuovi spazi espositivi, si moltiplicavano i festival artistici, la città diventava meta privilegiata per registi e scrittori internazionali. Valenzi aveva capito che la cultura non era un lusso per città ricche, ma una necessità per comunità che volevano esprimersi.

I suoi dipinti, disegni e schizzi che continuò a produrre fino all’utlimo giorno della sua vita, riflettevano questa filosofia espressiva. Ancora oggi, la gran parte delle sue opere sono esposte nella Fondazione Valenzi, nel Maschio Angioino.

Il rapporto speciale con i napoletani

Valenzi riuscì a stabilire con i napoletani un rapporto di affetto autentico che andava oltre le appartenenze politiche. La sua disponibilità all’ascolto, la capacità di parlare senza retorica, l’abitudine di girare per la città e fermarsi a conversare con chiunque, lo trasformarono in una figura quasi paterna per molti cittadini.

Un aneddoto divertente racconta di quando, durante una manifestazione di protesta contro l’amministrazione comunale, si presentò personalmente tra i manifestanti per ascoltare le loro ragioni. “Se avete qualcosa da dirmi”, disse prendendo il megafono, “preferisco che me lo diciate in faccia”. Quella che doveva essere una contestazione si trasformò in un dibattito pubblico che durò tre ore, alla fine del quale molti dei manifestanti applaudirono il sindaco.

L’addio alla politica e il ritorno all’arte

Quando nel 1983 lasciò Palazzo San Giacomo, Valenzi aveva 74 anni ma l’energia di un giovane. Invece di ritirarsi dalla vita pubblica, tornò con rinnovato entusiasmo alla sua prima passione: l’arte. Organizzò mostre personali, scrisse libri di memorie, continuò a dipingere fino agli ultimi anni di vita e partecipò senza sosta a qualsiasi assemblea politica o incontro nelle scuole, come testimoniano anche i tanti suoi amici di partito e di politica.

La sua morte, avvenuta nel 2009 a quasi 100 anni, fu salutata da un lutto cittadino che attraversò tutte le generazioni e le appartenenze politiche. Migliaia di napoletani sfilarono davanti al suo feretro, rendendo omaggio a colui che aveva saputo far sognare una città spesso rassegnata al degrado e all’immobilismo.

Oggi, a distanza di decenni dalla fine del suo mandato, l’eredità di Maurizio Valenzi continua a vivere nella Napoli contemporanea. Le politiche culturali innovative, l’idea che la bellezza possa essere strumento di riscatto sociale: tutto questo porta ancora la sua firma. Un sindaco artista che ha dimostrato come la politica, quando è animata da autentiche passioni civili, possa davvero cambiare il volto di una città e la vita dei suoi abitanti.


Bibliografia e fonti:

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