L’infanzia difficile e la scoperta della “diversità”
Quando aveva appena undici anni, nel 1911, Eduardo De Filippo scoprì di essere “figlio di padre ignoto”. Per un bambino di quell’epoca, meno smaliziato di quelli di oggi, fu un colpo durissimo. Lui stesso lo ha raccontato: quella rivelazione fu un vero shock, reso ancora più pesante dai pettegolezzi e dalle malignità della gente che lo facevano sentire “diverso”, respinto o, nella migliore delle ipotesi, appena tollerato.
Eduardo De Filippo nasce a Napoli il 24 maggio 1900 da Luisa De Filippo figlia di commercianti di carbone e da uno dei commediografi e attori più famosi del tempo: Eduardo Scarpetta. I due non sono sposati, Scarpetta è infatti marito di Rosa De Filippo zia di Luisa ed ha già tre figli. La situazione familiare era complessa: Scarpetta aveva già Domenico (nato da una relazione di Rosa con il re Vittorio Emanuele II), Maria (nata dalla relazione di Eduardo con una maestra di musica) e Vincenzo.
Ma è proprio questa “diversità” che, in un certo senso, ha forgiato il genio di Eduardo. Come ha spiegato anni dopo, quando una persona viene considerata diversa dalla società, finisce per desiderare di esserlo davvero, e le sue forze si moltiplicano. Il talento cresce più rigoglioso proprio in chi si sente fuori dagli schemi, spingendo la persona a superare ogni limite pur di raggiungere i propri obiettivi.
I primi passi tra ribellioni e teatro
Cresciuto nella famiglia Scarpetta, Eduardo non era certo uno studente modello. I suoi risultati scolastici erano così deludenti che Eduardo Scarpetta dovette chiedere alla maestra, la signorina Salomone, di tenerlo costantemente informato su profitto e condotta del ragazzo. Il carattere ribelle di Eduardo lo portò persino a fuggire dal collegio Chierchia di via Foria, nel quartiere Sanità, dove il padre l’aveva mandato nella speranza di raddrizzarlo.
Aneddoto curioso: A causa del suo carattere ribelle, Eduardo a 11 anni fu mandato a studiare nel collegio di Chierchia di Napoli; da lì tentò di fuggire diverse volte e fu proprio in quel periodo che iniziò a dilettarsi nella scrittura, scrivendo la sua prima poesia, in versi scherzosi, dedicata alla moglie del direttore.
Nonostante le difficoltà scolastiche, il destino teatrale di Eduardo si manifestò presto. Il 27 marzo del 1911 recitò al Mercadante di Napoli nella parte di Peppiniello in “Miseria e nobiltà” di Eduardo Scarpetta. Era l’inizio di una carriera straordinaria. In realtà, il suo debutto avvenne alla verde età di quattro anni al teatro Valle di Roma, nel coro della rappresentazione di una operetta scritta dal padre.
La famiglia si trasferì nel 1912 da via Bausan (o via Ascensione a Chiaia, secondo la versione di Peppino) al numero 13 di via dei Mille, sempre nel quartiere di Chiaia. L’appartamento era davvero speciale per l’epoca: aveva addirittura il riscaldamento a termosifone, un lusso raro in quegli anni. Non a caso si trovava a poca distanza da via Vittoria Colonna, dove ancora oggi sorge il palazzo Scarpetta.

La compagnia dei fratelli e la prima rottura
Nel 1931 i fratelli De Filippo fondano la loro compagnia, “Teatro Umoristico I De Filippo” diretta dallo stesso Eduardo, attiva presso il Kursaal e il Cinema Reale di Napoli. Tuttavia, le tensioni familiari erano destinate a esplodere: nel 1954 avviene la rottura tra i fratelli De Filippo che porta allo scioglimento della compagnia; Titina però rimane con Eduardo.
L’ascesa di un genio del teatro
Ma è dal 1945 che inizia davvero la grande stagione di Eduardo commediografo. Con “Napoli milionaria” prende l’avvio dal ‘vascio’ di donna Amalia Jovine, dai bombardamenti della guerra, dalla borsa nera e dal regime di occupazione. L’opera potrebbe essere considerata quasi l’epopea di quel periodo difficile. Da lì si passa alla “sostenuta immaginazione” di “Questi fantasmi” e alla “solida bravura” di “Filumena Marturano”.
Le opere principali: Eduardo scrive numerosissime commedie come: “Natale in Casa Cupiello” (1931), “Napoli Milionaria” (1945), “Questi fantasmi” (1946), “Filomena Marturano” (1946) e “Le voci di dentro”(1948).
Quello che rende unico Eduardo è la sua capacità di scrivere pensando agli attori della sua compagnia. Come racconta Isa Danieli: “Nel recitare una parte, si sentiva che lui l’aveva scritta per te, che in qualche modo tu gliela avevi ispirata.” Eduardo rinnovava quasi ogni anno il suo repertorio, creando ruoli su misura per i suoi interpreti.
Dal dialetto alla lingua universale
Il vero miracolo artistico di Eduardo sta nella progressiva evoluzione del suo linguaggio. Partendo dal dialetto napoletano più autentico, è riuscito a creare una “parlata universale” senza perdere l’incisività e i caratteri originali. Questo fenomeno linguistico, già presente in “Paura numero uno” e “Mia famiglia”, raggiunge l’apice in capolavori come “Sabato, domenica e lunedì”.
Non vi è dubbio che l’azione e l’opera di Eduardo De Filippo siano state decisive affinché il “teatro dialettale”, precedentemente giudicato di second’ordine dai critici, fosse finalmente considerato un “teatro d’arte”.
È questo che ha fatto di Eduardo non solo un commediografo napoletano, ma un drammaturgo italiano riconosciuto in tutto il mondo. Dal 1952 le sue opere – in particolare “Filumena Marturano”, “Questi fantasmi” e “Napoli milionaria” – sono state rappresentate ovunque: Francia, Germania, Austria, Inghilterra, Danimarca, Jugoslavia, Unione Sovietica, Stati Uniti e numerosissimi paesi dell’America latina.

L’innovazione scenica
Eduardo ha rivoluzionato anche la scenografia italiana. Mentre il teatro dell’epoca era “bloccato sul primo piano del lindo salotto pirandelliano”, popolato da borghesi benestanti anche se psicologicamente inquieti, Eduardo spalanca gli occhi del pubblico sulla vita materiale di popolani e piccolo-borghesi partenopei. Non più il salotto buono, ma camere da letto sgraziate o, ancora più drammaticamente, la miseria di un “basso” napoletano che si apre direttamente sulla strada.
Nessun altro drammaturgo del Novecento, neanche Pirandello, ha goduto di un carisma simile. Eduardo è diventato il “Padre, se non il Nonno, del Teatro Italiano”, l’unico ad aver visto i suoi testi contesi da committenze straniere e interpretati da mostri sacri come Laurence Olivier.
Eduardo De Filippo comprò e salvò il Teatro San Ferdinando
Una delle più grandi passioni di Eduardo fu il Teatro San Ferdinando. Il teatro andò tragicamente distrutto dalle bombe americane nel 1943, e fu proprio Eduardo De Filippo ad aquistarlo nel 1948 investendo tutti i suoi guadagni e facendo grossi debiti con le banche.
Curiosità sulla ricostruzione: Eduardo comprò il Teatro San Ferdinando che fece ricostruire dopo i bombardamenti, lo fece ricostruire sulla base di numerosi progetti commissionati ad architetti e ingegneri e lo inaugurò nel 1954. La sala, il palcoscenico, la platea e l’attrezzeria sono state realizzate da Don Peppino Mercurio, il cui nome è inciso sulla lapide marmorea dietro il palcoscenico. Chiuso negli anni ottanta, solo nel 1996 fu donato da Luca De Filippo al Comune di Napoli.

Aneddoti e curiosità sulla vita privata
L’isola di Eduardo De Filippo e la passione per la cucina
Una curiosità di Eduardo è che possedeva un’isola, Isca, situata a Largo della Costiera Sorrentina e facente parte dell’arcipelago de Li Galli. L’isola era molto piccola e conteneva una casa e un orto in cui Eduardo amava coltivare i pomodori e curare le sue piante di capperi. Eduardo era infatti appassionato di cucina: la sua ultima moglie ha pubblicato un libro di ricette “Si cucina cumme vogl’ je’…” Uno dei piatti che Eduardo amava cucinare era “la frittata di scammaro“, una ricetta molto particolare. Si parla di una frittata di vermicelli senza uova, a cui vanno aggiunte olive, capperi, uvetta, pinoli, alici salate, aglio, pepe e prezzemolo.
Una frase attribuita a Eduardo che spesso utilizzava per stigmatizzare un imprevisto è: “Non è detto che sia una disgrazia”!
Il cinema e gli ultimi anni
Eduardo debutta anche nel cinema: la prima vera interpretazione significativa è del (1934) ne “Il Cappello a tre punte”, di Mario Camerini. Tra le interpretazioni più importanti ci sono: “Traviata ’53” (1953) di Vittorio Cottafavi, “Tempi nostri” (1954) di Alessandro Blasetti e “L’oro di Napoli” (1954) di Vittorio de Sica.
Come regista, dirige “In compagnia è caduta una stella” (1940), “Napoli milionaria” (1950) e “Filumena Marturano” (1951).
Il 26 Ottobre 1981 diventa senatore a vita. Nel 1984 abbiamo la sua ultima apparizione sul piccolo e grande schermo nello sceneggiato “Cuore” di Luigi Comencini.
L’ultimo saluto
Eduardo muore il 31 Ottobre 1984, celebre è stato il suo funerale a Roma nella Chiesa di San Giovanni Maggiore. Il suo ultimo discorso al Teatro Greco di Taormina, il 15 settembre 1984, risuona ancora oggi: “E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato“.
Da quel ragazzino che si sentiva “diverso” è nato uno dei più grandi artisti della nostra cultura, capace di trasformare i personaggi dei “bassi” napoletani in simboli universali della condizione umana.
Fonti
- Fenomenologia.net – Eduardo De Filippo: Aneddoti di un grande drammaturgo (2022)
- Fondazione Eduardo De Filippo – Biografia ufficiale
- Biblioteca Nazionale di Napoli – Archivio Eduardo De Filippo
- Corriere di Napoli – Eduardo De Filippo: 120 anni di aneddoti (2021)
- Biografieonline.it – Biografia di Eduardo De Filippo
- Enciclopedia Treccani – Voce “Eduardo De Filippo”
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