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Può la camorra avere una sua “Costituzione”? Pare di sì.
Si chiamava “Frieno” ed è un testo a metà fra realtà e leggenda: un compendio di 26 regole scritte nel 1842 da un misterioso “contaiuolo“, tale Francesco Scorticelli. Dovrebbero essere la base della Bella Società Riformata.

Basterà pensare che, dopo la redazione di questo documento, si troveranno nuove tracce scritte di regole della Camorra solo negli anni ’70, con la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo.

Conosciamo il Frieno

Nel Frieno si tracciano regole di una società segreta criminale caratterizzata da una componente fortemente mutualistica (dove sono previsti sussidi per i membri in difficoltà) e dalla struttura piramidale: a capo dell’intera struttura c’era il Capintesta, poi i capizona e i camorristi. Esterni sono invece i giovinotti e i tammurri. Si tratta di una serie di divisioni che probabilmente erano più teoriche che pratiche.
I pochi documenti giunti a noi ci raccontano che di certo questi termini erano presenti nel linguaggio della criminalità napoletana ed indicavano per l’appunto persone affiliate alla Bella Società.

Interessante notare ad esempio la presenza di un tribunale, la “Mamma“, con tanto di una primordiale procedura penale, con vari gradi di giudizio e anche varie tipologie di assemblee. Anche in questo caso l’esistenza di un tribunale della camorra, seppur mai provato con documenti redatti dal tribunale stesso, è abbastanza plausibile, grazie anche alle tantissime fonti di polizia e letterarie che raccontano storie e decisioni di questo organo.

C’è poi una fitta disciplina sulle vendette e sul duello, che è uno dei momenti più importanti nella risoluzione delle controversie all’interno della criminalità: anche in questo caso è fondamentale

Frieno Statuto Guardugna
Il Frieno della Camorra prende diretto spunto dallo statuto della Guardugna del 1420

Il Frieno: tanti dubbi sulla sua esistenza

Sulla reale esistenza di questo documento ci sono moltissimi dubbi. Molti studiosi affermano infatti che non può esistere un documento scritto dalla camorra: la quasi totalità dei camorristi era analfabeta; per una società segreta sarebbe stato sconveniente lasciare tracce scritte; il sistema normativo della Camorra è storicamente sempre stato orale; il sistema di regole e valori della Bella Società era ampiamente conosciuto ed accettato dal popolo napoletano, tanto da non richiedere la redazione di un “testo di legge”. Oltretutto sarebbe stato folle per un camorrista affermare di essere un criminale.

Chi afferma invece la veridicità di tale documento parte dal presupposto che questo sia nato “per uso interno”, ovvero un atto da far circolare fra le mani del Contaiuolo e delle cariche più alte della Onorata Società. Una sorta di memorandum da tramandare e da insegnare a tutti i camorristi del futuro.

Allo stesso modo, si dubita anche sull’esistenza di Scorticelli: è mai esistito questo personaggio? Non è mai comparso in alcun documento al di fuori del frieno da lui stesso scritto e riportato da Mastriani e De Blasio rispettivamente in “I Vermi” e “Usi e Costumi dei Camorristi”. Oltretutto quasi tutti i camorristi erano completamente analfabeti: chi l’avrebbe mai potuto leggere, se non pochi eletti? Anche i capicamorra, come Ciccio Cappuccio, non sapevano né leggere né scrivere.

Marc Monnier, giornalista e storico francese del XIX secolo nelle sue ricostruzioni, si schierò decisamente contro l’esistenza del frieno, spiegando che era molto probabilmente frutto della fantasia di qualche giornalista o scrittore che, raccogliendo qua e là notizie e confessioni, ha realizzato con la propria creatività una legislazione della Camorra”.

D’altronde, il codice è decisamente ispirato allo statuto della Garduna del 1420: si tratta di un complesso di regole di un ordine cavalleresco spagnolo, tipici di quel tempo. Ne parla anche Cervantes quando menziona la confraternita del Monipodio.

Gli unici documenti originali che avrebbero potuto far chiarezza sulla veridicità del Frieno e sull’esistenza di Scorticelli si trovavano negli archivi di Polizia borbonici andati persi dopo l’Unità d’Italia.

Le regole del Frieno:

ART. 1  La Società dell’Umirtà o Bella Società Rìfurrnata ha per scopo di riunire tutti quei compagni che hanno cuore (che teneno core) allo scopo di potersi, in circostanze speciali, aiutare, sia moralmente che materialmente.

ART. 2  La Società si divide in maggiore e minore: alla prima appartengono i compagni cammurristi ed alla seconda i compagni picciuotti ed i giovinotti onorati.

ART. 3  La Società ha la sua sede principale in Napoli; ma può avere categorie anche in altri paesi.

ART. 4  Tanto i compagni di Napoli che di fuori Napoli, tanto quelli che stanno alle isole (relegati a domicilio coatto)o sotto chiave (in istato di detenzione) o all’aria libera, debbono riconoscere un solo capo, che è il superiore di tutti e si chiama capintesta, che sarà scelto tra i cammurristi più ardimentosi.

ART. 5  La riunione di più compagni cammurristi costituisce la paranza ed ha per superiore un caposocietà.

ART. 6  La riunione di più compagni picciuotti o di giovinotti onorati si chiama chiorma (ciurma) e dipende dal caposocietà dei cammurristi.

ART. 7  Ciascun quartiere deve avere un caposocietà o capintrito, che sarà, per votazione, scelto tra i cammurristi del quartiere e resta in carica per un anno.

ART. 8  Se tra le chiorme (paranze) vi fosse qualcuno di penna (cioè in grado di leggere e scrivere), allora, dietro parere del capintesta e dopo un sacro giuramento, sarà nominato contaiuolo.

ART. 9  Se tra le chiorme vi fosse qualcuno di penna, allora dal picciuotto anziano del quartiere sarà presentato al capintrito dal quale dipende e, dietro sacro giuramento, sarà nominato contaiuolo dei compagni picciuotti; ma se non si trovasse, allora il contaiuolo delle paranze farà da segretario anche nelle chiorme.

ART. 10  I componenti delle paranze e delle chiorme, oltre Dio, i Santi e i loro Capi, non conoscono altre autorità.

ART. 11  Chiunque sbelisce (cioè svela) cose della Società; sarà severamente punito dalle mamme (cioè dai tribunali della Camorra).

ART. 12  Tanto i compagni vecchi che quelli che si trovano alle isole o sotto chiave, debbono essere soccorsi.

ART. 13  Le madri le mogli i figli, le ‘nammurate dei cammurristi, dei pieciuotti e dei giovinotti onorati, debbono essere rispettate sia dai soci che dagli estranei.

ART. 14  Se per disgrazia qualche superiore trovasi alle isole, deve essere servito dagli altri detenuti.

ART. 15  Quattro cammurristi sotto chiave possono fra loro scegliersi un capo, che cesserà di essere tale non appena tocca l’aria libera.

ART. 16  Un membro della Società Maggiore, per essere punito, dovrà essere sottoposto al giudizio della Gran Mamma. Un membro della Società Minore sarà condannato dalla Piccola Mamma. Alla Gran Mamma presiede il capintesta e alla Piccola Mamma il capintrito o caposocietà del quartiere .al quale appartiene colui che deve essere condannato.

ART. 17  Se uno delle chiorme offendesse qualche componente delle paranze, il paranzuolo si potrà togliere la surrisfazione (soddisfazione) da sè. Awerandosi l’opposto, ne dovrà essere informato prima il capintesta.

ART. 18  Il dichiaramento si farà sempre dietro parere del capintrito, se trattasi di picciuotto o di giuvinotto annurato, e dietro parere del capintesta, se trattasi di cammurrista. Ai vecchi e agli scurnacchiati (cioè ai cornuti) sarà vietato di zumpà:cioè di battersi in duello rituale.

ART. 19  Per essere cammurrista o ci si arriva per novizio (cioè noviziato) o per colpo.

ART. 20   Chi fu compricato (implicato) in qualche furto o viene riconosciuto come ricchione; non può essere mai capo.

ART. 21  Il capintesta si dovrà scegliere sempre fra le paranze di Porta Capuana.

ART. 22  Tutte le punizioni delle Mamme si debbono eseguire nel termine che. stabilisce il superiore e dietro il tocco. Cioè, l’esecutore deve essere tirato a sorte.

ART. 23  Tutti i cammurristi e picciuotti diventano, per turno, cammurristi e picciuotti di jurnata.

ART. 24  Quelli che sono comandati per esigere le tangenti le debbono consegnare per intero ai superiori. Delle tangenti spetta un quarto al capintesta ed il resto sarà versato nella cassa sociale allo scopo di dividerlo scrupolosamente tra i compagni attivi, tra gli infermi e quelli che stanno in punizione per sfizio del Governo.

ART. 25  I pali nella divisione del baratto, debbono essere trattati ugualmente come gli altri membri della Società.

ART. 26· Al presente frieno, secondo le circostanze, possono essere aggiunti altri articoli.

Napoli, 12 settembre 1842
Il Contaiuolo Francesco Scorticelli

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