Renato Carosone, nato a Napoli il 3 gennaio 1920, è stato uno dei più influenti musicisti italiani del XX secolo. La sua carriera, segnata da un formidabile mix di tradizione e innovazione, ha avuto un impatto dirompente sulla scena nazionale ed internazionale.
Renato Carosone, dal Vesuvio all’Africa Orientale
Carosone cresce letteralmente a pane e musica: il padre è un suonatore d’oboe e, sin da giovane, Renato rivela il proprio talento diplomandosi in pianoforte al Conservatorio di Napoli a soli 17 anni. La formazione classica, però, gli sta stretta e decide di partire per l’Africa Orientale, dove incontra il jazz, un genere che lo affascina e che influenzerà profondamente il suo stile musicale. L’esperienza africana lo apre al mondo: suona nei locali notturni, nei teatri, davanti ad un pubblico estremamente eterogeneo e multiculturale, scoprendo nuovi ritmi e assorbendo nuove influenze.
Il ritorno in Italia, all’ombra della “Madunina”
Tornato in Italia nel 1946, Carosone si trasferisce a Milano, esibendosi nei night della città e qui incontra il chitarrista olandese Peter Van Wood, con il quale forma una collaborazione artistica che segnerà la sua carriera. Insieme, iniziano a mescolare la tradizione musicale napoletana con il jazz, lo swing e il rock and roll. Questo mix di stili diventerà la base del suo stile unico e dirompente.
Renato Carosone, Peter Van Wood e Gegè Di Giacomo: il trio delle meraviglie
Quando, nel 1949, il duo incontra il percussionista Gegè Di Giacomo sembra chiudersi un cerchio: la formazione diviene un trio e la “premiata ditta” Carosone, Van Wood e Di Giacomo trova la propria dimensione ideale. Iniziano a suonare al “Bistrot de Paris” a Napoli, dove la loro musica comincia a farsi notare. Il loro repertorio è una fusione di influenze diverse, che cattura l’attenzione del pubblico e dei critici.
“Tu vuò fa l’americano“: successo planetario in lingua italiana
Il vero successo arriva nel 1956 con il brano “Tu vuò fa l’americano”. Questa canzone, con il suo testo ironico e scanzonato, commenta con leggerezza l’influenza della cultura americana sullo stile di vita italiano del dopoguerra. La canzone diventa un inno generazionale e segna un punto di svolta nella carriera di Carosone. Il suo stile, che mescola sonorità napoletane con jazz, swing e boogie-woogie, si rivela irresistibile per il pubblico, e Carosone diventa una stella internazionale.
Negli anni successivi, Carosone continua a ottenere successi con brani come “O’ sarracino“, “Pigliate ‘na pastiglia” e “Maruzzella“, che diventano hit in tutto il mondo. I suoi concerti sono sold out, e la sua musica conquista un pubblico vasto e variegato, dalle generazioni più giovani a quelle più anziane, dai napoletani agli stranieri.
1960, addio alle scene
Nonostante il clamoroso successo, nel 1960 Carosone prende una decisione sorprendente: si ritira dalle scene, sorprendendo pubblico e critica, ma preferisce fermarsi piuttosto che compromettere la propria integrità artistica.
Dopo quindici anni di silenzio, Renato Carosone torna ad esibirsi. Il suo ritorno, nel 1975, è accolto con entusiasmo da un pubblico che non lo ha mai dimenticato. Gli anni successivi vedono Carosone tornare a essere protagonista sulla scena musicale, fino al 1998, quando dice definitivamente addio al mondo dello spettacolo.
Renato Carosone si spegne il 20 maggio 2001, a Roma, lasciando un’eredità che, ancora oggi, ispira talenti: ha saputo creare un linguaggio musicale che unisce il passato con il presente, parlando a tutte le generazioni del secolo scorso e, ancora oggi, la sua musica continua ad influenzare le sonorità più contemporanee, dimostrando che il suo talento e la sua visione artistica erano davvero straordinari.
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