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Il mondo non cambia mai. E lo scopriamo seguendo la storia dei Sedili, L‘istituzione che ha dominato per duemila anni la politica napoletana. Era una sorta di parlamento cittadino che nasce addirittura nell’antica Roma e che, ovviamente, faceva gli interessi di pochi ricchi e tanti corrotti.

Ancora oggi troviamo traccia della presenza dei sedili un po’ ovunque, partendo da Via Sedile di Porto, arrivando ai simboli di Colapesce sparsi un po’ ovunque.

Nella chiesa di San Lorenzo, alle spalle di Piazza San Gaetano, si sono riuniti per secoli i rappresentanti di tutti i quartieri della città per decidere il bello e il cattivo tempo della politica locale. Si trattava di organizzazioni molto complesse, spesso gestite per secoli dalle stesse famiglie.

Per capire l’importanza dei sedili, basta pensare che Carlo V, l’imperatore spagnolo che governava mezzo mondo, a Napoli fu accolto dai rappresentanti dai Sedili per “ricevere le chiavi della città”. Praticamente l’imperatore ricevette un’investitura da parte dei nobili napoletani che, in cambio della fedeltà del Regno di Napoli, avrebbero avuto garantiti ampi poteri politici.

La nobiltà napoletana desiderava infatti governare Napoli in modo autonomo. Del resto, buona parte dei territori del Regno era diviso proprio fra le stesse famiglie napoletane. Questa concentrazione di potere, come facilmente prevedibile, non finì bene. Soprattutto in epoca vicereale, senza un re potente in città, la vita di Napoli fu segnata da faide fra famiglie, speculazioni edilizie selvagge e rivolte popolari.

Le Fratrie romane

Per trovare gli antenati dei Sedili dobbiamo bussare alla porta addirittura degli antichi romani. In epoca repubblicana esistevano infatti le “fratrie“, un sistema di autogoverno della città attraverso personaggi eletti dal popolo che avrebbero dovuto gestire. Il termine deriva addirittura dal Greco.

Poi arrivò la religione. Fu Costantino il Grande, l’imperatore romano che fondò l’Ordine Costantiniano, che oggi ha sede proprio a Napoli, a fondare i Seggi di Napoli: voleva infatti che la città fosse gestita da personaggi legati al mondo Cristiano, per curare la cosa pubblica che, guardacaso, coincideva fin troppo spesso con gli interessi degli stessi politici. Ne è una dimostrazione il dominio completo che ebbero i benedettini in città durante l’epoca ducale.

Perché si chiamano Sedili o Seggi?

Per le poltrone, letteralmente. I “parlamenti” dei quartieri in cui si radunavano i nobili erano infatti costruiti in chiese o in palazzi costruiti appositamente per questo ruolo: erano edifici con pianta quadrata, aperti da tre lati e coperti da una cupola. Occupavano circa 15 metri quadrati ed avevano una sala grande, con sedili per far riunire in circolo i partecipanti. C’era poi, sul lato senza ingresso, una porta per le “riunioni riservate“. Quasi tutti i palazzi furono distrutti durante il Risanamento.

Ferdinando IV e la nascita dei moderni quartieri

L’esperienza della Repubblica Napoletana fu di grande insegnamento per Ferdinando IV che, tornato a Napoli con l’aiuto di inglesi e austriaci, decise di farla finita con qualsiasi dialogo liberale. I primi a pagare amaramente furono proprio i nobili dei sedili, che già da anni erano considerati un inutile peso che spesso frenava, con questioni politiche o legali, l’operato del re. I tempi erano cambiati e Ferdinando aveva l’intenzione di troncare i ponti con il passato medievale, spesso troppo pesante, che ancora tormentava lo scenario politico di Napoli. Ci riuscirà solo Murat in quest’impresa, ma, nel 1800, Ferdinando dichiarò chiusi i seggi di Napoli e accorpò buona parte della politica cittadina nella gestione dei 12 quartieri che, senza sorpresa, furono comunque gestiti da rappresentanti che facevano parte degli stessi precedenti sedili. I nobili che invece avevano appoggiato i francesi durante la Repubblica Napoletana furono giustiziati.

I quartieri individuati nel 1779 dal Re di Napoli erano praticamente gli stessi che esistono ancora oggi in città.

Sedili di Napoli
Sedili di Napoli in un palazzo nobiliare

Quali sono i sedili di Napoli?

In origine erano 5, ognuno con un suo stemma. Poi fu aggiunto un sesto, del “Popolo”, che aveva solo la funzione di riferire ai nobili le lamentele della classe borghese. Molti rappresentanti del popolo in epoca vicereale erano corrotti o politicamente insignificanti e finirono spesso uccisi o linciati dagli stessi cittadini che li avevano votati. C’erano poi una infinità di seggi minori, che nel 1266 erano addirittura 23, che rispondevano ai sedili maggiori di quartiere. Nel corso del tempo il numero si ridusse sempre di più, fino a sparire sotto Roberto d’Angiò, che nel 1366 volle riformare completamente l’amministrazione di Napoli. I nobili furono particolarmente affezionati agli angioini (anche perché Carlo d’Angiò si era ben occupato di sterminare qualsiasi famiglia contraria al nuovo dominio), mentre furono quasi sempre ostili agli spagnoli, tant’è vero che nel ‘500 cercarono di sostenere Odetto di Foix nell’invasione francese di Napoli. E riuscirono addirittura a cacciar via da Napoli l’inquisizione spagnola introdotta da Pedro di Toledo per controllare i nobili.

Sedile di Capuana

Sedile di Capuana: si trovava nell’attuale vicolo Sedile Capuano e sopravvivono due archi dell’antico palazzo inglobati in una costruzione moderna. Probabilmente prende il nome dalla famiglia Capuano che, nell’epoca ducale, era una delle più potenti di Napoli.

Sedile di Montagna

Sedile di Montagna: chiamato così perché sorgeva nel punto più alto della città.

Sedile di Forcella

Sedile di Forcella: si trovava dalle parti del famoso “cippo a Forcella”, oltre ad avere lo stesso simbolo della Scuola di Pitagora.

Sedile di Nilo

Sedile di Nilo (o Nido): sorgeva a Piazzetta Corpo di Napoli, ma fu trasferito nel ‘500 nella chiesa di Sant’Angelo a Nilo.

Sedile di Porto

Sedile di Porto: il suo simbolo è Colapesce, il personaggio leggendario che unisce Napoli al resto del Mediterraneo. Si trovava a Via Sedile di Porto, anche se la zona è stata completamente rasa al suolo durante il Risanamento. L’unica testimonianza è una lapide all’inizio di Via Mezzocannone, con una scritta che spiega l’antica presenza dell’istituzione: “Abbattute le luride case ed il contiguo supportico Angioino che da un lato e dall’altro rendevano stretti ed oscuri i vichi, e costruite nuove e vaste vie e comode abitazioni a risanamento e decoro della città. Il Municipio fece qui collocare queste lapidi superstiti affinché ricordassero ai posteri il sito e l’impresa del vecchio seggio di Porto che fino all’anno 1742 nell’angolo di Vico Mezzocannone esistette”.

Sedile di Portanova

Sedile di Portanova: si trova, non a caso, a Piazza Portanova, in un punto in cui furono ampliate le mura e inserita una nuova porta cittadina. C’è una lapide del Risanamento che ricorda la presenza dell’antico sedile: Da tempi remotissimi qui sorse il seggio di Portanova. Uno dei cinque nobili consessi che col popolare formarono l’antica amministrazione municipale di Napoli. E durò fino al 1800, quando questa, incolpata di amore alla libertà, fu da Ferdinando IV di Borbone abolita e quello a private abitazioni ridotto nel 1898. Il municipio di tempi nuovi e liberi, regnando Umberto I Re d’Italia, perché di ciò rimanesse memoria, questa lapide pose”.
C’è da aggiungere che questa lapide è un po’ parziale nel racconto: Ferdinando IV abolì davvero nel 1800 i seggi e sicuramente lo fece con spirito assolutista.

I “Capitani di Strada” e il sesto sedile

Se oggi esistono le municipalità e nell’800 esistevano i quartieri, Napoli è stata divisa in “ottine” per buona parte della sua Storia. Prima ancora erano chiamate “contrade” o “regioni”, ma non cambiava il senso: ogni zona della città doveva eleggere 8 persone fra i nobili, che a loro volta eleggevano il “capitano di strada”. Il Re nominava questo capitano come “portavoce” degli interessi del popolo.

Così nacque il Sedile del Popolo: fu introdotto nel XVI secolo dopo numerose rivolte popolari contro i soprusi della nobiltà napoletana, spesso aiutata da tribunali corrotti e poco limpidi nelle proprie decisioni (come narrano anche le vicende del Tribunale della Fortificazione). In realtà si trattò di un contentino: il rappresentante del popolo poteva solo riferire lamentele, senza alcun potere decisionale. E il popolo, ignorante, se la prendeva con i rappresentanti perché incapaci di cambiare le cose.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Alfredo D’Ambrosio, le strade di Napoli antica nella città moderna
Gino Doria, le strade di Napoli
http://www.nobili-napoletani.it/sedili_di_Napoli.htm

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