Villa delle Ginestre sorge su una collina di Torre del Greco, da dove è possibile ammirare da un lato Capri e il golfo di Napoli e dall’altro l’imponente Vesuvio. Costruita sul finire del Seicento, è nota per aver ospitato Giacomo Leopardi nei suoi ultimi anni di vita e per aver ispirato la lirica “La ginestra“, da cui la villa prende il nome attuale. La dimora apparteneva infatti a Giuseppe Ferrigni, cognato di Antonio Ranieri, amico intimo di Leopardi.
Il soggiorno napoletano di Leopardi
Leopardi raggiunse Napoli nel 1833, nella speranza che il clima potesse essere di conforto per la sua fragile salute. Qui visse fino alla sua morte nel 1837, spostandosi tra l’area suburbana di Capodimonte e l’allora Villa Ferrigni, messa a disposizione dal cognato di Ranieri, a Torre del Greco. Il suo corpo venne seppellito inizialmente nella chiesa di San Vitale Martire a Fuorigrotta, e spostato in seguito nel parco del Parco Vergiliano a Piedigrotta, in occasione del centenario dalla morte.
Il soggiorno in campagna presso Villa Ferrigni fu motivato dalla diffusione del colera a Napoli nel 1836. La dimora venne infatti ritenuta abbastanza isolata per proteggere il poeta dall’epidemia. La collina su cui la casa sorge si trova in un’area all’epoca caratterizzata dagli accumuli di diverse colate laviche e dalle ginestre che ispirarono il poeta.
L’ispirazione alle falde del Vesuvio
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco
(Giacomo Leopardi, La ginestra o Il fiore del deserto, 1836)
Leopardi identificò nel Vesuvio, già distruttore di Pompei e Ercolano, la forza invincibile della natura. L’eruzione vulcanica è paragonata nel testo a un piccolo frutto che, caduto dall’albero, distrugge tutto quello che le formiche hanno costruito. La stessa indifferenza, secondo Leopardi, prova la natura verso gli uomini.
Il poeta trovò però nella ginestra vesuviana il modo per rappresentare l’accettazione della superiorità della natura. La lirica, scritta nel 1836, esalta infatti il fiore in quanto capace, diversamente dagli uomini, di non illudersi. La ginestra piega il suo fusto solo davanti alla natura, senza supplicarla o provare a sconfiggerla. Non crede di essere il centro dell’universo, ma anzi lo contempla dolcemente nella sua innocenza.
La fragilità della bellezza vista da Villa delle Ginestre
Il panorama che offre Villa delle Ginestre mostra contemporaneamente armonia e distruzione. Il sirenico profilo di Capri si scorge in lontananza mentre lo sterminator Vesevo domina dall’alto la dimora. Il quadro che la villa mostra è di una bellezza estremamente fragile, di cui innamorarsi senza però farsi illusioni. Più che un’ampia vista, la villa ci regala una filosofia di vita, insegnandoci come diventare parte del paesaggio.
La forza della natura rivela da lassù i limiti umani nel cercare di dominarla e al tempo stesso suggerisce di apprezzare la bellezza del mondo così com’è, con tranquillità e senza paura di mostrare le proprie debolezze. Leopardi ritiene nobile uno spirito quando capace di percepire il dolore e la sofferenza della propria condizione, di mostrare la propria fragilità con coraggio e dignità. Tale consapevolezza può portare gli uomini a unirsi e a essere solidali per fronteggiare le avversità della natura, la “social catena” di cui parla nel canto, ponendo fine all’assurdo odio reciproco che porta i popoli a farsi la guerra da soli.
Visitare Villa delle Ginestre
Villa delle Ginestre appartiene dal 1962 all’Università Federico II di Napoli ed è gestita dalla Fondazione Ente Ville Vesuviane che ne permette la visita. Il suggestivo scenario della villa ben si presta poi a ospitare eventi di vario genere.
Punto d’incontro strategico tra Capri e il Vesuvio, Villa delle Ginestre sintetizza in una terrazza due dei simboli campani più noti al mondo e forse anche il modo di vivere napoletano, abituato a fare i conti con tante difficoltà in un mare di bellezza. Il poeta originario di Recanati rimase infatti affascinato dalle abitudini di Napoli e in particolare si innamorò delle sue bontà culinarie.
Si racconta che Leopardi, nei caldi pomeriggi napoletani, fosse solito farsi una scorpacciata di gelati. Addirittura, secondo lo scrittore Alberto Savinio, fu proprio la passione del poeta per gelati e sorbetti a causarne la morte, mettendo eccessivamente alla prova il suo debole fisico. Si potrebbe pensare che Leopardi scelse di affrontare la morte con la fierezza della ginestra e l’ironia dei napoletani. Non provò a ribellarsi alla sua naturale e infelice condizione di salute, ma si arrese “dolcemente” alla vita mentre ne assaporava la bellezza.
Visitare Villa delle Ginestre è oggi uno dei modi migliori per avvicinarsi al pensiero leopardiano, attraverso la stanza che ospitò il poeta, contemplando i paesaggi che lo ispirarono e magari gustando un delizioso sorbetto mentre ci si perde nell’orizzonte.
Riferimenti:
Si ringrazia la Fondazione Ente Ville Vesuviane per le immagini dell’articolo.
- Alessandro Castagnaro; Passeggiando per la Federico II; 2019
- Pietro Citati; Leopardi; 2010
- Giacomo Leopardi; Canti; 2011
- Giacomo Leopardi; Ricette per la felicità: Antologia leopardiana per il piacere di vivere meglio; 2015
- http://www.villevesuviane.net/villa-delle-ginestre/
- http://www.centrostudileopardiani.it/giacomo-leopardi/