Alle spalle dei giardinetti di Via Ruoppolo, con le sue architetture regolari e le linee semplici e bianche, la chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini regala un angolo di pace.
Non lasciamoci ingannare dalle sue forme moderne perché si tratta in realtà di un luogo letteralmente morto e risorto: la chiesa prende infatti il nome da un tempio del XV secolo abbattuto negli anni ’50 in nome di qualche nuova unità immobiliare.
Un omaggio della comunità fiorentina
La presenza dei mercanti fiorentini a Napoli ha origini antichissime. Siamo certi che c’era una comunità molto attiva già ai tempi di Federico II, nel XIII secolo, e sotto gli Angioini aumentarono notevolmente di numero. Inizialmente si radunavano in una piccola chiesa alle spalle di Porta Caputo poi, sotto il patrocinio di Isabella Chiaromonte, la moglie di Ferrante I d’Aragona, ebbero la possibilità di realizzare una prima chiesa nelle vicinanze. E quest’ultima fu intitolata a San Giovanni Battista, patrono di Firenze.
La chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini come l’abbiamo conosciuta fino agli anni ’50, però, fu costruita sotto il viceregno di Pedro di Toledo: durante il suo progetto di urbanizzazione con la costruzione della nuova Via Toledo, infatti, diede l’ordine di creare anche una dimora dignitosa per la fede della comunità fiorentina. E così fu nei secoli, dato che i commercianti provenienti da Firenze, molti di questi erano banchieri e uomini facoltosi, spesero moltissimi soldi per abbellire la loro chiesa.
Pensiamo che, oltre a opere d’arte di Naccherino, Bernini, Pino e Balducci, tutti i marmi e le decorazioni erano frutto di artisti giunti dalla Toscana.
Una chiesa da demolire
“La parola a Sua Maestà il Piccone”, era lo slogan della propaganda fascista. La costruzione del Rione Carità fece radere al suolo numerosissimi palazzi antichi, su tutti ci basta vedere la storia del Palazzo delle Poste, costruito al posto del più grande convento di Napoli. Fu deciso l’esproprio di San Giovanni Battista dei Fiorentini nel 1935 e, per giustificare l’ Il Cardinale Alessio Ascalesi, spiegò che la chiesa poteva essere abbattuta perché “non produce alcun danno, essendo situata vicino a luoghi di culto più belli e più famosi”. Ad avviso del Cardinale, infatti, era più importante costruire nuove chiese nei rioni periferici come il Vomero, appunto.
Insomma, San Giovanni Battista dei Fiorentini era sacrificabile perché, di fatto, Napoli aveva troppe chiese e una demolizione era tutto sommato tollerabile. La chiesa sorgeva infatti vicino al Palazzo Fernandez che oggi caratterizza Largo Berlinguer, di fronte alla fermata della Metropolitana Toledo.
La guerra interruppe il progetto edilizio fascista, ma le notizie non furono affatto buone per gli edifici del centro storico: la pioggia di bombe americane e inglesi, infatti, costò carissima a Santa Chiara, che fu rasa al suolo, e a tantissimi altri edifici. E invece la fortuna salvò di nuovo i Fiorentini, dato che l’edificio non fu toccato nemmeno da un’esplosione.
La guerra finì, il Regime cadde e cominciò il tempo della ricostruzione. La chiesa dei Fiorentini sembrava aver tirato un sospiro di sollievo, essendo rimasta intatta. Non fu però dello stesso avviso però il comitato tecnico del Comune di Napoli. Era il 1950 e troviamo in questa data il nulla osta del Comune per l’abbattimento della chiesa, riprendendo il progetto originale fascista. L’obiettivo anche era lo stesso: la costruzione di nuove unità abitative per il Palazzo Fernandez, che fu ampliato con una nuova scala ancora oggi esistente.
Torna San Giovanni Battista dei Fiorentini
Era il 1959 e, in soli 5 anni dalla posa della prima pietra, la nuova chiesa fu inaugurata e aperta al culto. Di antico non c’era più nulla, se non le opere originali degli artisti toscani, che furono salvate grazie a decine di petizioni presentate da Enrica Viviani della Robbia, una nobildonna fiorentina che si fece portavoce di numerosi intellettuali toscani che si opposero alla demolizione della vecchia chiesa. L’unico risultato concreto ottenuto fu l’impegno della Soprintendenza di preservare le opere d’arte, che fu effettivamente mantenuto.
Il resto, compresa la tomba di Bernardo Tanucci e i resti di Artemisia Gentileschi, furono distrutti irrimediabilmente.
La chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, nel suo placido vivere ai margini dei giardinetti di Via Ruoppolo, ha oggi tutta una storia da riscrivere da capo.
L’ultimo episodio di questa chiesa è scritto ad esempio nella tomba della Serva di Dio Angela Iacobellis, sepolta lì nel 1997. Ma l’origine vera di questo luogo di culto, conservata in un nome dalle origini inequivocabili, rimane ancora come l’ombra di un passato cancellato in nome del cemento.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Italo Ferraro, Napoli: atlante della città storica, Volume 3, CLEAN, 2008.
Giancarlo Alisio, Alfredo Buccaro, Napoli Millenovecento, 2001
Francesco Strazzullo, La chiesa di San Giovanni dei Fiorentini di Napoli, Napoli, 1984.
Leave a Reply