Il nome di Procida è tanto affascinante quanto misteriosa è la storia dell’Isola. Se infatti sulla vicina Ischia abbiamo fiumi di letteratura, complice anche i favori dei Borbone, molto affezionati agli ischitani, la storia dell’”isola dei marinai” è gelosamente conservata dai suoi discendenti.

Proprio con Ischia, secondo Plinio il Vecchio, l’isola forse condivideva le origini. Nella Naturalis Historia l’esperto naturalista romano ipotizzò che le due isole un tempo fossero collegate. Poi un terremoto la separò dall’Isola Verde.
Per questa ragione – aggiunse – entrambe le isole un tempo erano identificate con “Pithecusa“, che poi è diventato il primo nome della sola Ischia.

Ischia e Procida
Ischia e Procida viste da Capo Miseno: sono vicinissime!

L’origine del nome Procida: un bel mistero

Le teorie formulate nel corso dei secoli sono numerosissime, anche con firme molto autorevoli. Se abbiamo una buona serenità nel pensare che i primi coloni procidani furono i greci Calcidesi intorno al VIII secolo a.C., gli stessi che crearono numerosissime colonie nell’intera Magna Grecia, fra cui Catania, Cuma e la vicina Ischia.

Enea

Dionigi di Alicarnasso immaginò un’ipotesi tanto affascinante quanto probabilmente fantasiosa: rifacendosi all’Eneide di Virgilio, un altro protagonista della storia della Campania. La nutrice di Enea, infatti, si chiamava proprio Procida. Morì durante il viaggio dell’eroe verso Roma e fu sepolta proprio sulle spiagge della bella isola, dalle parti di Vivara.

Anche se molto poetica come teoria, molto probabilmente non è così.

Un’origine greca

Se partiamo proprio dall’immenso bagaglio culturale che i Greci ci hanno donato, il nome Procida potrebbe venire da un verbo greco, “prokeein“, che in latino si traduce con “profundere“. Dopo il terremoto violentissimo che ha separato le due isole, quindi, la più piccola fra le due sarebbe stata chiamata letteralmente “messa fuori”, per indicare la sua origine.

Tum sonitu Prochyta alta tremit, durumque cubile
Jnarime, Jovis imperio , imposta typheo
(L’alta Procida trema al duro incarico
L’Ischia imposta a Tifeo d’ordine di Giove)

Virgilio, Eneide, libro IX
Procida di notte
L’isola di notte, foto di Federico Quagliuolo

Cuma e una storpiatura

L’Abate Marcello Scotti, filosofo nato proprio sull’Isola nel XVIII secolo, suggerisce una ricostruzione molto interessante: il nome sarebbe una storpiatura di “pro-cyma“, ovvero “Prima di Cuma”, dove per “Cuma” si dovrebbe intendere non la città, ma la “cima“, quella di Capo Miseno. Il nome in questo caso potrebbe derivare dall’aramaico o dall’ebraico, dove in entrambi i casi “kym” significa cima.

Oppure, in una seconda ipotesi, potrebbe riferirsi proprio ad un insediamento di coloni cumani, che in tempi antichissimi erano dominatori dell’intera Campania.

Giganti e Dei

La mitologia greca ci fornisce un’ulteriore suggestione: al largo di Capo Miseno si svolse la Gigantomachia, una titanica battaglia fra i giganti e gli dei dell’Olimpo, che videro la sconfitta. E così, se Ischia fu il masso gettato sulle spalle di Tifeo e il Vesuvio schiaccia Alcioneo, Mimante fu il più fortunato: gli toccò sopportare la piccola Procida, un peso piuma rispetto ai suoi colleghi.

Procida porto
Quadro d’epoca del porto dell’isola

L’importanza di chiamarsi “Procida”

Per capire il legame fra i procidani e la propria isola, è interessante notare che tutte le ricostruzioni e quasi tutti i testi antichi sulla storia dell’Isola sono stati scritti da abitanti del posto, con una romantica dedica:alla mia patria“.

Proprio queste parole, ad esempio, sono l’esordio nella prefazione dei testi di Scotti e di Parascandolo, due persone separate da più di 100 anni di vita: uno fu infatti protagonista delle vicende del ‘700 e l’altro fu un religioso di fine ‘800.

Non devono meravigliarci queste parole di miele: probabilmente proprio lo stato di necessità ed estrema povertà che hanno sempre afflitto l’isola, che non poteva godere dei fertili campi di Ischia e dei benefici di un collegamento con la terraferma, aguzzarono l’ingegno dei suoi abitanti. La Storia ci ha infatti tramandato decine di nomi che si specializzarono nella navigazione e nelle arti intellettuali, spesso unendo entrambe le cose per il bene comune.
Ad esempio c’è Michele De Jorio, il creatore del primo codice della navigazione, oppure la prima società assicurativa per i naviganti nata proprio nel porto, senza dimenticare l’Istituto Navale che ancora oggi forma i navigatori. Quasi tutti i procidani furono costretti a vivere lontano dalla propria isola durante la propria carriera. Eppure chiunque, dall’abate al pescatore, ovunque si trovi nel mondo, non avrà che una sola “patria” nella quale vorrà tornare.

Insomma: Procida, greca nel nome e nel carattere.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Egidio Finamore, Origine e storia dei nomi locali campani, Arcolaio, Napoli, 1966
Rocci, Vocabolario di Greco, ed. 1952
Carmelo Colamonico, Comune di Procida
Michele Parascandolo, Cenni Storici intorno all’Isola di Procida, Napoli, 1892

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