Ferdinando Russo, il poeta scugnizzo

E’ nu ricamo, sta mandulinata!

Scetate, Bella mia, nun cchiù durmì!

’Ncielo se so’ arrucchiate ciente stelle,

tutte pe’ sta’ a sentì chesta canzone!

Questa la voce di un poeta e giornalista napoletano, tra i più famosi a cavallo tra ‘800 e ‘900; queste le parole cantate nella sua canzone più dolce: Scetate.

Poeta del popolo e della spontaneità, Ferdinando Russo ha osservato Napoli dal basso per impossessarsi della sua più viva e cruda quotidianità. Ne ha catturato ogni carattere, ogni sfumatura, e da questo profondo bagaglio di colori e ombre ha fatto nascere la sua letteratura: un ricamo di rime e mordace ironia.

Nel suo repertorio infatti, si passa dal lirismo di poesie come Scetate all’umorismo più leggero ed  irriverente.

Come dimenticare le “macchiette” di Ferdinando Russo, esilaranti caricature di tipi umani? Ve ne proponiamo una tra le più divertenti, “‘O pezzente ‘e San Gennaro”, caricatura degli esattori del fisco:

— Site Tizzano, vuie? — Gnorsì, Tizzano…
— E ve n’avite ascì! Simmo d’ ‘o fisco…
E se mpezzava cu sta carta mmano.
— ‘O sisco? facev’io… Ched’è stu sisco?
Vuie ve sbagliate… Fosse all’ato piano?
— Gniernò, Tizzano mio, ve cumpatisco,
ma ‘o fisco v’ha fiscato sano sano!
Va sapenno, chill’era, nientemeno,
nu siquesto de tutt’ ‘a rrobba mia!
Nun ne putette cchiù… Venette meno!
Da tanto, nun putette appurà niente,
stette vint’anne ‘int’a na pazzaria,
e mo’ m’hanno mettuto ‘int’ ‘e Pezziente!

Per questa macchietta Ferdinando Russo fu addirittura accusato di offesa alle istituzioni e chiamato a difendersi davanti a un giudice. Questo sarebbe stato lo scambio di battute tra il poeta il giudice, dotato, fortunatamente, di una buona dose di senso dell’umorismo:

– “Perche ha scritto quella macchietta?”

– “Perche, d’ordinario, mi diverto a scriverne”

– “Ma come?”

– “Si, mio dio! È un gusto come un altro! C’è chi si ficca le dita nel naso, chi gioca al lotto, chi manda lettere d’amore alla zia monaca per avere una sfogliatella e dieci lire… io scrivo macchiette”.

Come abbiamo visto, Ferdinando Russo si fece notare per il carattere spesso non facile, certamente degno dei suoi personaggi. Nel 1891 cantò la sua Scetate ad Annie Vivanti, giovane studentessa del professore e poeta Giosuè Carducci. I due erano a Napoli per presiedere una seduta di esami. Il canto di Ferdinando Russo fu talmente dolce da far commuovere la giovane donna, che gli riservò per il resto della serata le sue attenzioni più dolci.

Ad oggi, non si sa precisamente come siano andate le cose, fatto sta che Carducci ripartì da Napoli irritato e prima del previsto, mentre la sua compagna prolungò il soggiorno nella città partenopea…

Detto questo, non dovrebbe stupirci più di tanto il particolare rapporto di Russo con la moglie Rosa Saxe.

Pare che la donna fosse così gelosa da aver ingaggiato addirittura un investigatore privato che pedinasse il marito. L’inseguimento durò per mesi, ma lo scrittore si accorse di tutto. In effetti la donna aveva commesso una piccola leggerezza: aveva pagato l’investigatore con i vecchi vestiti usati del marito. Russo decise comunque di lasciar perdere e fare finta di nulla, ma non poté proprio sopportare che l’investigatore indossasse proprio la sua cravatta preferita! Lo sconosciuto finì così rincorso a suon di bastonate e, come se non bastasse, il divorzio dalla moglie seguì a breve distanza.

Nonostante il carattere poco amichevole e spesso scontroso, bisogna riconoscere allo scrittore grandi meriti letterari. Il suo scopo è stato scavare nel ventre di Napoli, scoprire la grande ricchezza delle sue mille scene, dei suoi mille caratteri, delle sue mille lingue, per trasformare in Arte questa varietà.

Ci vuole amore per questo. Di questo amore sono pregni i suoi ultimi versi, scritti nella sua casa di Capodimonte poco prima di morire.

Napule ride ‘int’a na luce ‘e sole

Chiena ‘e feneste aperte e d’uocchie nire

 

 

Claudia Grillo

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