Napoli è per eccellenza la città delle chiese, ma non dimentichiamo che è anche la città dei castelli! Tra i ben sette castelli racchiusi all’interno del perimetro cittadino, Castel dell’Ovo spicca per essere non soltanto il più antico castello di Napoli, ma anche una delle pochissime testimonianze dell’architettura romanica partenopea. E poi, diciamocela tutta, che tu sia un napoletano o un turista, che tu lo veda per la prima o per la millesima, che tu lo scorga da vicino, da Via Partenope, o lontano da qualche scorcio azzurro tra i palazzi, Castel dell’Ovo, nascendo così maestoso dal mare, ha un fascino tale che è impossibile non fermarsi ed ammirarlo.
L’isolotto di Megaride
Castel dell’Ovo si eleva sull’isolotto di Megaride, il piccolo prolungamento di tufo del monte Echia, legato alla terraferma grazie soltanto ad una sottile lingua di terra. Un isolotto così piccolo, eppure tanto importante per la storia e per le tradizioni sacre della città.
La città greca di Partenope fu, infatti, fondata dai Cumani nel 680 a.C. ca. sul vicino colle di Pizzofalcone e, secondo la famosa leggenda, è proprio sull’isola di Megaride che arrivò la sirena Partenope, l’essere mitologico per metà donna e per metà uccello di cui si parla già nell’Odissea, dopo essere stata rifiutata da Odisseo. Secondo alcune tradizioni (il dibattito tra gli studiosi è ancora aperto), a Megaride sorgeva il sepolcro della sirena alla quale erano dedicati un vero e proprio culto e delle gare di corsa con fiaccola, chiamate Lampadoforie. La sirena Partenope si può considerare, dunque, la prima patrona di Napoli.
La villa di Lucullo
L’isolotto di Megaride rimase incontaminato da costruzioni fino al I secolo a.C. quando Lucio Licinio Lucullo, politico romano e uomo d’armi vicino a Silla, acquistò un terreno piuttosto vasto che si estendeva dalla attuale Piazza Municipio fino a Pizzofalcone, comprendendo anche l’isola di Megaride. Qui, senza badare a spese (si era, infatti, profumatamente arricchito grazie alla guerra in oriente contro Mitridate) si fece costruire una villa maestosa con giardini in cui si coltivavano piante e alberi esotici, con canali di acqua artificiali e vasche in cui si allevavano murene, con piscine e terme di lusso e con una rinomata biblioteca.
Lo sfarzo esagerato della Villa di Lucullo è ricordato da Plutarco (Plutarco, Vita di Lucullo, 39.3) che racconta che Tubero, un filosofo stoico, non appena vide la villa definì Lucullo “un Serse in toga”, in riferimento al re di Persia, modello di lusso per antonomasia.
Alla morte di Lucullo, la villa divenne proprietà imperiale e subì diversi lavori di fortificazione. Il nome del vecchio proprietario non fu però dimenticato e anche nei secoli successivi le fonti parleranno del Castrum Lucullanum. Dell’antica villa si possono ammirare ancora oggi i rocchi di colonne che nel Medioevo furono riutilizzate dai monaci che si insediarono a Megaride per il refettorio di un convento, chiamato, appunto, “Sala delle colonne”.
Il Castrum Lucullanum nel Medioevo
Nel 476 d.C. (data storica con la quale si ritiene caduto definitivamente l’Impero romano d’Occidente) l’ultimo imperatore di Roma, Romolo Augustolo, fu deposto dal generale Odoacre e abitò fino alla sua morte proprio nel Castrum Lucullanum.
Nell’Alto Medioevo il Castrum subì parecchie modifiche. Siamo oramai lontani dai giardini sfarzosi e dalle piscine di Lucullo e dobbiamo immaginare, invece, un’area fortificata anche più vasta di quella occupata ora da Castel dell’Ovo, nella quale si stanziarono soprattutto monaci che nel corso del tempo costruirono chiese e monasteri. Per questo motivo l’isola di Megaride era chiamata in quegli anni “Isola del Salvatore” e divenne meta di pellegrinaggi quando, alla fine del V secolo d.C., le spoglie di San Severino furono trasferite qui, nel convento fondato dal suo discepolo Eugippio.
La cristianità lasciò le sue impronte anche sulla tradizione mitica dell’isolotto. Il culto pagano di Partenope era, infatti, ormai del tutto superato e la sirena patrona di Napoli fu sostituita da una nuova protettrice, anche lei arrivata dal mare: Santa Patrizia. Patrizia di Costantinopoli era discendente dell’imperatore Costantino. Cristiana e molto devota, partì per raggiungere la Terra Santa ma, secondo la leggenda, una tempesta fece naufragare la sua nave e spinse la giovane, proprio come Partenope, sulle sponde di Megaride, dove fondò una sua piccola comunità religiosa e continuò a vivere fino alla morte avvenuta a soli 21 anni nel 685 d.C.
I Normanni e il Castel dell’Ovo
Arriviamo ora al X secolo, quando le coste mediterranee erano continuamente attaccate dalla pirateria saracena. Nel 902 il Ducato di Napoli decise di far abbattere il Castrum Lucullanum poiché difficile da difendere. Si temeva che i Saraceni riuscissero ad occuparlo e attaccassero la città direttamente dall’area fortificata.
Quando nel 1139 Ruggero il Normanno conquistò il Ducato di Napoli, diede finalmente inizio alla costruzione del castello. Quest’ultimo fu per i nuovi sovrani una residenza, ma fu anche una fortezza a scopo difensivo. Fu costruito, infatti, in un luogo strategico, in modo che attraverso le torri si potesse avere un controllo assoluto dell’area circostante, del mare in particolare. Fu Guglielmo il Malo nel 1154 a far costruire la prima torre chiamata, non a caso, “Torre Normandia”.
L’uovo di Virgilio
Importanti lavori di ristrutturazione furono effettuati poi con Carlo I d’Angiò nel corso degli anni ’70 del ‘200. In questo periodo si attesta, inoltre, il passaggio dal nome Castrum Salvatoris ad mare in Castel dell’Ovo o, in latino, Castrum Ovi incantati. Si era infatti diffusa la leggenda che nel castello fosse custodito un uovo magico appartenuto al grande Virgilio, poeta-mago secondo la tradizione napoletana. L’uovo di Virgilio doveva difendere non soltanto il castello, ma l’intera città. Una sorta di sangue di San Gennaro, insomma.
L’uovo era tanto importante per i napoletani che nel 1370 una tempesta fece crollare parte del castello e la regina Giovanna I, per tranquillizzare la popolazione convinta che l’uovo si fosse rotto e che le peggiori disgrazie avrebbero colpito Napoli, dovette assicurare pubblicamente di aver provveduto alla sostituzione del prezioso manufatto.
Ironia della sorte, se l’uovo di Virgilio riuscì a proteggere il castello e la città, non ebbe lo stesso effetto sul destino della regina Giovanna che, dopo essere stata sconfitta dal nipote Carlo di Durazzo, fu imprigionata con l’inganno proprio in una cella di Castel dell’Ovo, per poi essere trasferita prima al castello di Nocera e, poi, al castello di Muro Lucano dove fu assassinata dai sicari di Carlo nel 1382.
Dalla Tavola Strozzi ad oggi
L’aspetto di Castel dell’Ovo non era però ancora quello che possiamo ammirare oggi. Se guardiamo infatti il nostro castello sulla Tavola Strozzi (ritratto della Napoli di Alfonso d’Aragona dopo la vittoria del 1465 contro Giovanni d’Angiò) ci rendiamo conto delle differenze.
Soltanto nel corso del ‘500 Castel dell’Ovo assunse l’aspetto che possiamo ammirare oggi e perse il suo ruolo di residenza reale, restando, invece, soltanto avamposto militare e prigione.
Claudia Grillo
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