La regia casina del Chiatamone: tra storia e scandali
«Dalla strada larga e deserta si vede il mare del Chiatamone […]. Quando le nuvole s’addensano sul cielo e il vento tormentoso sibila fra i platani della villetta, allora la desolazione è completa, è profonda […]. E’ il Nord coi suoi fantasmi, con le sue nebulosità. È il mare che Dio – come dice la vecchia leggenda – ha fatto per i malinconici, per gli ammalati, per i nostalgici, per gl’innamorati dell’infinito».
Con queste parole di ispirazione squisitamente poetica (tratte dall’articolo “Il Mare” del 1900), Matilde Serao descrive una parte del litorale napoletano; nomina in particolare una villetta, conosciuta oggi come la regia Casina del Chiatamone.
Le feste nella Casina e Sara Goudar
La regia casina si trovava appunto in Via Chiatamone, strada che affacciava direttamente sul mare e doveva regalare una vista a dir poco splendida. Questo fino al 1862, quando l’architetto Enrico Alvino presentò il progetto di colmata a mare per prolungare via Chiatamone e congiungere i quartieri di Chiaia e S. Ferdinando.
La regia casina nel ‘700 apparteneva a Michele Imperiale, principe di Francavilla, che la rese famosa organizzandovi feste per nobili libertini, frequentate, per intenderci, da personaggi come Giacomo Casanova e Sara Goudar. Il primo è un personaggio ben noto, quest’ultima invece ha una storia molto particolare. Quando infatti la Goudar giunse nella Napoli di Ferdinando IV accompagnata dal marito Pierre Ange, diede subito inizio ad un’elegante bisca clandestina a Posillipo, che diventò in poco tempo la meta obbligatoria per gli sfrenati svaghi degli aristocratici. La fama della donna raggiunse le orecchie del re Ferdinando. I due si conobbero a Procida per un breve incontro: bastò questo per far scattare la passione e i due divennero amanti. Poco dopo però la povera Maria Carolina trovò delle lettere inequivocabili inviate da Sara al re e la decisione fu categorica: la donna doveva immediatamente lasciare il regno.
La regia casina nelle mani dei Borbone (e di Lady Hamilton)
Tornando alla nostra casina, alla morte del principe di Francavilla questa passò direttamente nelle mani dei Borbone. Come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio, infatti lo spirito degli ospiti non cambiò per nulla. Anzi, al posto di Sara Goudar arrivò la provocante Lady Hamiltn con le sue “attitudes”, danze e spettacoli succinti da far perdere la testa all’intera corte napoletana, re e regina compresi.
Con l’Italia unita
Con la cacciata dei Borbone del 1860 e l’unità d’Italia la regia casina del Chiatamone venne regalato niente poco di meno che da Giuseppe Garibaldi al romanziere Alessandro Dumas (padre), come ringraziamento per il supporto datogli durante la sua spedizione. Dumas infatti aveva intrapreso una crociera nel Mediterraneo, detta “Il grande viaggio di Ulisse”, proprio nel 1860. Dopo aver saputo della spedizione “dei Mille”, aveva rifornito i garibaldini di armi e vettovaglie con i soldi messi da parte per il suo tour. Consegnato il Sud a Vittorio Emanuele II, Garibaldi incaricò lo scrittore di fondare e redigere il giornale“L’indipendente”, la cui sede editoriale fu proprio la nostra casina fino al 1863, anno in cui Dumas si trasferì al numero 197 di via Chiaia. Non a caso, la strada che interseca perpendicolarmente via Chiatamone si chiama proprio Via Alessandro Dumas.
La regia casina dal ‘900 ad oggi
Nonostante lo sfarzo dei secoli precedenti, quello che resta della reale casina oggi è ben poca cosa e certamente non rende lo splendore che ha ispirato le belle parole di Matilde Serao. Nel corso del ‘900 ha infatti subito continui stravolgimenti strutturali e passaggi di proprietà. Buona parte dell’edificio è stato distrutto e ricostruito per svolgere le più svariate funzioni: albergo gestito prima dalla famiglia Washinghton e poi dagli Hassler, sede della facoltà di Economia e Commerci della Federico II ed infine, dopo il trasferimento di quest’ultima a Monte Sant’Angelo, semplice condominio.
Una delle poche raffigurazioni pervenuteci della villetta nei suoi tempi d’oro si trova su una gelatiera di porcellana del “Servizio dell’Oca”, prodotto dalla Real fabbrica di Capodimonte, e lì conservato.
Siamo ormai molto lontani dalla struttura originale, quella che tanto adorava la regina Maria Carolina. Eppure, aguzzando un po’ gli occhi, si possono ancora vedere logorate colonnine neoclassiche che ancora resistono al passare dei secoli.
Claudia Grillo
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