Comunemente si pensa che, per gustare un tartufo eccellente, bisogna bussare alle porte di Alba e Norcia. Non è così: in Campania c’è l’eccellente tartufo del Matese, conosciuto e apprezzato sin dai tempi di Ferdinando IV di Borbone.

Si tratta di un prodotto che è stato di recente rivalutato a livello nazionale, con l’ingresso di ben 20 città fra Caserta e Benevento nel circuito delle “Città del Tartufo”.

tartufo del matese
il Tartufo del Matese

L’oro delle montagne

Un po’ come le pepite d’oro, ma di colore nero, il tartufo del Matese è una eccellenza stranamente sottovalutata, che solo nel III Millennio è tornata alla ribalta grazie al lavoro di valorizzazione dei prodotti tradizionali portato avanti dall‘Associazione Micologica del Matese: prima del 2017 (anno in cui è stato riconosciuto il tartufo nero), in Campania era infatti famoso solamente il “tartufo di Bagnoli”, in provincia di Avellino. Si tratta di un prodotto non pregiato e molto economico rispetto al nero di Norcia e di altri prodotti famosi: basta pensare che un tartufo di bagnoli costa intorno ai 100-200 euro al chilo, mentre quelli più pregiati possono arrivare anche a 1800 euro. Anche i neri del Matese sono abbastanza economici, con un prezzo medio di circa 250 euro al chilo. Paradossalmente, sull’altro versante delle montagne, in Molise si produce invece il preziosissimo tartufo bianco.

Il Tartufo del Matese cresce invece sulle montagne che si trovano sul confine con la provincia di Isernia, e si trova sopra i 1000 metri. Più che nero, ha un colore marroncino e si raccoglie da ottobre a marzo, con una rigidissima regolamentazione degli enti pubblici per evitare fenomeni di bracconaggio o distruzione dell’ecosistema del Parco Regionale del Matese.

Ha un sapore dolciastro e il classico odore pungente che caratterizza questo particolare fungo sotterraneo e si usa per salse, oli, liquori e condimenti.

Associazione Matese Tartufo Nero
Logo dell’Associazione Micologica del Matese, sezione tartufi, dedicato al Tartufo Nero

Il Tartufo del Matese, un prodotto caro ai Borbone

Se c’è poco da dire sulla riscoperta moderna del tartufo del Matese, è ben diversa la storia antica.
Ai tempi di Ferdinando IV, le comunità della provincia di Terra di Lavoro erano ben conosciute dai re di Napoli: sulle montagne del Matese c’era una lunga tradizione di tartufai, che rifornivano direttamente le cucine della Corona di Napoli. Nel caso specifico, c’è il “Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli” di Lorenzo Giustiniani che menziona, nel primo libro, la presenza di “buoni e saporosi tartufi” dalle parti di Ailano. Non è quindi difficile presumere che, oltre al più noto tartufo di Bagnoli, che era sicuramente usato nella cucina di Ferdinando IV (particolarmente ghiotto di tartufi), ci siano stati anche i neri del Matese.

Si tratta anche di prodotti dalle qualità eccellenti: spiega “Nazione Tartufi” che la peculiarità unica dei prodotti campani è quella di resistere molto bene alla cottura, mantenendo inalterato il sapore.

D’altronde, i re di Napoli erano veri buongustai. E, quando si tratta di cucina, i gusti del buon Ferdinando I e II sono sempre una garanzia.

-Chiara Sarracino

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Sito web dei Tartufi del Matese e Associazione Micologica del Matese; Foto copertina di Regione Campania

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  1. […] Il tartufo matesino si dimostra sempre più un prodotto di qualità, forse per troppo tempo sottovalutato. Fino a qualche anno fa, in Campania era noto soltanto quello di Bagnoli, in provincia di Avellino. Grazie all’impegno di raccoglitori ed estimatori della zona, in particolare dei soci dell’Associazione Micologica del Matese, da qualche anno anche i neri dell’Alto Casertano hanno cominciato ad affermarsi per le caratteristiche organolettiche e per il costo non eccessivo. Il tartufo del Matese si trova sulle montagne a confine con il Molise. Dal colore marroncino, si raccoglie da ottobre a marzo, con una rigida regolamentazione degli enti pubblici, al fine di evitare danni all’ecosistema del parco regionale. Ha un colore dolciastro e il classico odore pungente e si usa prevalentemente per oli, salse, condimenti e liquori. All’epoca dei Borboni era presente nella cucina di Ferdinando IV, come è riportato nel “Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli” di Lorenzo Giustiniani (1797-1816) che menziona, nel primo libro, la presenza di “buoni e saporosi tartufi” dalle parti di Ailano (Chiara Sarracino in storienapoli.it) […]