Ingebord Bachmann a Napoli
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Ingeborg Bachmann a Napoli trascorse del tempo prezioso per la sua produzione artistica.

La città, d’altra parte, è sempre stata un polo attrattivo molto forte per intellettuali e visitatori da tutto il mondo. Sin dai tempi del Grand Tour, infatti, giovani, studenti, musicisti, poeti affollavano le vie partenopee, alla ricerca di storia e ispirazione per la propria arte.

Tra queste non si può non menzionare la visita di Ingeborg Bachmann a Napoli e l’amore che la poetessa austriaca provava verso la città.

Piccola biografia di Ingeborg Bachmann

Ingeborg Bachmann (Klagenfurt, 25 giugno 1926 – Roma, 17 ottobre 1973) è stata una poetessa, scrittrice e giornalista austriaca.

La sua breve vita è stata sempre legata alla fuga. La voglia di visitare e vivere luoghi nuovi è il motivo che lega Ingeborg Bachmann a Napoli.

Nel corso della sua carriera ha ottenuto diversi riconoscimenti letterari, tra cui il massimo premio letterario Büchner Preis, fino a prestare il suo nome a un importante premio che si tiene annualmente della sua città natale.

La sua poesia e la sua “prosa lirica” sono ricche di motivi ideologici e puntano fortemente sul tema delle difficoltà di una generazione cresciuta dopo gli orrori della guerra.

Le sue parole si sciolgono nella dimensione d’un linguaggio spesso tormentato e astruso, talvolta più lucido e pulito, ma sempre autentico.

La vita di Ingeborg Bachmann finì a causa di un incendio nella sua casa romana di via Giulia, provocato da una sigaretta che accidentalmente incendiò la sua vestaglia di nylon, durante un attacco di torpore, verosimilmente indotto da alcuni medicinali che stava assumendo come tranquillanti per superare un periodo di stress da superlavoro.

Ingeborg Bachmann a Napoli, dove e quando?

La poetessa austriaca amò molto l’Italia, dove decise di trasferirsi, ed amò molto Napoli.

Molto spesso e per lunghi periodi di tempo Ingeborg Bachmann a Napoli era ospite del musicista e compositore tedesco Hans Werner Henze, nella sua villa all’Arenella, Villa Rotondo.

Con lui, a partire dalla metà degli anni Cinquanta e dopo un breve soggiorno ad Ischia, iniziò una lunga e fruttuosa collaborazione. La poetessa lavorò assieme a Henze come librettista per le opere “Der Prinz von Homburg” (1958, basata su in testo di Heinrich von Kleist) e “Der junge Lord” (1964). 

Ingeborg Bachmann a Napoli
Ingebord Bachmann e Hans Werner Henze

Le poesie di Ingeborg Bachmann a Napoli

Ingeborg Bachmann a Napoli compose uno dei suoi Canti lungo la fuga, traduzione italiana di Lieder auf der Flucht (adito nel 2002, nella traduzione di Luigi Reitani).

Fuga, “Flucht”, è un termine che ricorre spesso nel lessico poetico della Bachmann; i suoi versi sottendono spesso un movimento, un allontanamento o, al massimo, delle soste precarie e momentanee, proprio come quella di Ingeborg Bachmann a Napoli.

Questa la poesia, ispirata da una fortissima ed insolita nevicata a Napoli, che disegna un‘immagine cupa e dolorosa della città, in una delle brevi soste di una vita interiore da fuggitiva.

Canto IV

Freddo come non mai è penetrato.
Volanti commandos giunsero dal mare.
Con tutte le luci il golfo si arrese.
La città è caduta.

Innocente e prigioniera
nella sottomessa Napoli,
dove l’inverno
pone sul cielo Vomero e Posillipo,
dove i suoi bianchi lampi fanno strage
dei canti,
e l’inverno i suoi rauchi tuoni
pone nel giusto.

Sono innocente e sino a Camaldoli
i pini toccano le nuvole;
e senza conforto, ché le palme
presto non sfalderà la pioggia;

senza speranza, ché non potrò sottrarmi,
anche se il pesce rizzasse a difesa le pinne
e la bruma sulla spiaggia invernale,
scagliata da onde sempre calde,
si ergesse a muro,
anche se i flutti
fuggendo
chi fugge
alla vicina meta sollevassero.

L’altra poesia napoletana della Bachmann è Canti di un’isola, nella sezione Poesie Italiane del volume Invocazione all’Orsa Maggiore, ispirata dalle atmosfere popolari ed uniche dell’isola di Ischia.

Ingeborg Bachmann a Napoli

Quando la Bachmann arrivò a Forio era l’agosto del 1953 e il paese era in festa per San Vito, il Santo protettore della vite e del vino.

Gli alberi, il canto delle cicale e i fichi da mangiare con le mani e il formaggio di capra, la luce, l’odore del mare e i frutti di alle pareti delle case lungo le strade, il via vai delle barche ad agosto, i riti della vendemmia e ancora le preghiere di un popolo devoto stupirono e conquistarono per sempre il cuore della poetessa austriaca.

Canti di un’isola

Frutti d’ombra cadono dalle pareti,
luce lunare intonaca la casa,
e cenere di spenti crateri
entra col vento marino.

Tra gli amplessi di bei giovinetti
dormono i litorali,
la tua carne rammemora la mia:
già mi era incline
quando le navi
abbandonavano la sponda e croci
grevi della nostra spoglia mortale
facevano da alberature.

I luoghi di supplizio sono deserti, adesso:
ci cercano e non ci trovano.

Quando tu risorgi,
quando io risorgo,
non vi è pietra davanti alla porta,
non vi è barca sul mare.

Domani i tini rotoleranno
incontro alle onde domenicali;
noi arriveremo alla spiaggia,
coi piedi unti, laveremo i grappoli
e pigeremo a vino la vendemmia,
domani alla spiaggia.

Quando tu risorgi,
quando io risorgo,
il carnefice è appeso al portale,
il martello s’inabissa nel mare.

Dovrà venire la festa, un giorno!
Sant’Antonio, tu che hai sofferto,
san Leonardo, tu che hai sofferto,
san Vito, tu che hai sofferto.

Largo alle nostre preghiere, largo
a chi prega, largo alla musica e alla gioia!
Abbiamo imparato il candore,
ci uniamo al coro delle cicale,
mangiamo e beviamo,
le gatte magre strisciano
intorno alla nostra tavola:
fin che comincia la messa serale,
io ti tengo per mano
con gli occhi,
e un cuore tranquillo e coraggioso
a te sacrifica i suoi desideri.

Miele e noci ai bambini,
reti colme ai pescatori,
fecondità ai giardini,
luna al vulcano, luna al vulcano!

Oltre i limiti divampano le nostre scintille,
oltre la notte fanno ruota i razzi,
la processione sopra buie zattere
si allontana e il tempo cede
al mondo preistorico,
ai sauri striscianti,
alle piante lussureggianti,
ai pesci febbrili,
alle orge di vento e alle voglie
della montagna, dove una stella
devota si smarrisce, sul petto
le cade e si sfrange.

Siate perseveranti adesso, o santi stolti:
al continente dite che i crateri non hanno pace!
San Rocco, tu che hai sofferto,
o tu che hai sofferto, San Francesco.

Quando uno parte, deve gettare
in mare il cappello pieno di conchiglie
raccolte durante l’estate,
e andarsene con i capelli al vento.
Deve scagliare in mare la tavola
apparecchiata per l’amato,
deve versare in mare il vino
avanzato nel bicchiere,
dare ai pesci il suo pane
e mescolare al mare una goccia di sangue.
Deve infilare bene il coltello
dentro le onde e affondarci le scarpe,
cuore, àncora e croce,
e andarsene coi capelli al vento!
Allora sì, ritornerà.
Quando?
Non domandare.

Vi è fuoco sotto la terra,
e il fuoco è puro.

Vi è fuoco sotto la terra,
e roccia liquida.

Vi è un fiume sotto la terra,
che in noi si riversa.

Vi è un fiume sotto la terra,
che abbrucia le ossa.

Si avanza un grande fuoco,
si avanza un fiume sopra la terra.

Noi ne saremo testimoni.

Sitografia

https://www.isoladischia.com/guida-di-ischia/arte-e-cultura/l-isola-in-versi/ingeborg-bachmann-e-i-canti-di-un-isola/

https://www.treccani.it/enciclopedia/ingeborg-bachmann/

Bibliografia

Storia delle donne di Napoli, Yvonne Carbonaro, 2021, Kairòs Edizioni.

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