Erano quasi riusciti a distruggere l’ultimo tratto libero panoramico dei Colli Aminei. Il Parco del Poggio doveva infatti diventare l’ennesimo lotto libero da otturare con un palazzo di 5 piani. Ce l’avevano quasi fatta, sacrificando in nome delle abitazioni di lusso anche un mausoleo romano intatto, con quasi 2000 anni alle spalle.
Una volta distrutto e cancellato il monumento, si pensò di trasformare quello spiazzo incolto alla fine di Viale Farnese nell’ingresso della Tangenziale. Anche quel piano fallì. E nel 2001, finalmente, la cittadinanza riottenne un piccolo fazzoletto di libertà dalla proprietà privata, trasformato in un parco pubblico, testimone di quell’aria pura dei Colli Aminei che, due secoli fa, era addirittura consigliata dai medici come terapia.
Tra film, giochi e giornate di studio
Per i residenti della zona collinare di Napoli il nome “Parco del Poggio” evoca la sensazione di quella dolce frescura delle nottate estive quando, sotto le stelle che affascinavano anche i pittori che si recavano allo Scudillo, si guardavano i film per il cinema all’aperto.
Al centro del grande lago artificiale, infatti, si allestiva uno schermo per proiettare i film del momento, con una programmazione che occupava l’intera stagione estiva. E poi ci sono i lunghi porticati carichi di ginestre e lillà, con un piccolo belvedere che si interrompe bruscamente e che, probabilmente, doveva essere completato e non è mai stato concluso.
Lungo le panchine, e soprattutto nella parte finale del vialone centrale, non è difficile incontrare coppiette di innamorati miste a studenti che, soprattutto nei giorni di primavera, passano giornate intere a studiare godendo dell’aria dolce e del panorama incantevole. Nella parte più alta, fra i giochi pubblici, invece ci sono i bambini con il loro vociare divertito, mentre gli anziani passeggiano fra le stradine del primo spiazzo, che è più comodo da raggiungere, ed è un piccolo orto botanico con numerose piante di varie origini. Insomma, si tratta di un luogo per tutte le età.
Un parco sorto dopo una tragedia storica
La storia del Parco del Poggio comincia in realtà con una tragedia inenarrabile. L’intera zona, infatti, era conosciuta sin dal medioevo con il soprannome di “La Conocchia”. Questo termine era un nome comunissimo utilizzato dal popolo per indicare gli edifici antichi dalla forma circolare, esteticamente simili alla rocca per il filato (che, in latino medievale, erano indicati con “conuccla“. Era un termine usato anche per indicare una protuberanza, anche per bubboni sul corpo). In tutta Italia ci sono infatti diverse conocchie, tutte chiamate così per la stessa ragione etimologica. A Marano, ad esempio, abbiamo il Ciaurro.
Nel caso di quella del Parco del Poggio, parliamo di un mausoleo romano del I secolo d.C. che compare su tutte le guide del Grand Tour e, nel dopoguerra, si presentava davvero malconcio, ma ancora in piedi. Dimostra inoltre che la salita dello Scudillo, che poi fu chiusa nel 1989, era frequentata da circa 2000 anni.
Nel 1965 avvenne l’irreparabile. Con la leggerezza ed il cinismo tipico di quegli anni di speculazioni, non si perse tempo a radere al suolo il monumento romano. Cadeva infatti nell’ennesima lottizzazione dei terreni per costruire gli edifici residenziali che oggi affogano senza criterio le colline di Napoli. Con un panorama così bello alle spalle, avrebbe dovuto ospitare un palazzo panoramico.
Roberto Pane, architetto e direttore della rivista Napoli Nobilissima, denunciò con un articolo di fuoco il danno incalcolabile fatto alla Storia cittadina, annientata in nome di una ventina di anonime unità residenziali. Ne seguì un processo penale nei confronti del costruttore, che fu assolto. Il palazzo, però, non si costruì.
Dalla Tangenziale al Parco del Poggio
L’area del Parco del Poggio tornò disegnata sulle carte di uno studio di progettazione circa 10 anni dopo, quando si cominciò a realizzare la Tangenziale. Erano infatti i tempi in cui si stavano programmando le costruzioni delle uscite nella zona collinare.
In questo caso l’idea era quella di creare un ingresso comodissimo per l’autostrada cittadina: la Conocchia era morta, l’area era abbandonata e i palazzi erano ormai stati costruiti, serviva solo un allaccio stradale. Si verificarono però problemi legali con l’espropriazione dei terreni e così i Colli Aminei persero il proprio ingresso in Tangenziale: sono infatti l’unica area di Napoli che ha solo l’uscita e non l’entrata, inaugurata negli anni ’90.
L’area allora tornò di nuovo abbandonata ed ospitò prima gli sfollati del terremoto del 1980 e poi, di nuovo, cadde nel degrado.
L’idea di trasformarla in un parco venne all’amministrazione Bassolino, quando fu fatto presente dai comitati civici che, incredibilmente, Rione Alto e Colli Aminei non avevano un parco pubblico pur essendo due zone ancora circondate dal verde. Non era nemmeno lontanamente immaginabile la conversione del Vallone di San Rocco, che nel frattempo era diventato una discarica a cielo aperto per tutti i materiali di risulta.
I lavori cominciarono nel 1998 e finiscono nel 2001, con l’inaugurazione del primo parco dei Colli Aminei, che poi sarà accompagnato, 7 anni dopo, dal piccolo parco di Via Nicolardi.
Il parco del Poggio è ancora lì, con i suoi pini secolari che sono gli ultimi superstiti dell’antica pineta dello Scudillo, una vallata che separa il muraglione di edifici residenziali dalla Sanità e quel rudere di 2000 anni fa dell’antichissima Salita Scudillo, oggi diventata una giungla urbana. Un cerotto bellissimo per una collina sfregiata.
-Federico Quagliuolo
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