Il nome di Vico Melofioccolo ispira una simpatia innata e lascia immaginare chissà quale albero da frutto degno delle storie della Melevisione.
In realtà saremo ben delusi nello scoprire che non esiste più nessun albero in zona, trovandosi nel cuore del Porto di Napoli, ma questa piccolissima stradina ci regala un’atmosfera davvero speciale.
Palazzo Amendola a Vico Melofioccolo
Cominciamo con il notare due targhe che si trovano ai due lati del vicolo, sia sul lato di Via Sedile di Porto che sul lato che affaccia su Largo Banchi Nuovi. Spiegano che questo tratto di strada è stato ricavato dal cortile di un palazzo nobiliare. In effetti, se ci facciamo caso, è proprio vero: basta guardare il vicolo per capire di essere all’interno di un palazzo, con le decorazioni ai lati degli ingressi, tipiche dei cortili degli edifici nobiliari, e una fontana in gravissimo stato di degrado.
Questo palazzo apparteneva alla famiglia Amendola (come indicato anche nella targa sopra Vico Melofioccolo, che recita più o meno così: “Per utilità pubblica, gli inquilini aprirono questa strada nell’edificio di Niccolò Amendola. Anno 1714“. In realtà il nome Amendola nemmeno è corretto: originariamente il nome della famiglia era Melia nel Medioevo, poi Amella e infine Amendola.
Secondo Gino Doria è improbabile che Melofioccolo sia una qualsiasi storpiatura dell’originale nome “Melia“. Anche perché il palazzo è settecentesco, quindi quando la famiglia già si chiamava Amendola.
Ma adesso veniamo alla domanda più difficile: cos’è il melofioccolo?
Non si sa con precisione. Ci sono diverse supposizioni ed il Melofioccolo è ritrovato anche sotto la forma di “meloscioccolo” in diverse fonti napoletane antiche. Emmanuele Rocco lo identifica nell’albero di giuggiolo. Proprio lui, quello del brodo di giuggiole!
La giuggiola, nello specifico Ziziphus jujuba, ha origini orientali ed è un frutto tipicamente autunnale: il famoso brodo di giuggiole era già noto agli antichi greci ed è citato da Erodoto. I romani, poi, lo consideravano un albero portafortuna e legato alla dea Prudenza: furono proprio loro a diffonderlo in tutto il Mediterraneo, spesso usandolo come ornamento nei giardini delle ville. Il brodo di giuggiole, invece, è di origine norditaliana: furono i Gonzaga, nei loro colossali banchetti rinascimentali, a far produrre per la prima volta un liquore a base di giuggiole (erano presenti anche mele, uva, melograni ed altri prodotti della terra autunnali): fu poi l’Accademia della Crusca a codificare nel primo dizionario di Italiano l’espressione, indicandola come “situazione di estrema gioia“, in quanto il brodo di giuggiole era servito alla fine dei banchetti come digestivo.
Il Vico Melofioccolo napoletano è quindi probabilmente riferito allo stesso albero, ma con il suo nome regionale che, con il passare dei secoli, ha abbandonato il parlato comune. D’altronde, anche a Materdei c’era un altro Vico Melofioccolo, oggi diventato Via Roberto Savarese.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Gino Doria, Le strade di Napoli, Ricciardi Editore, Milano, 1982
Romualdo Marrone, Le strade di Napoli, Newton Compton, Napoli, 1994
https://www.brodogiuggiole.it/brodo-giuggiole/
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