A Napoli, all’inizio del ‘900, molte aree della città erano ancora in una condizione di grande arretratezza sociale ed economica, nonostante il celebre “Risanamento“, che avrebbe dovuto costituire una boccata d’aria fresca per il centro cittadino, ora profondamente mutato dagl imponenti palazzoni di Corso Umberto I e dintorni. Uno degli aspetti più preoccupanti riguardava i bambini e ragazzi che abitavano in condizioni malsane, scarsamente o per nulla istruiti e senza prospettive future.
Quale migliore occasione, tra le tante già colte senza indugio dal Governo dell’epoca, perché lo Stato “mostrasse i muscoli” ancora una volta, incominciando la costruzione di un’istituzione che si proponeva come soluzione ai problemi della più povera gioventù napoletana: è così che nacque il Collegio Costanzo Ciano di Bagnoli.
Il collegio Ciano
Il 2 gennaio 1939, mentre a Fuorigrotta si cominciava a parlare di Mostra delle terre d’oltremare, a Bagnoli incominciò la demolizione dello storico quanto fatiscente rione Castellana, perchè era già pronto un dettagliato progetto, interamente finanziato dal Banco di Napoli, per ciò che lo avrebbe sostituito: una vasta struttura, pronta ad accogliere 2500 minori, sia ragazzi che ragazze, purchè provenienti da contesti difficili, con lo scopo di garantire loro una completa formazione su tutti i fronti, dagli argomenti scolastici all’attività fisica, comprendendo un addestramento militare di base. Il tutto contornato dalla tipica dottrina fascista.
Incominciati i lavori, nei pressi della collina di San Laise i lavori proseguirono ininterrottamente, guidati dall’ingegnere Francesco Silvestri, fino al 9 maggio 1940, in cui furono completamente conclusi. In poco più di un anno, sorse un imponente complesso di circa 30.000 metri quadrati, affacciato sul golfo di Pozzuoli.
Era costituito da due sezioni, una maschile e una femminile, cinque dormitori, due scuole, due infermierie, una chiesa, un teatro, uno stadio, ampi spazi verdi, numerosi viali e perfino officine, lavanderie e panetterie.
All’inaugurazione, in presenza di Vittorio Emanuele III, la struttura, che inizialmente si chiamava “Istituto per i figli del popolo di Napoli“, fu dedicata a Costanzo Ciano, presidente della camera dei fasci e delle corporazioni morto pochi mesi prima, nonchè padre di Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini.
La guerra e il nuovo destino del collegio
L’unica occasione che vide effettivamente presenti dei giovani all’interno della struttura che era stata loro dedicata fu proprio l’inaugurazione: con l’entrata in guerra dell’Italia, proprio nel 1940, all’intero complesso fu cambiato destino. Infatti, questo divenne una base militare dell’Asse. Destino che non avrebbe mai più abbandonato.
La base militare, fortemente danneggiata dai bombardamenti, vide l’ennesimo passaggio di mano poco tempo dopo, poichè, nel 1943, dopo le celebri quattro giornate di Napoli e l’ingresso degli Alleati in città, fu requisita da questi ultimi.
Dopo la guerra: da campo profughi a base NATO
Tutto il complesso fu occupato dalle truppe britanniche fino al 1947, per poi passare all’International Refugee Organization, un’organizzazione che si occupava delle persone che, al termine della guerra, non potevano tornare nel loro territorio d’appartenenza, che trasformò l’oramai ex collegio in un campo profughi, soprattutto provenienti dall’Istria.
Con lo scioglimento dell’I.R.O., avvenuto nel 1952, il complesso ospitò la NATO, su concessione della Fondazione Banco di Napoli, tutt’oggi esistente.
A partire da quell’anno, furono attuate alcune significative ristrutturazioni: fu aggiunto un eliporto, molti edifici furono adoperati come uffici e fu perfino costruito un bunker.
La permanenza della “Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord” è stata di ben 59 anni! Infatti, la fine dell’indirizzo perlopiù di tipo militare del complesso, ad oggi nettamente modificato nelle strutture rispetto all’originale, è datata 2012.
A partire dal 2013, questa travagliata proprietà è giunta nelle mani della Regione Campania. Attualmente, è stata sede di alcuni eventi, ma, nonostante ci siano vari progetti, non ha ancora imboccato la strada di un vero e proprio nuovo utilizzo.
La base, recentemente, ha visto la realizzazione di steet art per il “Progetto Acqua“.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
“L’istituto per i figli del popolo di Napoli“, di Giovanni Menna
Lascia un commento