Spesso non si valorizza abbastanza la storia medievale di Napoli. Eppure Roberto d’Angiò fu uno dei monarchi più famosi e affascinanti della nostra storia: senza di lui non avremmo Santa Chiara e Castel Sant’Elmo, ad esempio.
E non solo. Roberto amava profondamente la cultura, tanto da invitare a Napoli artisti leggendari come Petrarca e Boccaccio, passando per Giotto, Simone Martini e Tino da Camaino.
Oltre ai suoi tantissimi meriti, però, c’è anche una pagina misteriosa: il re era considerato un vero e proprio maestro di filosofia e arti divinatorie. Non a caso, infatti, era soprannominato “il saggio”.
La guerra fra Napoli e Sicilia
Nel 1287, anno in cui nacque Roberto d’Angiò, il Sud Italia era in profonda crisi. La dinastia degli Svevi era finita in un bagno di sangue dopo la battaglia di Tagliacozzo e la decapitazione del piccolo Corradino, ucciso a soli 16 anni a Piazza Mercato. Fu in quel momento che giunse Carlo d’Angiò in città (che oggi è ricordato con una statua a Palazzo Reale), per conquistare un posto privilegiato nel cuore del Mediterraneo.
Roberto fu il terzo re angioino di Napoli. Era nato a Santa Maria Capua Vetere (precisamente Torre Sant’Erasmo), ma quasi tutta la sua infanzia la passò lontano dal suo regno, dato che fu catturato da Ferdinando III d’Aragona e tenuto prigioniero in Catalogna. Poi, una volta liberato, rimase per molto tempo in Provenza per riconquistare i territori persi in Francia.
Gli Aragonesi, di origine catalana, e gli Angioini, di origini francesi, guardavano entrambi con interesse al Regno di Sicilia e per vent’anni ci fu una guerra senza quartiere fra le due casate, che finì con la pace di Caltabellotta e la divisione fra regno angioino “al di qua del faro” (con Napoli capitale) e aragonese “al di là del faro“ (con Palermo capitale). Era l’anno 1302 e gli Aragona avrebbero aspettato un altro secolo prima di mettere definitivamente le mani su Napoli. Nel frattempo Roberto fu incoronato nel 1309 come re di Napoli e, da quel momento, lavorò per rendere il Sud Italia una realtà importante nella politica d’Europa.
Un re saggio e discusso
Roberto amava la cultura e, secondo gli storici, fu anche un buon amministratore di Napoli. Fu addirittura paragonato a Re Salomone. Data la vastità del suo regno e la difficoltà di comunicazione fra le varie regioni, Roberto fu molto bravo nel lasciare a sua moglie Sancia ampie facoltà di governo su alcuni territori del regno, così come si affidò spesso ad altri parenti per gestire gli affari del territorio. Fu particolarmente attento al Piemonte e al centro-nord Italia, che all’epoca era una provincia angioina governata da Napoli.
Ricordiamo che furono proprio gli angioni a nominare Napoli capitale del Regno, dato che individuarono nella città un punto perfetto di comunicazione con il resto d’Italia, mentre Palermo era eccessivamente lontana dalle vicende europee.
Si attribuiscono al re di Napoli oltre 280 prediche e innumerevoli libri, molti indirizzati al Papa in persona. La sua biblioteca è citata da molti studiosi dell’epoca ed è testimonianza di una immensa apertura culturale: erano contenuti testi del filosofo musulmano Averroè, così come si racconta che era frequentata da molti studiosi ebrei. Più in generale si racconta che proprio Roberto d’Angiò amasse studiare e discutere di filosofia con gli intellettuali presenti alla sua corte.
Ci fu però un suo contemporaneo che proprio non lo amava. Stiamo parlando di Dante, che lo definì, riassumendo il concetto con parole moderne, un uomo “tutte chiacchiere e distintivo“. Il Sommo Poeta era contrario alle tendenze politiche degli angioini di Napoli.
Un re amante dell’occulto
Durante il medioevo, nonostante i tanti luoghi comuni che lo dipingono come un’epoca buia, ci fu un grande fascino verso l’esoterismo. E Roberto d’Angiò, che era un uomo di grande cultura, ne rimase profondamente affascinato. La sua corte era frequentata da maghi e alchimisti e lui stesso amava studiare materie per nulla legate alle dottrine della Chiesa, che negli anni del Medioevo era la potenza che controllava gli equilibri di tutta Europa.
Su di lui si diceva che avesse addirittura visioni del futuro e che sapesse leggere le carte. C’è un documento di Jean Froissart, uno dei più importanti storici francesi del Medioevo, che racconta di come Roberto d’Angiò fosse spesso convocato da altri regnanti d’Europa per leggere il futuro. Nel caso specifico, disse che “se il re di Francia avesse combattuto contro il re d’Inghilterra, sarebbe stato certamente sconfitto“. Una previsione forse anche un po’ di parte, se si pensa che Edoardo III d’Inghilterra era suo nipote.
Racconta il cronista che, in effetti, Filippo VI scelse la ritirata in battaglia nonostante una superiorità numerica schiacciante.
Per Napoli il rapporto con la magia non è una novità. Si potrebbe partire dalle leggende che circondano Virgilio e arrivare al misterioso Mausoleo Schilizzi, senza dimenticare l’incredibile Chiostro degli Incurabili. Ogni cosa ha sempre il suo lato misterioso ed esoterico.
Prima di Roberto ci pensò Federico II di Svevia a chiamare a corte maghi, alchimisti e altri personaggi provenienti dal mondo degli studi dell’occulto. Ma, si sa, Federico fu un personaggio completamente fuori dagli schemi: non meraviglia questa notizia.
Nel caso di Roberto, invece, la sua presenza era anche molto gradita al Papa, con il quale ebbe sempre ottimi rapporti e frequenti scambi di lettere. Questo lato “occulto” del re angioino è quindi ancora più sorprendente.
L’eredità di Roberto d’Angiò
Ancora oggi camminiamo nella Napoli angioina, anche se buona parte della città medievale è stata distrutta durante il Risanamento.
La “firma” che lasciò il re in città, però, è indelebile: da un lato basta guardare in alto per trovare Castel Sant’Elmo, sulla cima del Vomero. All’epoca si chiamava collina di Sant’Erasmo e i primi documenti ufficiali raccontano che Roberto “il saggio” ordinò la costruzione di una fortificazione sulla cima della collina, dove in precedenza c’era una piccola torre di osservazione normanna. I lavori furono affidati a Tino da Camaino.
Anche la moglie, Sancia di Maiorca, lasciò la sua traccia: fondò nel 1343 il primo orfanotrofio d’Europa, l’Annunziata. Poi passò la sua vita in convento. Allo stesso modo, accadde un fatto unico nella storia di Napoli: l’erede di Roberto fu la prima donna sul trono di Castel Nuovo: Giovanna I.
In basso, nel cuore del Centro Storico, in ogni panorama della città spicca il tetto verde della chiesa di Santa Chiara, che fu costruita sempre su ordine del re angioino.
Proprio Santa Chiara diventò poi la casa di tutti i regnanti napoletani: ancora oggi c’è la tomba di Roberto d’Angiò che riposa vicino ai sepolcri di Ferdinando II di Borbone e di tutta la sua famiglia, unendo 400 anni di Storia cittadina sotto un unico tetto che solo le bombe della II Guerra Mondiale furono capaci di distruggere.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
https://www.storiadifirenze.org/?temadelmese=maggio-1313-la-signoria-di-roberto-dangio
http://www.treccani.it/enciclopedia/roberto-d-angio-re-di-sicilia-napoli_%28Dizionario-Biografico%29/
http://www.historiaregni.it/roberto-dangio-un-re-mago-sul-trono-di-napoli/
http://www.ilportaledelsud.org/roberto.htm
http://associazione-legittimista-italica.blogspot.com/2014/07/roberto-dangio-un-re-mago-sul-trono-di.html
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