Poco più di un secolo fa a Napoli si inaugurò l’inizio dei lavori della prima metropolitana d’Italia. Era il 1913 e Piazza del Plebiscito fu arredata con un gigantesco baldacchino sul quale si sarebbe seduto il monarca Vittorio Emanuele III, da poco diventato re d’Italia.
Il progetto, realizzato da una società francese sul modello della Metropolitana di Parigi, era futuristico e addirittura in alcuni casi migliore di quello delle attuali ferrovie: la Metropolitana di Napoli doveva collegare Posillipo con il centro storico, percorrendo l’intera città con treni elettrici e con corse ogni 5 minuti. Di questa storia incredibile ci rimangono solo foto e cartoline che raccontano l’aborto improvviso di un progetto sfortunatissimo.
La prima metropolitana d’Italia
Questo fu il titolo della Domenica del Corriere, che raccontò l’inaugurazione dei lavori, avvenuta il 18 giugno 1913, con toni entusiasti. Napoli all’epoca era ancora la città più popolosa d’Italia e la sua estensione complessa e irregolare, in effetti, aveva suggerito più volte la costruzione di una ferrovia urbana. Ci aveva pensato già il visionario Lamont Young nel 1884, in pieno Risanamento, ma i suoi progetti naufragarono in modo atroce.
Ci riprovarono allora nel 1902 una coppia di ingegneri napoletani, Ferdinando Serio e Dionigi Gallarati. Dovettero aspettare 10 anni per vedere i propri progetti approvati e finanziati con 30 milioni di lire. L’appalto andò alla Società Franco-Italiana delle Ferrovie Meridionali, con sede a Parigi, ma originaria di Lione. La stessa società costruì anche l’antica Ferrovia Alifana. L’esperienza dei francesi nella costruzione delle ferrovie, in effetti, doveva essere un valore aggiunto, dato che Parigi aveva inaugurato, sul finire del XIX secolo, una incredibile ferrovia metropolitana che stupì il mondo intero.
Il progetto voleva anche essere simbolico: circa 80 anni prima Ferdinando II di Borbone inaugurò la Napoli-Portici, la prima ferrovia d’Italia.
Il tracciato della ferrovia metropolitana
Il primo tracciato della metropolitana doveva avere come centro Piazza del Plebiscito e doveva collegare i quartieri storici della città con la stazione della Circumvesuviana, oltre a Piazza Garibaldi.
Era prevista addirittura una fermata a Via dei Tribunali, all’altezza di Castel Capuano. L’ultima stazione del centro era invece l’immortale Piazza Dante, che abbiamo ritrovato anche nei progetti delle successive metropolitane. L’altra stazione “nota” era quella del Nuovo Rione Vomero, che si sarebbe trovata a Piazza Vanvitelli, anticipando di circa 70 anni la stazione che effettivamente è nata proprio lì.
Per il sindaco di Napoli di allora, in effetti, la costruzione sulle colline era una priorità e la presenza di una metropolitana “avrebbe incentivato lo sviluppo dei nuovi rioni sulle colline“. D’altronde, nessuno immaginava cosa sarebbe successo negli anni del dopoguerra.
Ma l’ingegner Bechmann, autore della metropolitana di Parigi, volle fare di più. E già progettò l’espansione della linea.
Il treno sarebbe partito dalla Circumvesuviana e avrebbe coperto Piazza Garibaldi, Castel Capuano, Via Duomo, le Cliniche (il Policlinico di Piazza Miraglia), Piazza Dante, Piazza Carità, Palazzo San Giacomo, Piazza del Plebiscito, Via Chiaia (lato Piazza dei Martiri), Salita Cariati.
La metropolitana sarebbe poi salita sulla collina del Vomero partendo da Chiaia (l’attuale metropolitana fa il tragitto opposto, salendo da Materdei). La stazione di Vanvitelli sarebbe stata un punto di scambio. Da un lato ci sarebbe stata una metropolitana che portava a Mergellina, passando per Parco Grifeo e Piazza Quattro Stagioni, che oggi non esiste più. Vale la pena ricordare che all’epoca non esisteva ancora la funicolare di Via Toledo, introdotta in epoca fascista.
L’altro ramo della metropolitana era previsto addirittura come un treno all’aria aperta, proprio sul modello di Parigi. Era prevista una stazione chiamata “Bivio Camaldoli” più o meno dove oggi è presente Via Caldieri e avrebbe portato da un lato ai Camaldoli, dall’altro a Fuorigrotta e Agnano. Il quartiere di Fuorigrotta, per giunta, nemmeno esisteva, dato che sarebbe stato costruito sempre in epoca fascista.
I tempi di consegna di questo percorso? Solo 5 anni. Il completamento della linea era previsto per il 1917, parola di . Una data che fa ridere se si pensa che, a 50 anni dall’inizio dei lavori dell’attuale metropolitana di Napoli, non si vede ancora una fine.
Arriva la guerra
I progetti grandiosi non avevano fatto i conti con un evento che sconvolse la storia dell’intera Europa, la famosa “goccia che fa traboccare il vaso” dell’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo. Scoppiò la Prima Guerra Mondiale e l’Italia entrò in guerra nel 1915 con risultati inizialmente disastrosi che terminarono con Caporetto e l’arrivo del napoletano Armando Diaz a capo dello Stato Maggiore.
L’attenzione dello Stato si diresse tutta sul fronte delle Alpi, che diventò presto un cimitero di italiani provenienti da ogni regione. Napoli non visse con particolari danni gli eventi della Grande Guerra, ad eccezione di un bombardamento maldestro di uno Zeppelin tedesco. La vera vittima fu però la futuristica ferrovia metropolitana. Lo stanziamento dei fondi fu revocato per esigenze belliche e il progetto del treno sparì completamente dalle cartine.
Ci pensò Mussolini, qualche anno dopo, a inaugurare la “Direttissima“, che fu una prima forma di metropolitana cittadina e che oggi è diventata la Linea 2. A Napoli la vera metropolitana fu inaugurata solo nel 1993, ottant’anni dopo l’inaugurazione di Vittorio Emanuele III. Il padre della nuova Linea 1 si chiama Luigi Buccico. Del treno rivoluzionario di inizio ‘900, invece, rimane ancora oggi una lapide cementata nelle fondamenta Piazza del Plebiscito.
-Federico Quagliuolo
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