La Villa dei Papiri è sicuramente una delle attrazioni più insolite e misteriose della nostra Ercolano sepolta dal flusso piroclastico. La sua storia più nota è ormai risaputa da tutti. La Villa è conosciuta con il nome di Villa dei Pisoni e apparteneva probabilmente al suocero di Giulio Cesare, ossia Lucio Pisone.
Straordinaria per la sua maestosità fu di esempio per la costruzione della villa del miliardario Jean Paul Getty a Malibù, dove fu fedelmente riprodotta e dedicata come museo allo stesso Paul Getty.
Ma c’è una storia che in molti non conoscono, ossia che la villa dei papiri era un vero e proprio centro di studi epicureo, filosofia nata in Grecia che ha influenzato dotti e letterati da Virgilio a Lucrezio, fino a Torquato Tasso, di cui gli ultimi due campani. Scopriamo insieme questa storia ancora sepolta della Villa dei Papiri.
La Villa dei Papiri e l’origine del suo nome
Se la villa era chiamata Villa dei Pisoni, a cosa si deve il nome odierno che gli è stato conferito e che è celebre in tutto il mondo? Durante gli scavi, e tramite altre opere letterarie, gli storici sono venuti a conoscenza della presenza di una biblioteca all’interno della Villa dei Papiri che conservava ben 1800 papiri, di cui 200 furono riportati alla luce nella prima fase degli scavi nel 1752.
Essendo una villa di un politico romano, oltre ad essere ricca di papiri, era anche adornata con molte statue, alcune delle quali oggi fortunatamente esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli
I papiri ritrovati e il loro contenuto
Durante i primi ritrovamenti dei papiri, molti operai e studiosi furono i carnefici della loro totale distruzione. I papiri erano in parte carbonizzati, ricoperti di cenere e polveri da ormai secoli e la Villa dei Papiri era completamente sepolta. Nelle opere di esportazione di questi beni millenari si pensò di estrarli semplicemente tirandoli fuori. Al minimo tocco i papiri si sgretolarono.
Non sapremo mai quindi il numero esatto dei papiri poiché molti andarono persi durante le operazioni degli scavi ed altri furono distrutti da coloro che cercavano di srotolarli per leggerli. Come se non bastasse, alcuni di questi papiri furono offerti a vari paesi europei: Ferdinando IV di Borbone ne donò alcuni a Napoleone Bonaparte, altri furono offerti a re Giorgio IV d’Inghilterra. Anche nelle corti di questi sovrani si cercò di trovare un metodo per leggerne il contenuto senza alcun successo.
Ma allora come facciamo a conoscere il contenuto di alcuni di questi papiri? Con il tempo i metodi di ricerca e di conservazione dei reperti si sono raffinati sempre di più e ci hanno donato un’informazione di estrema importanza. Molti di questi papiri parlano della filosofia epicurea, del suo iniziatore Epicuro e dei maestri filosofi epicurei, molti dei quali vissero proprio a Napoli. La Villa dei Papiri era quindi un centro di studi epicureo.
Epicureismo, la filosofia come farmaco
L’Epicureismo è una filosofia nata in Grecia attribuita ad Epicuro, figlio di un maestro di scuola e di una maga (anticamente i maghi erano alcuni dei più grandi conoscitori della filosofia naturale e della sua applicazione, diverso quindi dall’accezione odierna del termine). Epicuro fondò una sua scuola e la sua speculazione filosofica è ancora oggi riconosciuta come una delle correnti che più hanno caratterizzato il pensiero filosofico durante i secoli.
La filosofia epicurea era fondata su tre principi fondamentali, rivoluzionari per l’epoca. L’atomismo, Epicuro credeva infatti che la vita non fosse altro che il continuo legarsi e slegarsi degli atomi che formavano e mutavano le cose, la morte era quindi semplicemente la morte dell’atomo stesso, quindi dopo di essa nulla c’era.
Il sensismo, ossia credeva che nell’uso dei sensi ci fosse l’unica verità percepibile e quindi l’unica strada per il bene che Epicuro chiamava piacere, ed è per questo che spesso si accosta il termine sensismo al termine sensualismo; il quasi totale ateismo, infatti era convinto sì dell’esistenza degli dei, ma quest’ultimi non si interessavano degli esseri umano e non avevano nessun ruolo nel governare il mondo.
Inoltre Epicuro era convinto che qualsiasi fosse la condizione sociale degli esseri umani, questi dovessero seguire l’edonismo, il piacere. Ma l’uomo non riesce ad immergersi in questa condizione di edonismo poiché bloccato da varie paure, paura della morte, degli dei e dello stesso piacere.
Ed è qui che Epicuro suggerisce la sua filosofia come farmaco, in particolare ”tetrafarmaco”, ossia cura i quattro mali che affliggono l’uomo. Epicuro ci dice che non bisogna aver paura degli dei, perché questi non si interessano degli uomini; non bisogna essere timorosi della morte perché non è un’esperienza umana, la morte è la fine degli atomi, dopo di essi non c’è nulla; gli uomini non devono aver paura del piacere, poiché questo è raggiungibile; e soprattutto gli uomini non devono aver paura del dolore che, se forte passa in fretta, se sordo ci si convive, se grave sopraggiunge la morte e dopo di essa il nulla.
Questa cura porta l’uomo a liberarsi delle sue passioni, a raggiungere la condizione di atarassia, ossia di tranquillità assoluta, per questo Epicuro non condivideva l’uso della poesia e l’impegno politico, poichè le riteneva delle forti passioni.
Gli Epicurei della Villa dei Papiri
La cosa più curiosa è che degli scritti di Epicuro non è rimasto molto, ma tutto ciò che sappiamo ci è fornito in parte dai papiri ercolanensi. Infatti Lucio Pisone, che si era avvicinato all’epicureismo, era protettore del filosofo epicureo Filodemo di Gadara, che viveva alla Villa dei Papiri.
Ed è proprio Filodemo a dirci in uno delle sue opere che alla Villa dei Papiri operava uno dei maestri epicurei più riconosciuti, ossia il maestro Sirone, di origine orientale ma che arrivò a Napoli è fondò una scuola epicurea sulla collina di Posillipo, frequentata anche da un giovanissimo Virgilio che lo cita con il nome di ”Silone” nella VI ecloga.
Inoltre Filodemo di Gadara riportò spesso le dottrine filosofiche epicuree in alcuni papiri trovati nella Villa dei Papiri e, data la scarsa mole di opere lasciate da Epicuro, dobbiamo a lui molte informazioni.
Probabilmente presso la Villa dei Papiri si formò anche il filosofo e letterato napoletano Lucrezio, uno degli assertori più energici della corrente epicurea.
Da Lucrezio a Torquato Tasso, l’epicureismo nella storia di un popolo
Della vita di Tito Lucrezio Caro conosciamo pochissimo, sappiamo che il suo cognome era tipico dei territori pompeiani ed ercolanensi e che si sia formato alla Villa dei Papiri. Lucrezio non ebbe vita facile, morì in giovane età e, data la sua corrente filosofica, in molti lo screditarono, additandolo come pazzo, invasato.
L’epicureismo non era la filosofia prediletta a Roma, anzi era quasi del tutto bandita, infatti anche poeti particolarmente affini all’epicureismo, come Orazio, dovevano mantenere questa loro predilezione celata. Lucrezio fu probabilmente vittima del suo tempo e, anche se amico di Virgilio ed Orazio, non poté far parte della cerchia di Mecenate e di Augusto proprio per via della filosofia nella quale credeva.
L’avversione nei confronti dell’epicureismo arrivò soprattutto quando il princeps Ottaviano Augusto volle rinnovare gli antiqui mores, le antiche usanze romane, e per farlo doveva riabilitare la figura degli dei e innalzarsi a tale portata per avere il rispetto che lo avrebbe reso il più grande di tutti.
Ovviamente in tale clima, un filosofo e letterato che non credeva nell’effettiva potenza degli dei e usava il termine religio per indicare in termini dispregiativi la religione (religio infatti in latino vuol dire superstizione) non poteva avere vita lunga.
Lucrezio credeva che per curare i mali della società bisognava intraprendere non il cammino del saggio stoico, ovvero la filosofia prediletta a Roma, ma bisognava impegnarsi nell’atarassia.
Nella sua immensa opera , il ”De Rerum Natura”, Lucrezio riconosce in Epicuro il primo ad aver avuto coraggio, ad alzare la testa al cielo e non trovare nessuna divinità. In più Lucrezio rispetto a Epicuro era fortemente pessimista, scrive infatti con toni profetici e apocalittici, vivendo in un periodo difficile e di forti cambiamenti, come la fine della Repubblica.
Una delle sue più poetiche citazioni riguardante il potere curante dell’epicureismo è stata ripresa da Torquato Tasso per la sua Gerusalemme Liberata.
Ma, come i medici, quando cercano di dare ai fanciulli il ripugnante assenzio, prima gli orli, tutt’attorno al bicchiere, cospargono col dolce e biondo liquore del miele, perché nell’imprevidenza della loro età i fanciulli siano ingannati, non oltre le labbra, e intanto bevano interamente l’amara bevanda dell’assenzio e dall’inganno non ricevano danno, ma al contrario in tal modo risanati riacquistino vigore;
Lucrezio, De Rerum Natura
Sai che là corre il mondo, ove più versi di sue dolcezze il lusinghier Parnaso e che il
Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, I, ottava III
vero, condito in molli versi,i più schivi allettando ha persuaso. Così a l’egro fanciul
porgiamo aspersi di soavi licor gli orli del vaso: succhi amari ingannato intanto ei
beve e da l’inganno sua vita riceve”
Quindi possiamo affermare che l’intera zona di Napoli era un luogo dedicato alla filosofia epicurea, da Virgilio al maestro Sirone, da Filodemo a Lucrezio, fino a Torquato Tasso, l’epicureismo è stata una filosofia incarnata negli intellettuali e nello spirito partenopeo e che ha trovato il suo centro nella Villa dei Papiri.
La Villa dei Papiri ci ha restituito una mole sconfinata di sapere sul centro culturale e filosofico che era la Ercolano dell’epoca e non solo. Infatti con le attrezzature moderne si potrà conoscere il contenuto dei papiri senza doverli srotolare, preservando così la storia da tempo sepolta.
Bibliografia
G. Della Valle, Tito Lucrezio Caro e l’epicureismo campano, Seconda edizione con due nuovi capitoli, Napoli, Accademia Pontaniana, 1935.
Arnold De Vos; Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982.
Marcello Gigante, Ricerche filodemee, 2ª ed. riveduta e accresciuta, Napoli, G. Macchiaroli, 1983
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