Nel cuore di Roma c’è la chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani, che fisicamente è la chiesa che dovrebbe rappresentare l’intero popolo di Napoli. D’altronde, parliamo della città che prima fu madre di tutte le culture, poi luogo d’incontro di tutti i suoi figli sparsi per l’Europa.
Oggi i discendenti dell’antica Roma visitano la città e la amano con la dolcezza di un figlio devoto: nell’infinita lista di tutti i discendenti dei popoli che un tempo erano parte dell’impero romano, non poteva mancare Napoli, città che è sempre stata cara a tutti gli antichi romani. In più di tremila anni di vicinanza, infatti, i rapporti fra Napoli e Roma sono sempre stati strettissimi.
Nel cuore della Roma più bella
Passeggiando sulla riva del Tevere, fra la Fontana del Mascherone e l’arco dei Farnese, c’è una chiesetta piccola e discreta che quasi si perde nel rosso dei palazzi di Roma, sulla quale compare un simbolo familiare appeso al muro: quello della casata reale dei Borbone, con sotto due lapidi firmate “FERDINANDO I” e “FERDINANDUS II“.
Il luogo in cui si trova è Via Giulia al Rione Regola, una delle strade più belle e lussuose di Roma che, molti secoli fa, fu il ritrovo di molte comunità italiane: dai Fiorentini ai Bresciani, fino ad arrivare proprio a quella dei Napoletani.
Fu Papa Giulio II, nel ‘500, a costruire questa strada per modernizzare la città ed espanderla, organizzando i nuovi quartieri: così, mentre Pietro di Toledo costruiva a Napoli la via più famosa della città, a Roma il Papa osservava la costruzione della Via Iulia sulla riva del Tevere, grazie agli investimenti dei ricchissimi banchieri fiorentini che, all’epoca, giungevano a Roma in cerca di affari.
Grazie ad investimenti molto consistenti, furono chiamati i migliori artisti dell’epoca per realizzare una via dalla bellezza indimenticabile: per tracciare la strada fu chiamato Bramante, per gli edifici fu prima ingaggiato Raffaello Sanzio, poi Michelangelo, poi ancora Domenico Fontana, il padre del Palazzo Reale di Napoli.
E così, nell’arte, nello sfarzo, nella potenza e nella ricchezza di una delle vie più belle di Roma, si immerge una chiesetta chiamata “Chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani“, la chiesa nazionale dei napoletani e dei Borbone, ancora oggi aperta. Ce n’è anche un’altra in Sicilia, dedicata sempre ai napoletani, con sede a Palermo.
La chiesa nazionale dei napoletani: origini
Nacque come “Chiesa di Santa Aura” in tempi remoti ed era un monastero di clausura finché non fu abbandonata e, nel 1574, la chiesa fu occupata dalla Confraternita dello Spirito Santo dei Napoletani, che si occupò di ricostruire di nuovo la chiesa e dedicarla alla grandissima comunità napoletana che già frequentava la Roma del ‘500.
Così, per ben 300 anni, la chiesa fu il punto di riferimento per tutti i napoletani presenti a Roma, finché non arrivarono i Borbone a consacrarla definitivamente: Ferdinando I, infatti, fu assai interessato alla chiesa romana e la visitò più volte, per rivolgere preghiere a San Gennaro.
Fu poi Ferdinando II ad affezionarsi così tanto alla piccola chiesa da commissionare una ristrutturazione della stessa, ad opera di Antonio Cipolla, uno dei più stimati architetti italiani del tempo: fu l’ultima modifica alla sua lunghissima storia.
Come in molte storie su Napoli, il finale è sempre lo stesso: arrivò Garibaldi e, con la spedizione dei Mille, pose fine al regno borbonico. Tante strutture antiche del regime napoletano andarono in rovina o furono sostituite da nuovi edifici post-unitari.
La chiesa accolse i borbonici
La chiesa romana, tuttavia, si salvò, anzi, acquistò sempre maggiore importanza proprio per i nostalgici dell’antico regime rifugiati a Roma e per la famiglia reale: fu sepolto Francesco II, l’ultimo re di Napoli, e nel 1934 lo Spirito Santo dei Napoletani fu eletta come “chiesa ufficiale del Regno delle Due Sicilie” fino a quando, nel 1984, i discendenti dei Borbone tornarono a Napoli nella chiesa di Santa Chiara.
Dopo un lungo periodo di abbandono ed incuria che avevano fatto valutare anche una eventuale demolizione, la chiesetta dei napoletani fu salvata grazie alle battaglie condotte dal monsignor Natalino Zagotto che la fece restaurare, rendendola ancora oggi visitabile ogni Domenica, con ancora quelle insegne dello Stato Pontificio e della Famiglia Reale che, nelle strade di Roma Capitale, sembrano quasi un paradosso della Storia.
-Federico Quagliuolo
P.S.
Ancora oggi la famiglia dei Borbone-Due Sicilie ha sede a Roma, precisamente a Via Sistina 121
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