La strada del Cavone è letteralmente uno spaccato vivo della Napoli antica, quella che guardiamo nelle cartoline.
In realtà la strada si chiama Via Francesco Saverio Correra. Era un giurista e, nel 1838, fu il fondatore di una delle prime scuole private di avvocatura a Napoli.
Ma attenzione, non facciamoci sfuggire il primo dettaglio: partendo dall’alto, il primo dettaglio che ci attrae è il “buco” creato dal Fondaco di Santa Monica. È uno squarcio nel muro che ci fa rivivere l’atmosfera di quelle fotografie della Napoli di inizio ‘800 scattate da Sommer.
Il suo nome nasce dalla presenza della chiesa intitolata alla santa, che fino al 17° secolo ospitava anche un monastero.
Abbiamo avuto il primo assaggio della filosofia del Cavone. Ai tempi dei Borbone questa strada era frequentata anche dalla parte più benestante della città, come si può notare da diversi palazzi con ingressi monumentali. Si trattava per lo più di ex militari nei tempi antichi, mentre a metà ‘800 vissero da queste parti numerosi giuristi, fra cui lo stesso Correra.
La salita si chiamava “Strada del Cavone a Sant’Eframo Nuovo”, che si riferisce al monastero diventato oggi l’Ex OPG.
La salita, che già ad occhio è molto ripida, riusciamo a percepirla per bene all’altezza Vicolo II Cavone: c’è una frattura fra i palazzi che fa intravedere un piccolissimo pezzetto d’erba antico della collina sotto la quale ci troviamo.
Più in basso ci aspetta un’altra fotografia della Napoli che ci raccontava Matilde Serao.
Il Fondaco San Potito e il suo vicino, il Fondaco Ragno, sono due luoghi dalla storia molto triste.
Sono sfuggiti alle demolizioni del risanamento, ma si racconta che qui le persone vivessero letteralmente una sopra l’altra, decine in appartamenti di pochi metri quadri. Per giunta mancavano le fogne e qualsiasi altro sistema igienico, quindi si diffondevano con frequenza malattie di ogni sorta.
Notiamo un dettaglio, ovvero la reale altezza della strada. Nei vicoletti d’ingresso si notano degli archi murati: un tempo erano i reali ingressi delle case o delle botteghe, poi coperti perché la strada è stata rialzata per realizzare le fognature.
Ma attenzione. Se il viaggio ci sembra finito, sbagliamo di grosso.
Basta uscire da uno dei due fondaci per trovarci davanti al civico 22.
Proprio qui nacque Armando Diaz.
Si, non è un caso di omonimia: stiamo parlando proprio del Generale della Vittoria.
La famiglia Diaz non apparteneva alla nobiltà ricchissima dei Carafa, giusto per fare un nome d’esempio.
Erano dignitari spagnoli che si trasferirono a Napoli probabilmente ai tempi del vicereame. Poi la dinastia dei Diaz fece fortuna in città grazie alle arti militari. Il bisnonno di Armando fu infatti una delle guardie personali dei Borbone.
La presenza di questa casa è anche una fotografia della vita nel Cavone: ci sono due fondaci davanti a un palazzo nobiliare.
Se ci riflettiamo, questa strada è proprio la metafora di Napoli, in cui nobiltà e miseria convivono pacificamente come vicini di casa. Una situazione sociale mantenuta intatta nei secoli e che, per un visitatore del Cavone, spiega la “napoletanità” meglio di qualunque trattato di sociologia mai scritto negli ultimi due secoli.
La strada sbuca a Via Pessina, alle spalle di Piazza Dante, che invece si chiamava Largo Mercatello quando il Cavone viveva i suoi tempi migliori.
È incredibile pensare come alle spalle della piazza sia rimasta intatta la Napoli più vera. E questo ci spinge sempre di più ad esplorare la città: ogni percorso non turistico di Napoli è come un quadro del 18° secolo dimenticato dentro una cantina.
Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Gino Doria, Le strade di Napoli
Pietro Treccagnoli, La pelle di Napoli
https://digilander.libero.it/viacorrera/Storia.htm
http://www.ndonio.it/Napoli%20strade.htm
https://www.iris.unina.it/retrieve/handle/11588/567178/155308/I%20principi%20del%20Foro%20definitivo.pdf
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