Scipione l’Africano, notissimo condottiero della Roma repubblicana, giace sepolto nella zona chiamata allora Liternum, dove decise di vivere abbandonando l’Urbe dopo che molti rappresentanti del Senato, temendo la popolarità del comandante, decisero di far partire una campagna denigratoria nei suoi confronti.
Questo spinse dunque Scipione a ritirarsi nella sua villa in Campania, definendo la sua Patria, per la quale aveva combattuto e vinto, come “ingrata“.
Una delle infinite contraddizioni del Sud Italia è il mancato riconoscimento ed apprezzamento degli ori che già possiede.
La tomba di Scipione l’Africano o l’antica Liternum?
La Campania infatti, è piena di siti archeologici di valore assoluto abbandonati, spesso talvolta in situazioni di vero degrado.
È lecito pensare dunque che gli “ori di Napoli” non rappresentino solo la monumentale collezione di stampo orafo contenuta nel Tesoro di San Gennaro: parliamo di una serie di monumenti, storie, edifici che compongono questo territorio.
Nei pressi di Giugliano infatti, precisamente a Lago Patria, è presente un luogo che potrebbe ospitare la tomba del generale romano quasi unanimemente riconosciuto dagli storici come il miglior comandante della fase Repubblicana: Scipione l’Africano.
Seguenti studi di archeologia hanno certificato che questi resti fanno parte di un più ampio complesso di edifici che apparteneva un tempo all’antica città di Liternum, mentre del luogo esatto in cui fu costruita la tomba di Scipione, purtroppo, non abbiamo conoscenze precise.
La storia di Scipione l’Africano
Publio Cornelio Scipione era un giovane cittadino romano, appartenente alla gens Cornelia, uno dei ceppi familiari che più degli altri ha influito sulle sorti della storia di Roma, come ad esempio anche la gens Iulia, che ebbe come suo principale esponente Giulio Cesare molto tempo dopo.
La prima traccia della sua vita pubblica è stata raccontata dallo storico Polibio, che scrisse:
“egli [Publio], quando nel corso della battaglia vide che suo padre, insieme a soli due o tre cavalieri, era stato circondato dal nemico ed aveva subito pericolose ferite, inizialmente provò ad incitare gli uomini che aveva vicino a sé affinché portassero soccorso al padre, quando vide che questi, davanti al grande numero di nemici che circondavano suo padre, erano titubanti e impauriti, si racconta che egli, con incredibile audacia, si lanciò da solo alla carica contro i nemici che avevano accerchiato il padre. A quel punto anche gli altri cavalieri si sentirono obbligati ad attaccare. I nemici, spaventati, si diedero alla fuga“
L’evento narrato si riferisce alla battaglia del Ticino, dove Publio a soli 17 anni riuscì con delle forze di cavalleria a salvare la vita di suo padre accerchiato dall’esercito cartaginese durante uno dei primi scontri tra Roma ed il generale Annibale nel 218 a.C.
Da questo momento infatti, la sua vita e la sua carriera saranno legate alla guerra contro il condottiero cartaginese.
È uno dei pochi sopravvissuti durante la disfatta dell’esercito romano a Canne e tornato a Roma prosegue con il cursus honorum, diventando edile, poi tribuno, finché non gli viene presentata una notizia: le forze di suo padre e di suo zio sono state sconfitte in Spagna ed i suoi parenti conseguentemente, uccisi.
Dopo la morte dei generali presenti in Hispania, la decisione del Senato romano di inviare altre forze militari prendeva sempre più piede, la conseguenza sarebbe stata quella di perdere completamente il territorio.
Un dubbio però era presente nei cuori dei due consoli: chi sarebbe stato l’uomo da inviare per vendicare Roma ed in grado di sconfiggere i veterani di Annibale.
Così Livio descrisse l’elezione a proconsole di Publio Cornelio Scipione nel 210 a.C.:
“nessuno si arrischiava a presentarsi per ottenere il comando dell’esercito in Spagna, quando all’improvviso P.Cornelio, figlio di quel Publio che era morto in Spagna, giovane di appena ventiquattro anni, dichiarò di porre la propria candidatura e si collocò subito in posizione elevata per attirare l’attenzione.
Dopo che tutti gli sguardi si rivolsero verso di lui, la moltitudine con grida di simpatia e favore gli augurò senza indugio un comando felice e fortunato. Quando poi si iniziò a votare, tutti fino all’ultimo, non solo le centurie ma i singoli cittadini, deliberarono che il comando supremo militare in Spagna fosse dato a Scipione.“
Scipione ottenne la carica a soli 25 anni e riuscì nell’impresa quattro anni più tardi, nel 206 a.C. tutta la regione fu considerata la prima provincia Romana.
Una volta ottenuta successivamente la carica di console, deciso a voler porre fine alla minaccia cartaginese partì per la Campagna d’Africa che sancì di fatto il dominio romano nell’area mediterranea e Cartagine ed il suo esercito furono distrutti.
Da questa vittoria conquistò l’appellativo di Scipione l’Africano.
Ingrata Patria, non avrai nemmeno le mie ossa!
La vita di Publio però ebbe anche altri successi militari finché da una parte del Senato non si levarono delle voci denigratorie nei confronti della sua famiglia, specialmente ingiurie ed accuse di corruzione nei suoi confronti e nei confronti di suo fratello Lucio.
Questo portò il condottiero, ormai malato a ritirarsi dalla vita pubblica e a vivere nella sua villa di Liternum, dove morì all’età di 52 anni e dove conseguentemente fu sepolto, date anche le sue parole: “Ingrata patria non avrai nemmeno le mie ossa“.
Oggi il sito fa parte del parco archeologico di Liternum, ma i suoi cancelli sono quasi sempre chiusi.
Anche se non siamo certi che questo monumento sia che ha fatto del valore e dell’onore i principi della sua vita nella quale, entrandoci, è lecito chiedersi se ancora oggi, nonostante il contesto diametralmente diverso, la sua Patria non gli sia tutt’ora ingrata.
Fonti:
1 Polibio “Storie”
2 Livio “Ab Urbe condita”
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