Ancora oggi è famosa in tutto il Sud Italia. Si chiamava “Cupita” (o Copeta) e si trattava di una preparazione di grano, miele e nocciole che nei tempi antichissimi si offriva alle persone che avevano avuto un lutto.
Si racconta che, dopo l’umiliante sfilata punitiva sotto il giogo dei buoi dell’esercito romano sconfitto alle Forche Caudine i sanniti, impietositi dai lamenti di alcuni soldati, avessero offerto da mangiare ai soldati romani più disperati, nella lunga strada verso Roma, un piccolo dolcetto consolatorio che consisteva proprio in una preparazione morbida di nocciole, tipiche della zona irpina, e di grano.
Proprio come la Copeta, antenata del torrone, anche l’usanza del “consuolo” è giunta intatta fino ai giorni nostri.
Copeta, Cupita o Cupida?
I nomi sono tanti, il senso è lo stesso. Tantissimi paesi rurali in Puglia, in Calabria e nella provincia di Benevento, infatti, condividono nelle proprie tradizioni la presenza di questo dolce preparato con ingredienti molto simili: grano, miele, uova e nocciole.
In realtà, a ben vedere, la presenza del termine “Copeta” è presente in tutto il Mediterraneo e diventa difficile riuscire a tracciarne gli spostamenti: in un documento del 1287 di un tale De Citella, un palermitano, si fa menzione di un dolce chiamato “cubaita” che, a sua volta, deriva dall’arabo qubbayt. Significava “mandorlato“. Insomma, siamo certi che la preparazione del dolce abbia fatto il giro del Mare Nostrum. C’è un’ultima teoria che lega il nome a Cupido, dio dell’amore.
L’unica certezza, però, è che già ai tempi dei Romani si celebrava la “copeta” o “cupita” beneventana ed era un dolce abbastanza noto in tutto il Sud Italia.
Benevento: cardone e cipolle, cervellate, copeta e corde
Vincenzo Corrado, Notiziario delle produzioni particolari del Regno di Napoli
Anche Giambattista Basile, ne “Lo Cunto de li Cunti” menziona la Copeta nella novella di Peruonto, indicando sempre la stessa preparazione di nocciole, miele e grano miscelati con sapienza dai “mastri copetai”.
Il dolce, come abbiamo visto, esiste ancora ai giorni nostri in tutto il Sud Italia e nella tradizione della Campania esiste ancora in tre versioni: quella originale, addolcita col miele (dato che lo zucchero giunse in Europa dopo le crociate) che sembra simile a una sorta di croccante alle nocciole (in altre parti d’Italia invece è con le mandorle), quella bianca, fatta con una pasta di grano e nocciole, e quella con l’aggiunta di cioccolato nell’impasto, di recentissima invenzione.
Ed oggi, con l’usanza del torrone del giorno dei morti, c’è ancora un legame antichissimo fra la Copeta e quell’antica tradizione del consuolo che ci ricordano quante eredità del mondo antico sopravvivono nelle nostre vite.
-Chiara Sarracino
Riferimenti:
La-copeta-fatti-e-misfatti-Di-Armando-Polito-vesuvioweb-2014.pdf
Lascia un commento