Qual è il legame tra Leopardi e Tasso?
Leopardi è stato forse uno dei personaggi più importanti della letteratura italiana che ha narrato e vissuto le bellezze di Napoli, qui infatti si è spento e sempre qui ha scritto il suo testamento artistico, la Ginestra.
Ma non molti sanno che nelle sue Operette Morali Leopardi racconta di uno dei poeti più celebri della nostra storia letteraria, ossia Torquato Tasso, l’autore dell’insigne Gerusalemme Liberata.
Chi era Torquato Tasso?
Leopardi cita Torquato Tasso perchè questo è stato uno dei miti per i letterati dell’Ottocento; la sua vita travagliata e le sue opere, all’epoca molto famose, lo resero simbolo di una generazione di poeti che sembrava non riuscire a trovare un posto nella società presa dal tedio.
Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1544 e studia presso i Gesuiti a Napoli. Dato il lavoro del padre, appartenente ad una famiglia nobiliare bergamasca, Tasso è costretto a spostarsi di regione in regione per gran parte della sua vita stringendo però molti contatti.
Nel 1572 viene chiamato alla corte di Ferrara come cortigiano e qui scriverà l’Aminta e la Gerusalemme Liberata. L’opera fu per lui molto faticosa, infatti Tasso temeva che i temi del poema non fossero allineati con i dettami della Controriforma, e quindi correva il rischio di essere tacciato di eresia.
La paura del poeta sul giudizio delle sue opere era costante, tale da portarlo ad aggredire fisicamente il duca Alfonso D’Este durante il suo matrimonio. Il duca provvede rinchiudendo Tasso in manicomio. Scontata la sua pena come pazzo, il poeta ritorna a Napoli per rifinire le sue opere per poi spegnersi a Roma nel 1595.
Leopardi e Tasso: la pena manicomiale
Leopardi, ispirato dalla vita del poeta partenopeo, attinge prendendo proprio il periodo in cui Tasso è rinchiuso in manicomio. L’operetta viene composta a Recanati e sembra lasciare all’uomo un esile filo di speranza che tuttavia viene dissacrata ironicamente nella conclusione.
Nel manicomio di Sant’Anna, Tasso riceve la visita di uno spirito che intavola con lui una discussione sull’infelicità umana, derivante dall’impossibilità dell’uomo di raggiungere il piacere.
Di che modo che il piacere è sempre passato o futuro, e non mai presente.
Questo perchè il piacere, secondo la teoria di Leopardi, è un dato astratto e diventa uno stato violento, di pena e privazione. Dunque tutto ciò che resta all’uomo è sognare la felicità, rinunciando a conseguirla realmente.
Il male più doloroso però è la noia, che rivela il vuoto in cui l’uomo vive e contro la quale valgono solo il sonno, l’oppio e il dolore. Il sognare porta ad una separazione della vita pratica da quella immaginifica creando una spaccatura nell’essere umano che non può essere colmata perchè l’immaginazione supera la realtà stessa.
Il dialogo tra il genio e Tasso è simile ai dialoghi platonici nei quali, filosofando, si cerca di giungere al segreto della vita, irrimediabilmente mai svelato. Leopardi prende in prestito la Platone, e quindi da Socrate, il metodo maieutico.
Tasso ed il genio, infatti, si scambiano battute brevi, quasi teatrali, ritmate, un botta e risposta continuo fatto di domande ed ipotetiche soluzioni. Il genio si mostra essere un interlocutore che lascia a Tasso la conclusione dei suoi ragionamenti, libero di pensare.
Tra sognare e fantasticare, andrai consumando la vita; non con altra utilità che di consumarla; che questo è l’unico frutto che al mondo se ne può avere, e l’unico intento che voi vi dovete proporre ogni mattina in sullo svegliarvi
Alla fine del dialogo Tasso chiede al genio dove lo può trovare dato che passa le sue intere giornate in solitudine, ma il genio risponde :
Ancora non l’hai conosciuto? In qualche liquore generoso.
Il genio non è altro che una emanazione della mente travagliata di Tasso che con le sue domande cerca la soluzione filosofica della verità. Il genio non è altro che Tasso ubriaco il quale, libero da qualsiasi inibizione, si lancia alla ricerca del senso dell’esistenza.
Bibliografia
Giacomo Leopardi, O. Besomi (edizione critica a cura di), Operette morali, Milano, 1979
Giacomo Leopardi, F. Moroncini (edizione critica a cura di), Operette morali, Bologna, 1928
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