La permanenza a Napoli di Gustav Armfelt, ambasciatore Svedese presso la corte di Ferdinando IV sul finire del ‘700, è associata ad un complotto internazionale contro il suo stesso sovrano, a degli insospettabili sicari che lo spiavano e perfino ad un brutale omicidio avvolto nel mistero.
Chi era Gustaf Mauritz Armfelt
Armfelt nacque nell’attuale Finlandia, da una famiglia aristocratica svedese, che gli consentì di avere un’ottima istruzione. Fin da giovanissimo, viaggiò frequentemente per l’Europa e, molto presto, intraprese la carriera militare, riuscendo ad accedere ad alti gradi in breve tempo: divenne ufficiale a soli sedici anni. Inoltre, appena ventenne, entrò far parte della guardia reale.
Tuttavia, a causa del suo temperamento irriverente e sfrontato, fece indispettire il re di Svezia, che non lo reputava consono ad uno dei suoi uomini più selezionati, quindi ordinò il suo allontanamento dall’esercito. Ma il giovane Armfelt non si perse d’animo, lasciò la Svezia inseguendo la sua attitudine per la vita militare, mettendosi al servizio di eserciti stranieri delle principali corti europee, finchè, dopo un fortunato incontro, ebbe modo di recuperare i rapporti con il re Gustavo III, con cui, stavolta, strinse un nuovo e forte legame d’amcizia.
Non solo riuscì a recuperare la sua precedente posizione nell’esercito, ma ottenne molto di più, divevendo uno dei principali consiglieri del sovrano. Lo seguì in numerosi viaggi diplomatici, partecipò attivmente a trattative ed anche a scontri armati in nome di Gustavo III. La situazione, tuttavia, si ribaltò: nel 1792, il re morì per mano di un attentatore.
Il figlio di Gustavo III era troppo piccolo per poter sedere sul trono di Svezia, così la corona passò al fratello del defunto sovrano, Carlo, duca di Sodermanland, che non aveva affatto in simpatia Gustaf Armfelt, ma non poteva sbarazzarsene definitivamente, data la sua importante posizione a corte.
Armfelt a Napoli
Il motivo dell’inimicizia tra i due è avvolto da un alone di mistero. Lo storico napoletano Carlo Tito Dalbono (padre del pittore Edurdo, a cui è dedicata una via al Vomero) sostiene che Armfelt avesse una storia d’amore segreta con un’aristocratica svedese che il Duca Carlo aveva scoperto e che non poteva tollerare, ma probabilmente si tratta di una versione fin troppo romanzata. Più probabilmente, i motivi del contrasto erano politici.
Carlo decise che fosse tempo di cambiare aria per Armfelt: lo nominò ambasciatore presso il Regno di Napoli, alla corte di Ferdinando IV, per allontanarlo dalla propria vista e dagli ambienti più vicini al Trono di Svezia.
Durante il suo soggiorno a Napoli, Armfelt, che stava maturando da tempo dei sentimenti di inimicizia verso il nuovo re, non stette con le mani in mano: tentò di tessere una tela di rapporti con nobili e militari, sia svedesi che stranieri, per rovesciare il Duca dalla reggenza del trono di Svezia, tra i quali compare il nome di Caterina II di Russia. Ma le sue lettere furono intercettate ed il suo piano fallì.
La reazione di Carlo non si fece attendere: chiese alla Corte di Napoli di catturare il traditore e di spedirlo in Svezia, dove sarebbe stato punito a dovere.
Salvo per dispetto
Tuttavia, il fato fu dalla parte di Armfelt: per una situazione del tutto esterna a quella vicenda, quella della Rivoluzione francese, Ferdinando IV rifiutò di fare questo favore al re di Svezia. Infatti, pochi anni prima, il Regno di Svezia aveva riconosciuto la neonata Repubblica di Francia. Un gesto che non fu gradito dai Borbone, che avrebbero sperimentato l’effetto dei moti rivoluzionari solo pochi anni dopo.
Malgrado la scomoda risposta ricevuta, il re di Svezia decise di agire per vie traverse. Durante la permanenza a Napoli di Gustaf Armfelt, ben tre sicari tentarono di seguirlo e assassinarlo.
I tre furono individuati e arrestati poco tempo dopo. Erano tutti cittadini del Regno di Napoli, uno di loro era perfino un artista, allievo di Raffaele Morghen (a cui è oggi dedicata una via al Vomero). Armfelt capì di non essere più al sicuro a Napoli e approfitò della situazione momentaneamente pacifica per fuggire. Da quel momento, non servì più la Corona di Svezia.
Dalbono riporta che proprio in quei giorni, per Napoli girava un mendicante dai modi di fare caratteristici: camminava ripetendo come una cantilena la frase “Provvidenza! Buona speranza!” e fermandosi, di tanto in tanto, a scrutare con sguardo attento i passanti. Di lui si persero le tracce al seguito di un brutale omicidio avvenuto in città, che vide protagonista un uomo sconosciuto, fatto a pezzi, che poi sono stati nascosti in più punti.
Secondo lo storico, l’uomo assassinato sarebbe stato qualcuno correlato alle vicende di Armfelt, che magari ne favorì la fuga o che fosse coinvolto nel complotto e che, invece, il mendicante fosse in qualche modo correlato al re di Svezia, ma sulla questione non fu mai fatta luce. Forse queste due situazioni sono state correlate semplicemente da voci di corridoio e dalla fantasia popolare.
Epilogo
La vita di Armfelt lontano dalla corte di Svezia continuò ad essere movimentata ed avventurosa: si mise al servizio dell’esercito russo, con il quale compì grandi imprese. E’ considerato uno dei fondatori dell’odierna Finlandia. Ancora una volta, il suo valore militare lo aiutò ad avvicinarsi all’ambiente di corte, di cui fece attivamente parte fino alla sua morte, in una lussuosa residenza dei Reali di Russia, nel 1814.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
“Napoli d’altri tempi” di Fabio Colonna di Stigliano
“Tradimento ordito contro la patria da Gustavo Maurizio Armfelt“
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