Fino a pochi anni fa, la frase “ho girato per tutta Napoli e 36 casali” era un modo di dire molto comune fra i napoletani. Si esclama quando, pur di trovare qualcosa, si è costretti a compiere delle ricerche difficili e in ogni dove.
L’origine di questo detto è antichissima e risale probabilmente addirittura all’epoca ducale, intorno al X secolo. Quel che è certo è che già si tempi dell’assedio di Napoli da parte di Belisario (565) esistevano i casali, intesi come villaggi. Una fonte dell’epoca racconta che, dopo l’assedio della città, l’intero territorio di Napoli rimase spopolato. Papa Silverio, adirato, disse a Belisario di riparare il danno e il generale decise quindi di “portare a Napoli le popolazioni dei casali vicini, come Trocchia, Chiaiano, Piscinola, Liburia, Somma e altri villaggi.“
Secoli dopo gli Angioini, dopo aver conquistato il Regno di Napoli cacciando gli Svevi, decisero di introdurli come criteri amministrativi della provincia.
La provincia di Napoli venne suddivisa quindi in 36 casali, ognuno dei quali aveva un’identità e un nome che, oggi, sono diventati i quartieri di Napoli e la sua provincia.
L’origine dei casali
Si parla di “casali” già ai tempi del Ducato di Napoli, attorno al secolo X. Con questo nome erano individuati i piccolissimi agglomerati di case coloniche all’interno dell’agro napoletano, che oggi è quasi completamente sparito. Eppure, stando alle ricostruzioni di Gaetano Nobile, Summonte e Benedetto Croce, il terreno della provincia di Napoli era fertilissimo e produceva frutta eccezionale: come dimenticare la mela annurca, ad esempio?
Alcuni casali di Napoli sono sopravvissuti, in una forma più o meno antica, fino ai tempi dell’edilizia selvaggia del dopoguerra che ha praticamente unito Napoli alla sua provincia distruggendo quasi tutti i terreni agricoli.
I casali cambiavano dimensione, si univano fra di loro e crescevano in modo disordinato: nello stesso periodo angioino, pochi anni dopo l’istituzione delle unità amministrative, se ne menzionano fino a 43.
I 36 casali, infatti, non erano abbastanza grandi per essere identificati come città, ma avevano una popolazione fissa, fatta per lo più da contadini del luogo che, per guadagnare quel poco da vivere, scendevano in città con i carretti a vendere la frutta fresca.
Le loro comunità appartenevano al demanio dello Stato o, in alternativa, alle famiglie nobiliari proprietarie dei terreni, che spesso effettuavano una vera e propria compravendita di casali. Guardando nel beneventano, l’antica Telesia dopo il terremoto del 1366 fu ad esempio comprata dai Carafa. Poi, dopo l’abolizione del feudalesimo operata da Giuseppe Bonaparte, i casali diventarono comuni autonomi.
Quali erano i 36 casali?
Alla domanda non c’è una risposta univoca. Nei secoli che seguirono la dominazione angioina, infatti, il numero di casali è variato spesso, dato che Napoli ha lentamente “assorbito” la sua provincia. L’esempio lampante è l’antico Villaggio del Vomero, che un tempo era un piccolo casale di pastori ed oggi è il quartiere commerciale della città.
Originariamente erano questi:
Torre Annunziata, Resina, Portici, San Sebastiano, San Giorgio a Cremano, Ponticelli, Barra di Serino, San Giovanni a Teduccio, Fraola, Casalnuovo, Casoria, San Pietro a Patierno, Frattamaggiore, Arzano, Grumo Nevano, Casandrino, Melito, Marano, Mongano, Panecuocolo, Secondigliano, Chiaiano, Calvizzano, Polvica, Piscinola, Marianella, Miano, Antignano, Vomero, Torricchio, Pianura, S. Strato, Ancarano, Villa Posillipo.
Rimane fuori Torre del Greco, che in alcuni casi è segnalato come 37° casale, mentre in altre fonti è indicata come castello. L’altra “torre”, ovvero Torre Annunziata, per un certo periodo si chiamò Gioacchinopoli, per volere di Murat.
Altri nomi sono invece spariti nella toponomastica moderna: Fraola, ad esempio, è diventato Afragola; Mongano è diventato Mugnano e Resina è invece, recentemente, tornata Ercolano. Il discorso per Panecuocolo (o Panicocoli) è un po’ diverso: il villaggio si chiamava così perché, letteralmente, era famoso per i forni del pane. Oggi ci sarà più familiare con il nome di Villaricca.
All’interno della città di Napoli Torricchio è diventata l’attuale Materdei, mentre S.Strato era un borgo di Posillipo sorto attorno alla chiesa che esiste ancora oggi.
Polvica, infine, non è da confondere con il paesino che si trova dalle parti di Nola: era un villaggio che sorgeva a Chiaiano.
De 36 casali in provincia di Napoli, solo uno ha conservato la dicitura “casale” nel nome: è il comune di Casalnuovo. Nel casertano, invece, questo retaggio antico lo troviamo a Casal di Principe. A Salerno invece ci sono ancora Casal Velino e Casal Buono.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Historia della città e del Regno di Napoli, A. Summonte
http://napoleide.blogspot.com/2011/01/me-pare-nucasale-assacchiato.html
http://www.fedoa.unina.it/956/1/tesi_DiLorenzo_Agostino.pdf
http://sasaprof.blogspot.com/2018/10/i-casali-di-napoli.html
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