Le allegorie di Giacomo Colombo del Cappellone di San Domenico di Guzmán nella chiesa di Santa Caterina a Formiello, i sepolcri monumentali dei principi di Piombino nella chiesa di San Diego all’Ospedaletto , la pietà ebolitana, il Cristo deposto conservato all’Università di San Orsola Benincasa. Sono alcune delle opere d’arte realizzate da uno scultore padovano Giacomo Colombo, trapiantato a Napoli tra il 600 e il 700. Divenne una vera star della scultura napoletana.
Scultore in marmo e in legno policromo, mutò le espressioni artistiche della scultura della città di Napoli e della Spagna con le sue opere d’arte sacre. Un ponte di congiunzione tra due culture diverse che si uniscono a vicenda. È considerato dagli studiosi anche un bravo imprenditore come Giotto. Ha arricchito chiese di Napoli con le sue opere, ampliando il patrimonio artistico e culturale del meridione. Possiamo anche definirlo il Cristoforo Colombo della scultura di quei tempi. Un pioniere con martello e scalpello.
Particolare del Padre Eterno di Giacomo Colombo in Santa Caterina a Formiello
Uno scultore padovano a Napoli
Giacomo Colombo nacque ad Este, in provincia di Padova, in Veneto, nelle vicinanze dei Colli Euganei negli anni ’60 del 600. Giovanissimo si trasferì a Napoli nel 1678, seguendo Pietro Barberis per la realizzazione delle acquasantiere nella chiesa della Croce di Lucca. In questo preciso momento iniziò anche la formazione artistica di Giacomo Colombo. Collaborò con artisti noti per le loro doti artistiche come Matteo Bottigliero, allievo della scuola di Lorenzo Vaccaro.
Si trovò in un panorama artistico complesso: spadroneggiavano gli allievi di Giuseppe Sammartino, Giuseppe Picano e Angelo De Vivo, Nicola Fumo e Giuseppe Bonavita. Si fece strada con diversi lavori con maxi compensi, maturando esperienza. Come ogni artista che si rispetti lascio il suo autoritratto nella allegoria della Religione nella chiesa rinascimentale di Santa Caterina a Formiello. Lasciò la sua firma in quel caso.
Giacomo Colombo e il suo maestro Francesco Solimena
Giacomo Colombo nella sua esistenza entrò in contatto con grandi personalità del suo tempo: Francesco Solimena, pittore celeberrimo nell’ ambito della pittura napoletana del 700, una star assieme al suo allievo Francesco De Mura. Fece opere magnifiche come quelle sulle pareti, ambedue datate e firmate raffiguranti “ La caduta di Simon Mago”, risalente al 1690, e “la Caduta di San Paolo”, del 1698. Il giovanissimo Colombo non solo diventò amico ma anche allievo del vecchio Abate Ciccio: Colombo apprendeva e accettava consigli per le sue opere di legno policromo e di marmo.
Il duo dinamico lavoro insieme alla Certosa di San Martino alla realizzazione dei cori lignei e alla Cappella del Tesoro del Tesoro di San Gennaro. I due non si risparmiavano nei lavori che catturano gli spettatori i quali restano esterrefatti di tanta bellezza. Forse, la frase di Dostoesvskji salverà il mondo, non era una falsità. Fecero sfoggio delle loro doti artistiche, un vero duo dinamico, nella contro facciata della realizzazione delle tombe monumentali dei principi di Piombino all’inizio del XVIII secolo, scolpite da Giacomo Colombo sul disegno di Francesco Solimena. Opere d’arte che non passano di certo inosservate dai visitatori.
Giacomo Colombo e la sua arte in Spagna
Particolare del Cristo alla Colonna di Giacomo Colombo, Madrid
Giacomo Colombo, come è già noto, era detto anche il Giotto del 700: fu capace di tramutare la sua bottega in quasi in un’industria, dove la redditività del prodotto offerto, la scultura devozionale, fu sfruttata al massimo, approfittando degli stessi modelli, per diverse opere, non solo della stessa iconografia.
È stato questo il successo commerciale dallo scultore. Lo scultore padovano ebbe, dal sud Italia, tre committente in Spagna: due si trovano custodite, a Madrid, nella Cattedrale de la Almudena, conosciuta con il nome della chiesa di Ginès; un Cristo alla colonna risalente 1698, una Santa Teresa custodita nella convento dei Trinitarie, e un’Immacoltata conservata nel museo di Bellas Artes di Bilbao. Giacomo Colombo non fu considerato un gradissimo scultore in Spagna, ma particolare per i suoi gusti, non risultava una grande novità ai contemporanei spagnoli. Ma, non è mai caduto in oblio nemmeno in Spagna.
Lo stile di esecuzione di Giacomo Colombo
Lo studioso spagnolo Arturo Serra Gómez, esperto dello scultore padovano, afferma che una delle caratteristiche più riconoscibili delle opere di Giacomo Colombo è il suo particolare modo di riprodurre le punte dei capelli con un ricciolo forato nel centro dal trapano. L’uso del trapano non è abituale nella scultura lignea, dove il materiale è ridotto grazie all’intaglio e non distrutto come nel caso della scultura in marmo.
È noto che Colombo lavorò anche il marmo e ben conosciute sono le sue opere come scultore. L’artista adoperò questa tecnica, propria del marmo, per le sue prestazioni come intagliatore. Questo modo di lavorare i capelli è presente nella quasi totalità delle sue opere, siano essi intagli lignei o sculture marmoree. Una caratteristica che nel caso delle sue “Immacolate” diventa una reale ossessione, quasi una seconda firma.
“La nostra vita è breve: parliamo continuamente dei secoli che hanno preceduto il nostro o di quelli che lo seguiranno, come se ci fossero totalmente estranei; li sfioravo, tuttavia, nei miei giochi di pietra: le mura che faccio puntellare sono ancora calde del contatto di corpi scomparsi; mani che non esistono ancora carezzeranno i fusti di queste colonne.” Queste le parole che scriveva la scrittrice Marghuerite Youcencar sull’arte, che si addice a Giacomo Colombo: un genio ormai scomparso che riecheggia nei secoli avvenire .
Opere documentate, ma ancora da identificare
Le opere di Giacomo Colombo sono molteplici e difficili da elencare, difatti esistono moltissimi contribuiti, ma non una monografia completa con tutte le sue opere: un realtà molto complessa per i suoi studiosi, appassionati e amanti di scultura di legno policromo e di marmo tra XVII e XVIII secolo. Recentemente, sono stati trovati due documenti inediti e pubblicati qualche anno fa. Sono state documentate mediante le scritture bancarie del banco della Pietà datate intorno al 1707. Tuttora, però non sono state identificate dagli studiosi e appassionati d’arte sacra. Solo due opere: un crocifisso per una chiesa a Salerno e una statua delle Grazie con bambino sulle gambe di legno policromo ed sconosciuto il luogo di destinazione.
Particolare delle scritture bancarie
Bibliografia:
Serra Gómez Arturo. Il San Giacomo di Prata di Giacomo Colombo la fortuna di un modello iconografico. Riscontri, ANNO XLIII (Nuova Serie IV) – N. 3, Settembre-Dicembre 2021, Avellino, Il Terebentino Edizioni, pp. 23- 46
Rizzo Vincenzo, Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro: apoteosi di un binomio, altristampa, 2021
Sitografia:
https://www.treccani.it/enciclopedia/giacomo-colombo_%28Dizionario-Biografico%29/
http://www.fedoa.unina.it/view/creators/Pinto=3AAldo=3A=3A.html
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