La Scuola militare della Nunziatella è da quasi 250 anni madre di una delle più illustri ed importanti tradizioni militari d’Italia. D’altronde, stiamo parlando della più antica scuola militare italiana ancora in attività. Sin dalla sua fondazione la scuola napoletana non accettava altro se non l’eccellenza. D’altro canto, ha restituito a Napoli e all’Italia uomini che ancora oggi troviamo nelle statue e nei nomi delle strade di tutto il paese.

Se non vogliamo citare Armando Diaz, l’eroe della Grande Guerra, ci basterà pensare a Guglielmo Pepe, Enrico Cosenz, Pietro Colletta, Carlo Filangieri. E potremmo continuare anche a lungo, da Rolando Mosca Moschini, che è stato presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea, arrivando oggi a Pietro Serino, capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano dal 26 febbraio 2021. Anche Vittorio Emanuele III frequentò la Nunziatella.

Un regno da costruire

Tutto nacque con l’arrivo di Carlo di Borbone a Napoli. L’antico viceregno, devastato politicamente e socialmente da due secoli passati all’ombra della Spagna, era tutto da ricostruire. Il nuovo re di Napoli, che era un uomo dalla grande intelligenza politica proprio come la madre Elisabetta Farnese, capì subito che, per creare un regno duraturo, era necessario ricostruire da zero l’intera struttura politica, legislativa ed economica del regno, radunando attorno a sé tutti i migliori uomini che aveva incontrato durante la sua formazione: nel 1734 aveva appena 18 anni, ma già pensava come un vero sovrano.

Fu così che si fece affiancare dal fedelissimo Bernardo Tanucci, un giovane professore di legge toscano, che diventò uno dei fautori della ricostruzione del Regno di Napoli. Un processo che fu fermato solo paradossalmente dalle beghe di corte, con gli antichi nobili che mal tolleravano il terremoto in cui stavano perdendo i propri privilegi, e dalla partenza improvvisa di Carlo di Borbone.

Tanucci aveva ben chiara la necessità di dover creare un corpo militare preparatissimo per il neonato regno, altrimenti sarebbe stato facilmente preda di nuovi invasori o sarebbe stato eternamente dipendente dalla Spagna. Fu così che per la marina si affidò a uomini del calibro di Capitan Peppe, mentre per l’esercito furono fondate diverse accademie in città: l’Accademia di Marina del 1735, l’Accademia di Artiglieria, il Corpo degli ingegneri militari. Tutte furono riunite da Ferdinando IV nella Reale Accademia Militare, che fu affiancata dal Battaglione Real Ferdinando, che era la scuola di alta formazione degli ufficiali.
Tutte queste scuole erano disseminate in vari edifici della città: dal Forte di Vigliena, usato per le esercitazioni, ad ex palazzi nobiliari ristrutturati nel quartiere della Maddalena e a Santa Lucia, arrivando a Castel Sant’Elmo.

Allievo della Nunziatella Borbone
Un allievo della Nunziatella ai tempi dei Borbone

Nasce la Nunziatella per mano di un ministro inglese

La preparazione dei cadetti delle accademie militari napoletane era severissima. Furono chiamati alle cattedre alcuni dei migliori docenti dell’epoca, dal mondo civile e militare. Gli studi, però, si fermavano alle discipline scientifiche, dalla matematica alla fisica, passando per l’ingegneria e per tutte le materie propriamente militari. Di cultura classica non si parlava ancora. E fu necessario un vero e proprio shock per far nascere l’attuale Scuola Militare della Nunziatella.

Il nuovo re, Ferdinando IV, aveva infatti scoperto che all’interno del Battaglione Real Ferdinando, c’erano diversi cadetti iscritti ad una loggia massonica. Questa notizia lo fece letteralmente impazzire dalla rabbia e diede immediatamente incarico al suo fidatissimo ministro della marina, l’inglese John Acton che aveva mandato in pensione Tanucci, a riformare completamente l’accademia militare napoletana.

Il ministro inglese mandò alcuni generali napoletani in giro per l’Europa per studiare i regolamenti dei migliori eserciti dell’epoca, da quello francese a quello britannico. Poi chiamò a sé i più esperti docenti di lettere, filosofia e Storia del Regno: era convinto che il sentimento di unità nazionale si dovesse creare attraverso la cultura e il buon esempio. E i militari dovevano essere innanzitutto persone di cultura per poter servire una patria.

Mancava solo un edificio, possibilmente vicino al Palazzo Reale, di grandi dimensioni e facile da ristrutturare rapidamente: la scelta ricadde sull’ex convento gesuita dell’Annunziata, liberato dopo la cacciata dei gesuiti dal Regno: si trovava in uno dei punti più belli in assoluto di Napoli, sul “pizzo” del Monte Echia, l’altura sulla quale nacque la città.
Era il 18 maggio 1787 e nacque così il collegio militare della Nunziatella, chiamato con il diminutivo per distinguerlo dalla chiesa dell’Annunziata.

Stemma della Nunziatella
Lo stemma della Nunziatella

Ideali nobili

Il promotore dell’istituto fu il generale Giuseppe Parisi: fu anche il secondo direttore dell’accademia e ancora oggi la strada di Pizzofalcone porta il suo nome: nel suo progetto, la Nunziatella doveva essere una scuola completa, capace di accompagnare l’intero processo di crescita degli allievi, che venivano accolti dai 9 ai 12 anni e sarebbero usciti da quelle mura solamente a 18-20 anni, con una divisa da ufficiali dell’esercito. Nel regolamento originale della Nunziatella, si imponeva ai docenti un’educazione “armonica“, dove “eccitare la curiosità e avviare i discepoli gradatamente e piacevolmente al ragionamento, senza tralasciare letteratura, facendo in modo che la Storia non sia un’arida filza di dati e di fatti, e che si impari il latino leggendo i classici“. I primi anni dell’Accademia furono un vero successo che destò interessi in tutta Europa: vennero infatti ad ammirare l’accademia numerosi dignitari di Stati stranieri, dai principi di Carignano e di Sassonia senza dimenticare anche gli scienziati Lazzaro Spallanzani e Felice Fontana.

Vittorio Emanuele III di Savoia Nunziatella
Un allievo d’eccezione: Vittorio Emanuele III di Savoia

Una accademia borbonica in conflitto con i borbone

Sotto i Borbone la Nunziatella ebbe fortune alterne: Ferdinando IV, che la inaugurò e ne era inizialmente molto orgoglioso, si trovò più volte in fortissimo contrasto con la scuola. Nel 1799 l’accademia infatti si schierò a favore dei Repubblicani, creando non pochi grattacapi ai sanfedisti. Tant’è vero che il re, nel 1800, come primo provvedimento firmò il decreto che ne sanciva la soppressione. Fu riaperta nel 1806 e, di nuovo, con l’arrivo di Murat la scuola diventò fedelissima al nuovo re francese. Al ritorno di Ferdinando, con un nome nuovo, però, con sorpresa la scuola non fu chiusa, ma ci fu un severissimo controllo.
Nonostante una reggenza vicina ai Borbone, dal generale Parisi ai suoi successori come Carlo Filangieri, in realtà, i docenti della Nunziatella erano particolarmente ribelli: da Francesco De Sanctis, futuro ministro della pubblica istruzione dell’Italia unita, a Mariano D’Ayala ed Errico Alvino, passando per tantissimi altri nomi, proprio nell’accademia militare passarono molti dei fautori dell’Unità. E Ferdinando II di Borbone, su consiglio dello Stato Maggiore, decise di spostare l’accademia a Maddaloni, nella speranza di tirarla fuori dai movimenti rivoluzionari del 1848. La storia ci dirà che non fu così, anche se proprio re Ferdinando ebbe un rapporto molto affettuoso con gli alunni dell’accademia.

Dopo la morte del re napoletano e l’arrivo di Garibaldi, la scuola si trovò su entrambi i fronti del combattimento: da un lato c’erano Enrico Cosenz e Vincenzo Giordano Orsini sul campo, con la camicia rossa, a combattere per Garibaldi; dall’altro Pietro Calà Ulloa, fedelissimo borbonico, sulle barricate di Gaeta.

Scuola Nunziatella
Una cartolina della Nunziatella con i nomi di tutti i suoi ex allievi passati al Regno d’Italia

La Nunziatella dopo l’Unità

L’Italia unita non fu inizialmente una buona notizia per la Nunziatella. Si parlò più volte di soppressione della scuola, che paradossalmente fu scongiurata proprio da appassionati interventi in parlamento di moltissimi suoi ex allievi e docenti. Paradossalmente sotto il ministero di Francesco De Sanctis, suo ex docente, la scuola fu declassata al rango di istituto tecnico che doveva fornire gli allievi alle scuole di ufficiali di Modena e Torino. Paradossalmente, i primi due capi di Stato Maggiore dell’Italia Unita erano due ex allievi borbonici: Enrico Cosenz e Domenico Primerano.

A salvarla dalla chiusura, che doveva arrivare crudelmente nell’anno del centenario, fu il discorso appassionato di un medico: Ferdinando Palasciano, uno dei padri della Croce Rossa, spese parole appassionate in parlamento. La scuola si salvò e tornò al suo antico splendore. Anzi, il nuovo re, Umberto I di Savoia, cercò di spendersi in prima persona per dare il sentimento di vicinanza della dinastia con numerosissimi viaggi a Napoli: fece nascere qui suo figlio, Vittorio Emanuele III, e lo iscrisse anche alla Nunziatella.

Nel 1908 arrivò poi la riforma che impostò la scuola in modo moderno: diventò un istituto di formazione superiore che non obbligava alla carriera militare, ma faceva crescere i giovani con i precetti, la divisa e la disciplina di un’accademia: fu un successo che salvò la scuola e le fece avere ottimi risultati che, nei tempi del Fascismo, furono ampiamente apprezzati dalla politica militarista del governo. Durante la guerra, nel 1944, la sede delle attività accademiche fu trasferita a Benevento per pochi mesi.

Una tradizione nel mondo moderno

Oggi la Nunziatella è rimasta una scuola di eccellenza, capace di creare un fortissimo senso di appartenenza fra i suoi ex allievi. Sopravvissuta a quattro tentativi di chiusura, si pensò di nuovo di farle chiudere i battenti nel 1985, alla vigilia dei 200 anni di attività (gli anniversari, a quanto pare, non portano benissimo!), ma di nuovo un’operazione congiunta di politica locale, stampa napoletana ed associazioni di ex allievi riuscì a scongiurare l’ennesima chiusura. Nel frattempo la scuola ha continuato a sfornare personalità eccellenti in ambito civile e militare che hanno ricoperto ruoli di primissimo piano non solo in Italia, ma stavolta anche nell’Unione Europea.

Ed oggi, nelle divise tirate a lucido dei primi allievi nati nel III millennio, negli spadini e nelle consuetudini che sembrano un retaggio di secoli passati avulse dal frettoloso mondo moderno, c’è tutto il senso di quella tradizione giunta in tempi inimmaginabili per il Generale Parisi.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Sandro Castronuovo, Storia della Nunziatella, Sergio Civita Editore, Napoli, 1990
Esercito Italiano
Associazione Nazionale Ex Allievi della Nunziatella

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