Domenico Fontana, uno degli architetti svizzeri più famosi al mondo, fu l’inconsapevole scopritore di Pompei ben 200 anni prima della scoperta ufficiale.
Eppure è strano: le montagne innevate e lontane della Svizzera sembra che abbiano davvero poco in comune con il le dolci rive del Mar Tirreno.
Non è assolutamente vero. Anzi, nonostante il loro splendido isolamento fra le montagne, gli svizzeri ebbero sempre grande interesse nel mare e proprio a Napoli ci fu una delle più ricche e vive colonie svizzere d’Europa, sin dal Rinascimento: un sodalizio fra popoli che unì il fiuto per gli affari degli imprenditori alpini alla ricchezza del Sud Italia.
Se però i banchieri potentissimi, i fratelli Meuricoffre, affrontano l’oblio delle loro memorie con la silenziosa compostezza del popolo elvetico, lo stesso non accadde per Domenico Fontana, che lasciò in tutta la città testimonianze dei suoi lavori straordinari.
Origini ticinesi, cuore italiano
Fontana nacque nella piccolissima Melide nel ‘500, un paesino di circa 500 abitanti nel Cantone Ticino, in tempi assai particolari: la Svizzera stava infatti affrontando la maggiore emigrazione di giovani nella sua Storia.
Senza alcun futuro se non quello di modesti agricoltori, infatti, gli alpini si specializzarono nell’arte militare e dell’artigianato fino a diventare i soldati ed artigiani più bravi e famosi d’Europa, in un flusso migratorio che portò i mercenari e lavoratori svizzeri in ogni paese del Vecchio Continente. In questo contesto Domenico Fontana fu sin da giovane un grande amante della cultura e della Storia antica, sin da piccolo si diede agli studi dell’architettura e, come tanti suoi coetanei, a vent’anni partì verso l’Italia con il sogno di poter disegnare arte. E diventò architetto.
Dalle rive del lago Ceresio passò quindi prima su quelle del Tevere e, dopo aver raccolto successi ed enormi fortune grazie ai suoi progetti (riuscì a progettare il macchinario capace di alzare il pesantissimo obelisco al centro di San Pietro! Alzò anche altri tre obelischi, destando stupore in tutta Europa per la sua abilità), trovò poi accoglienza sul Golfo di Napoli come architetto dei viceré. Inizialmente fu richiesta la sua perizia per lavori di idraulica, poi gli fu affidata la progettazione del Palazzo Reale. Era l’anno 1594 e Domenico Fontana non avrebbe più abbandonato Napoli.
Un lavoro apparentemente semplice
Proprio in quei tempi Muzio Tuttavilla, conte di Sarno, acquistò il feudo di Torre Annunziata per sfruttarne i terreni agricoli. Fu quindi ingaggiato proprio lo svizzero Domenico Fontana, ritenuto il massimo esperto di ingegneria idraulica, per costruire un acquedotto moderno che garantisse forniture d’acqua al nuovo feudo. Con una stretta di mano ed una paga assai lauta si strinse l’accordo ed i lavori cominciarono.
Quando gli scavi cominciarono a toccare i terreni neri e cinerei dell’antica Pompei, però, cominciarono ad uscire dal terreno monete d’oro, lapidi ed iscrizioni in lingua latina su muri rossi che ospitavano mosaici e pavimenti di marmo perfettamente conservati: allo stesso Fontana furono notificati i ritrovamenti e, giunto fra gli scavi, cominciò a visionare di persona i reperti.
Capì che qualcosa non tornava e sotto i piedi c’era qualcosa di davvero grosso, ma non poteva nemmeno lontanamente immaginare che si trattasse di Pompei. All’epoca le conoscenze della città perduta non erano infatti sufficienti per lanciare tale supposizione.
Pompei scoperta per caso da Domenico Fontana
Come in una impossibile macchina del tempo, quelle mura rosse e quei reperti gli fecero apparire in mente le immagini studiate nei vecchi e rosicchiati libri delle biblioteche romane in cui aveva appreso l’arte dell’architettura.
Quelle scritte latine e quei mattoni dovevano essere solo l’inizio di qualcosa di molto grande, immenso, troppo importante per essere distrutto come stava accadendo a tutte le rovine romane di Napoli proprio in quegli anni, devastate per far spazio ai magnifici palazzi nobiliari del centro storico.
Fontana decise quindi di non indagare ulteriormente.
Quella breve esperienza sotterranea era infatti solo la punta di un iceberg che sarebbe stato scoperto ben 150 anni dopo dallo spagnolo Joaquin de Aucubierre, per conto di Re Carlo di Borbone. Anche lì, però, il primo direttore degli scavi cadde in errore: credeva di aver trovato le rovine di Stabiae.
La fine degli scavi: Pompei aspetterà
Il mondo, la società, i potenti del 1600 probabilmente non erano ancora pronti ad affrontare la magnificenza del popolo romano: Fontana decise quindi di sottrarre alla sua umana e breve vita la curiosità di scoprire cosa c’era sotto il terreno che stava cominciando ad esplorare. Altri, invece, sostengono che l’architetto svizzero sia semplicemente stato molto ignorante, cosa che lascia abbastanza perplessi considerando la levatura culturale del personaggio.
Quel che è molto probabile è che, se quelle pietre antiche fossero state scoperte proprio in quegli anni, probabilmente sarebbero state in fretta smantellate per costruire ornamenti e gioielli che avrebbero arricchito le case delle ricche famiglie napoletane e vesuviane.
Al netto delle speculazioni, quel che è certo è che Fontana ordinò l’interruzione degli scavi e si recò a parlare personalmente con Don Tuttavilla, nella speranza di riuscire a convincerlo modificare il progetto dell’acquedotto, ma il nobile, non comprendendo le reali motivazioni di tale richiesta, credette che l’architetto fosse giunto lì solo per chiedere un aumento della paga: lo congedò dicendo di continuare il lavoro e di non importunarlo ulteriormente.
Fu estremamente criticato dal committente per l’apparentemente inutile spreco di soldi, ma Fontana non rivelò mai la ragione delle sue scelte che apparvero insensate.
Perché Domenico Fontana non scoprì Pompei?
Non ci sono documenti che attestano con certezza le ragioni dietro la scelta di Fontana di non continuare gli scavi e quindi non è possibile dare una risposta certa.
Fra le teorie presentate dai tanti studiosi, si pensa anche che per l’epoca disseppellire una città sepolta fosse un sacrilegio. O, semplicemente, che l’architetto svizzero avesse preferito concludere il suo lavoro in modo pulito dato che costruire una struttura su un suolo ipoteticamente vuoto poteva compromettere la stabilità dell’acquedotto.
E intanto, dalle Alpi della Svizzera al Monte Vesuvio, il giovane Domenico Fontana non immaginava di aver appena scoperto i primi reperti di Pompei.
Il genio dell’architettura, inconsapevole, consegnò al futuro un antico dono con il dignitoso silenzio del popolo svizzero.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
https://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-fontana_%28Dizionario-Biografico%29/
https://www.progettostoriadellarte.it/2020/07/08/storia-degli-studi-su-pompei/
Lascia un commento