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Vitale d’Aversa. Nome strano, assai strano, per un saraceno. E invece davvero era un cittadino campano a capo di un esercito arabo.
Erano infatti i tempi di Federico II, l’imperatore Svevo che nella corte accolse tantissimi esponenti dall’oriente in un clima di grande integrazione multiculturale. Era stato scomunicato dal Papa proprio per la sua politica ribelle e indipendente: e, in anni di formazione dello Stato, fu proprio un ordine dell’imperatore a far partire l’assedio di Assisi del 1244, quando la città fu saccheggiata e devastata dalle truppe islamiche guidate proprio da un aversano.

Vitale D'Aversa chiesa san francesco ad Aversa
La chiesa di San Francesco ad Aversa, con l’affresco che mostra Vitale D’Aversa e Santa Chiara che lo fa fuggire

Un aversano a capo dei saraceni

Di Vitale d’Aversa sappiamo davvero molto poco, se non il fatto che il suo ritratto si trova addirittura all’interno della chiesa di San Francesco, al centro della sua città d’origine. In realtà, però, è ricordato assai male: nel dipinto è infatti ritratto mentre fugge, assieme ai suoi compagni d’arme, terrorizzato dall’ira di Dio scatenata dalle preghiere di Santa Chiara.

La sua storia riusciamo a ricostruirla con fonti indirette: era un capitano di ventura fedelissimo agli Svevi e soprattutto amico strettissimo di Federico II, tanto da ricevere il comando dell’intero esercito di 20.000 saraceni pugliesi, che rappresentavano una delle formazioni militari più fedeli dell’imperatore svevo. Erano di stanza a Lucera.
Non sappiamo quando nacque e tantomeno quando morì, ma abbiamo notizia della sua abilità straordinaria in combattimento.

Giunto a Viterbo, città fedelissima al Papa, si guadagnò a suon di stragi di pecore e bestiame l’ubbidienza dei pastori viterbesi. Poi, con impiccagioni e battaglie violentissime, riuscì a mettere a tacere l’intera provincia cittadina. Si racconta che Vitale d’Aversa fosse sempre in prima linea nelle cariche di cavalleria.

Saraceni Federico II
I saraceni di Federico II

L’assedio di Assisi

L’episodio dell’assedio di Assisi si inserisce in un conflitto enorme che stava dividendo l’Italia: Guelfi e Ghibellini erano infatti le fazioni alleate e contrarie allo Stato della Chiesa.

Giunta la notizia ad Assisi dell’avanzata dell’esercito di saraceni, si sparse il terrore. Tutti i cittadini fuggirono a gambe levate nelle campagne e nelle città vicine, chi non poteva andare da nessuna parte, invece, si asserragliò in casa. Si chiusero le porte e si rinforzarono le mura, in attesa dell’assedio.

Rimaneva fuori dalle mura il convento di San Damiano in cui riposava Santa Chiara, cinquantenne, colpita da una grave malattia che presto l’avrebbe portata alla morte. Le monache, fedelissime, cominciarono a pregare disperatamente chiedendo la grazia a Dio. Alla fine arrivò alle porte della città l’esercito di Vitale d’Aversa. Il condottiero campano mandò un messo per chiedere ai cittadini di arrendersi e onorare simbolicamente Federico II: nessuno si sarebbe fatto male in quel caso.

I cittadini attendevano. Cercavano di prendere tempo, nella speranza di ricevere truppe in supporto per respingere un esercito molto più numeroso guidato da un condottiero esperto e sanguinario. Alla fine Vitale capì il trucco e, furioso, lanciò il suo esercito all’assedio della città: fu un bagno di sangue, come spesso capitava in quegli anni.

Il miracolo di Santa Chiara

Qui la leggenda si fonde con la realtà. Le fonti cristiane ci raccontano orrori senza fine, degni delle peggiori fantasie.

Ed è anche qui che compare la storia del “miracolo di Santa Chiara” che, nonostante quasi non riuscisse a tenersi in piedi, sentì i pianti delle sue consorelle e decise di raccogliere le ultime forze per uscire dal monastero pregando e invocando l’intervento di Dio.
Si racconta che addirittura all’alba del 22 giugno 1244, davanti agli occhi di Chiara, si aprì il cielo e il Padreterno in persona, con tuoni e un turbine gigantesco, terrorizzò i soldati saraceni facendoli letteralmente volare via assieme alle tende dei loro accampamenti.

In realtà, l’assalto andò a buon fine e Assisi tornò a far parte del territorio imperiale circa 50 anni dopo l’invasione di Federico Barbarossa, nonno dell’imperatore svevo. Santa Chiara, dal canto suo, sopravvisse per altri 10 anni, diventando una delle figure femminili più amate dal cattolicesimo.

Di Vitale D’Aversa non si seppe molto dopo quell’episodio, ma probabilmente continuò a servire l’imperatore e la causa ghibellina. Alla fine, però, la bilancia della Storia premiò il Papa: con un’immensa attività diplomatica portata avanti a Lione con la monarchia francese, infatti, riuscì a organizzare un enorme blocco di potere per isolare Federico II e spegnere le sue mire imperiali. Manfredi, il figlio, poté fare molto poco.

Fu stabilita una nuova capitale, Napoli, e la nuova dinastia angioina porterà in città numerosi ordini religiosi, fra cui quello delle clarisse che era carissimo a Sancha di Mallorca, moglie di Roberto d’Angiò. È infatti intitolata proprio a Santa Chiara una delle chiese più belle e importanti di tutta la città.

-Federico Quagliuolo

Vitale D'Aversa
Santa Chiara fa fuggire i saraceni ad Assisi. Si notano bene il moro e il condottiero campano, Vitale D’Aversa.

Riferimenti:

Storia di Assisi – Google Books
I DUE ASSALTI DEI SARACENI A S. DAMIANO E AD ASSISI on JSTOR
I Saraceni di Federico II (dai Fioretti di Santa Chiara) (amicidilazzaro.it)
Delle storie d’Asisi libri sei – Google Books

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