L’edificio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli è uno dei vanti maggiori della città. Si tratta di uno dei più importanti musei archeologici al mondo, il primo per quanto riguarda l’arte romana e il terzo per importanza nella collezione egizia. Mica male!

Al netto delle classifiche, fare una passeggiata nel MANN all’anno dovrebbe essere un obbligo morale per tutti i napoletani: non bastano 10 vite per poter apprezzare ogni opera d’arte disseminata nei corridoi del museo, dal colossale Ercole alle statue decapitate dell’Antica Roma, passando per i saloni immensi e ariosi del piano superiore, fra reperti greci e ritrovamenti di Pompei.

Tutto nacque con una caserma di cavalleria del ‘500 che doveva copiare nello stile il Palazzo Reale. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, poi, fu inaugurato solo nel 1816 da Ferdinando I di Borbone.

Museo Archeologico Nazionale
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli oggi

Cosa c’era prima del MANN?

Il palazzo del Museo Archeologico Nazionale già esisteva da circa 230 anni quando fu inaugurato il museo. Fu costruito nel 1582 su ordine del viceré Pietro Giron Duca di Ossuna, che immaginava di realizzare una caserma di cavalleria: i lavori presto furono interrotti perché mancava una fonte d’acqua. Sarebbe stato un gran problema per i cavalli essere accuditi senza i minimi servizi.

Nacque in una strada chiamata “Cavaiola” o “Cavaiole”, perché era luogo di residenza degli immigrati da Cava de’ Tirreni.

Il progetto era però riutilizzabile: trent’anni dopo, sotto una nuova guida politica, fu affidato al giovanissimo Giulio Cesare Fontana. Il cognome non inganna: era il figlio di Domenico Fontana, l’architetto che realizzò il Palazzo Reale e che scoprì Pompei senza saperlo. Il giovane figlio d’arte progettò il “Palazzo degli Studi” con l’idea di creare un omaggio al padre: architettonicamente riprendeva in tutto e per tutto le forme del Palazzo Reale, per l’appunto. All’interno, invece, doveva esserci un ingresso con uno scalone monumentale, quello ancora adesso esistente, e un salone gigantesco dedicato alle occasioni solenni, il “Salone dei Concorsi”. Dovevano esserci poi grandi giardini e corridoi luminosi, con busti di personaggi famosi. Il palazzo, però, fu inaugurato incompleto nel 1617 e i lavori rallentarono, poi Fontana jr lasciò Napoli.

Nella sua versione originale, il palazzo aveva un solo piano ed una facciata con nicchie e statue decorative che, nei progetti futuri, avrebbero dovuto ospitare busti di personaggi illustri del Regno. Una strategia che avremmo poi ritrovato sul Palazzo Reale, con le statue dei re di Napoli.

Museo Archeologico Nazionale Palazzo degli Studi
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ai tempi del Palazzo degli Studi: aveva un solo piano!

Una storia di lavori mai conclusi

La città era completamente diversa da come la conosciamo oggi: il Palazzo degli Studi fu costruito in un’area che era appena fuori le mura cittadine (che furono distrutte molti anni dopo, con la Galleria Principe), e la nuova università, che fu attiva a fasi alterne, dal 1617 al 1779, era in una zona fisicamente periferica.

La tormentata storia del palazzo, però, era appena iniziata: durante i 150 anni di attività ospitò anche il Tribunale e una guarnigione militare austriaca nel 1701. Poi Carlo di Borbone individuò questo edificio, storicamente legato alla cultura, per ospitare la biblioteca farnesiana che aveva portato con sé. I lavori furono affidati a Giovanni Medrano, architetto che aveva appena realizzato la Reggia di Capodimonte, ma i propositi naufragarono in un mare di guai: l’architetto finì in carcere per frode al fisco e poco dopo Carlo partì verso la Spagna. Il palazzo rimase di nuovo in un cantiere a metà.
Tutto da rifare, ancora una volta.

Una incisione che mostra il Palazzo degli Studi nel ‘600: è ancora incompleto nel lato destro. Fotografia pubblicata da Angelo Romano nel gruppo “Napoli Retrò”.

Nasce il Real Museo Borbonico

La storia del Museo Archeologico Nazionale cominciò grazie all’arrivo a Napoli della Collezione Farnese e alla nuova attenzione che la sensibilità del secolo dedicava alla cultura e ai reperti storici, che ancora non erano considerati come eredità culturale, ma come ricchezza da ostentare. Ma già era un passo avanti rispetto alle distruzioni fatte nei secoli passati.

Ferdinando IV di Borbone, con un’eccellente operazione politica, riuscì a portare a Napoli l’intera collezione della nonna, ereditata dal ramo della famiglia di Papa Paolo III, Alessandro Farnese. Nel frattempo, pochi anni prima, era stata scoperta Pompei per davvero, con i primi scavi che erano una caccia ai reperti antichi per ampliare le collezioni borboniche. L’entusiasmo era alle stelle.

Ci fu anche una coincidenza perfetta per Ferdinando: grazie allo straordinario lavoro di Carlo di Borbone e di Bernardo Tanucci, infatti, erano stati cacciati i Gesuiti dal Regno. Per l’occasione si era liberato il Convento del Salvatore, fra Via Mezzocannone e Vico San Marcellino, che diventò sede dell’Università. Ancora oggi è una sede della Federico II ed ospita due accademie di studi e numerosi musei, fra cui Paleontologia, Mineralogia e Antropologia.

Palazzo MANN 1875
Il Palazzo del Museo Archeologico nel 1875: si vedono i lavori per la costruzione della Galleria Principe

Un museo grandioso per i Borbone

Il Palazzo degli Studi, ormai vuoto, doveva solo essere ristrutturato per ospitare il più grande museo d’Italia: in Europa solo l’Inghilterra aveva cominciato ad allestire il British Museum, mentre le altre capitali europee si sarebbero attrezzate alcuni decenni dopo.
I lavori, per non tradire la storia di questo edificio, furono tutt’altro che lineari: il primo ad essere chiamato fu l’ottantenne Ferdinando Fuga, poi Pietro Bardellino. Durante il XIX secolo lavorarono anche Francesco Maresca e Pietro Bianchi.

Le prime collezioni furono poi inserite da Gioacchino Murat, che sperava di inaugurarlo nel 1816. L’inaugurazione fu in effetti fatta in quell’anno, ma dal sempiterno Ferdinando, che per festeggiare il suo ritorno al trono cambiò anche nome in Ferdinando I delle Due Sicilie. E, dopo aver commissionato la costruzione della basilica di San Francesco di Paola, inaugurò il Regal Museo Borbonico in modo a dir poco megalomane: tramite Pietro Bianchi fece tornare a Napoli il coetaneo e anziano Antonio Canova per fargli concludere un lavoro commissionato vent’anni prima: una statua a sua immagine e somiglianza nelle vesti di Minerva, per dimostrare la connessione fra Napoli e il mondo antico. Il monumento fu inaugurato nel 1821.

Scalone MANN
Lo scalone monumentale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli voluto da Ferdinando di Borbone

Continui lavori

Se l’Unità d’Italia fece solo cambiare nome (in Museo Archeologico Nazionale) e allestimenti, con i tantissimi direttori, le collezioni del MANN continuavano a crescere e lo spazio a diminuire: da un lato la biblioteca era oggetto di continue donazioni, tanto da convincere il governo, nel 1925, a trasferire la biblioteca nell’attuale sede di Palazzo Reale. Poi fu anche la volta della pinacoteca, altro vanto di Carlo e Ferdinando di Borbone, che fu trasferita nel 1957 nella Reggia di Capodimonte, ormai libera da regnanti.

Nel frattempo, sotto il regime fascista, anche il palazzo fu ampliato, con una nuova espansione delle aree espositive. E durante la guerra l’edificio uscì indenne dai bombardamenti e dai saccheggi nazisti e alleati. Se i pericoli dal cielo furono scongiurati per pura fortuna, i pericoli militari furono combattuti dall’eroico Amedeo Maiuri, più famoso per essere stato il soprintendente di Pompei, ma che quasi perse la vita per consegnarci l’attuale museo: con una gamba rotta decise di andare a vivere all’interno del palazzo, barricandosi dentro negli anni più bui della guerra pur di salvare le opere d’arte.
I tedeschi, in realtà, riuscirono a rubare diversi reperti, che furono poi restituiti all’Italia nel 1947. I danni furono però davvero pochi rispetto al possibile saccheggio di opere d’arte.

Turisti MANN
Turisti al MANN nel 1952, fotografia di David Seymour

Una storia ancora viva

Ancora oggi i sotterranei del Museo Archeologico sono una vera miniera d’oro, con decine di collezioni, reperti e documenti che non hanno mai visto la luce: si stima che sia esposto meno di un terzo dei reperti custoditi. Il resto si trova nei depositi.

Tirando le somme di una storia davvero travagliata, che sconfessa tutti i pregiudizi sui musei visti come luoghi “statici” e “asettici”, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli sembra invece avere una vita propria: nei secoli continua a crescere e muoversi, cambiando forme, posizioni e allestimenti, ospitando dirigenti straordinari e turisti affascinati.

Le sue pareti affrescate sono sempre le stesse, bellissime e austere, ma ancora oggi siamo nel vivo di una storia che lega la Napoli Greca alla città moderna, che comincia addirittura nelle fondamenta: il Museo Archeologico Nazionale sorge infatti su un’antica necropoli greca. Dopo l’inaugurazione della Stazione Museo con la sua piccola collezione, proprio nel 2012 è ricominciata la costruzione di un’altra ala del palazzo, per ospitare ancora altri reperti. Un passato più vivace che mai.

-Federico Quagliuolo

Una curiosità: il palazzo nuovo dell’Università, costruito a Corso Umberto durante il Risanamento, omaggia esteticamente la forma del precedente Palazzo degli Studi, oggi Museo Archeologico Nazionale.

Toro Farnese
Il Toro Farnese in un allestimento del 1888: impressionante, colossale, meraviglioso. In precedenza, fino al 1825, era esposto nella Villa Reale di Napoli

Riferimenti:
Giovambattista Finati, Il Regal Museo Borbonico, Stamperia Reale, Napoli, 1842
Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001
Giovanni Liccardo, I musei di Napoli, Newton & Compton, Roma, 1997
https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-antonio-medrano_(Dizionario-Biografico)

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