In occasione del centenario dalla nascita di Francesco Rosi, ripercorriamo e diamo spazio ad uno dei registi che ha fatto la storia del cinema. Il suo impegno civile e le sue opere stanno inesorabilmente scomparendo dalla cultura di massa: poco riprodotto nelle tv locali e nazionali, i suoi film vengono celebrati sempre meno, ridotti a chicche per cinefili. Persino l’Academy americana, agli Oscar del 2015, sembrò dimenticare il grande regista appena scomparso. Fece scalpore, infatti, la sua assenza nel tradizionale “In memoriam” che omaggia i grandi del cinema morti nei dodici mesi trascorsi dall’ultima edizione degli Oscar.
Ma Francesco Rosi, ancor prima di essere un grande regista, era un uomo estremamente coraggioso che si è interessato ed ha indagato su storie di mafia, politici corrotti, patti tra clan e amministrazioni locali e nazionali, su interessi coloniali e petroliferi, battendosi in prima linea per portare a galla la verità.
Francesco Rosi: il cineasta napoletano che ha cambiato il cinema
Francesco Rosi nasce nel quartiere Montecalvario di Napoli, nel 1922. La sua infanzia è segnata dall’incontro con Raffaele La Capria, una delle voci più importanti del novecento, Giorgio Napolitano, ex presidente della Repubblica, Antonio Ghirelli, scrittore e giornalista. Insieme a questi personaggi Rosi condivideva l’amore per il cinema, il giornalismo, la letteratura, mettendo in scena nel Circolo degli Illusi alcune loro opere.
Appassionati a tal punto di teatro da essere loggionisti al Mercadante, grandi amanti di cultura e di arte, ma tutto questo ha fine quando vengono chiamati alle armi. Durante la furia della Seconda Guerra Mondiale, Francesco Rosi incontra Mario Ferrero, futuro insegnate all’Accademia di Arte drammatica Silvio d’Amico. Con lui si rifugia in casa, ancora giovani, parlando del mondo che sarebbe stato, della Resistenza e della Liberazione.
Finito il conflitto, Francesco Rosi prepara uno studio sui Malavoglia di Verga per entrare al Centro Sperimentale di Roma, ma viene chiamato da Luchino Visconti come assistente alla regia insieme a Franco Zeffirelli per il film La Terra Trema.
Il Cinema Civile di Rosi: gli esordi
Uno dei film che fece subito capire le intenzioni e gli obiettivi di Francesco Rosi nel suo cinema è stato Salvatore Giuliano
“Cercare con un film la verità non significa voler scoprire gli autori di un crimine, ciò spetta ai giudici e poliziotti, i quali lo fanno a volte a prezzo della vita e a loro va il nostro pensiero riconoscente. Cercare con un film la verità significa collegare origini e cause degli avvenimenti narrati con gli effetti che ne sono conseguenza”
Salvatore Giuliano è una delle opere più realistiche mai realizzate da Rosi. Con un linguaggio cinematografico che va per metà verso il documentario e l’inchiesta e per l’altra metà verso la ricostruzione storica: il regista ci parla di una Sicilia che alla fine del secondo conflitto mondiale vuole essere indipendente dalla nazione.
In questo profondo Sud, fatto di rapporti viscerali e sterminate campagne, dominavano i banditi di Salvatore Giuliano. Un uomo che lottava per l’indipendenza della sua Sicilia, quasi mistico, nascosto tra i monti senza amici, ma con una grande fama, pochi fidati e tante armi.
Francesco Rosi, con l’intento di svelare uno dei misteri mai risolti in Italia, ci parla del tragico evento di Portella della Ginestra. Siamo alla fine degli anni Cinquanta, l’Europa è divisa tra i due paesi egemoni della guerra fredda e l’America non può permettere che l’Italia, dove il partito comunista è sostenuto dalle masse, diventi un paese sovietico.
A Portella della Ginestra c’è una manifestazione del partito comunista e dei seguaci del partito. Improvvisamente, dalle montagne partono colpi d’arma da fuoco diretti sulla folla: una vera e propria strage. Francesco Rosi non emette una sentenza sull’accaduto, riporta semplicemente i fatti e insinua nelle nostre coscienze la domanda su quale sia davvero la verità.
Le mani sulla città, la speculazione edilizia a Napoli
Subito dopo questo film, Francesco Rosi gira Le Mani sulla Città, forse una delle sue pellicole più provocatorie, dove svela effettivamente perché le colline del Vomero e di Posillipo siano state riempite di cemento rovinando i paesaggi, perché le case dei quartieri e delle strette strade siano sempre così pericolanti e svela i morti, quelli delle case crollate, e la corsa ai piani di regolamento per la speculazione edilizia.
Il protagonista del film si chiama Eduardo Nottola, interpretato da Rod Steiger, conosciuto maggiormente per il film Giù la testa di Sergio Leone. Nottola è un costruttore edile che, con l’ausilio di un sindaco poco incline a seguire la legge, costruisce ovunque in città. Il crollo di una casa e i conseguenti morti e feriti provocano un forte scandalo che, secondo l’amministrazione, può essere messo a tacere solo con il dichiarare il terreno pericolante e sfollare gli abitanti della zona.
Lo sgombero è improvviso: si crea una vera e propria guerra di disperazione che non fa altro che accrescere lo scandalo. Alle elezioni il sindaco in carica perde ed il neo eletto si accorda con Nottola per ampliare ancora di più la città.
Il film vince il Leone d’Oro a Venezia e si dimostra lo specchio di una realtà non storica, non lontana, ma contemporanea all’epoca dell’opera.
L’incontro con Gian Maria Volonté
Il sodalizio tra l’attore Gian Maria Volonté e il regista inizia con il film Uomini Contro, che denuncia qualsiasi tipo di guerra raccontandola per come è davvero: una carneficina inutile. Il film gli è costato anche una denuncia per vilipendio, ma Rosi commenta così il suo film
“Ho descritto la guerra in modo quasi biologico per farne risaltare meglio l’orrore e l’assurdità”
Nonostante ciò, da questo film parte la collaborazione tra uno dei migliori attori italiani del tempo e un regista che stava rivoluzionando il cinema del tutto. Dalla loro intesa nasceranno capolavori come: Cristo si è fermato ad Eboli, Lucky Luciano, Il caso Mattei, tutti impegnati nello scavare nelle sporche faccende del paese, senza paura.
Esempio massimo del coraggio di Francesco Rosi lo si ha con il film Il caso Mattei, in ci si indaga sulla morte di Enrico Mattei, ingegnere che non fece smantellare l’ENI e la rese proprietà dello stato e competitiva nel mondo. Un atto che gli costò la vita in un attentato sul suo aereo privato.
Nel film si vede ripreso lo stesso Rosi che chiama Tullio De Mauro, braccio desto di Mattei, e gli chiede di indagare sulla faccenda, per spiegarla meglio al pubblico. De Mauro fu rapito giorni dopo e non fu mai più ritrovato. Questo evento scosse il regista a tal punto da decidere di investigare sempre in prima persona, anche per i suoi film futuri, senza mai più mettere a repentaglio la vita degli altri.
Fu ucciso anche un altro grandissimo regista italiano che seguiva lo stesso caso Mattei: Pier Paolo Pasolini, trucidato, sfigurato tanto che la stessa madre non riuscì a riconoscerlo. Il regista stava scrivendo un libro Petrolio, e stava cercando informazioni scomode che avrebbero generato una marea di scandali: il libro è rimasto incompiuto.
Per tutti questi motivi, per il suo coraggio, per la sua oggettività, per la sua voglia di cooperare con realtà e persone diverse, dobbiamo ricordare la figura di Francesco Rosi e i sui film, che ci insegnano a non dare tutto per scontato e a ragionare su come spesso la verità che ci viene propinata, non è altro che una grande bugia.
Bibliografia
La sfida della verità. Il cinema di Francesco Rosi, a cura di A. Tassone, G. Rizza, C. Tognolotti, Aida Edizioni, Firenze 2005
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