Che lo si ami o lo si odi, Ferdinando II di Borbone fu senz’altro uno dei personaggi politici più famosi che il Sud Italia abbia mai prodotto.
Con le sue idee rese Napoli una delle città più in vista d’Europa, ma fu anche protagonista di sanguinose repressioni.
Rifiutò la possibilità di unire l’Italia in quanto, nei suoi progetti, il centro del mondo era e sarebbe stato Napoli. Ma la sua morte improvvisa cambiò del tutto i piani.
Conosciamolo meglio.
Un re innovatore
Ferdinando nacque a Palermo nel 1810, mentre a Napoli regnava Gioacchino Murat, e diventò re a soli vent’anni, anche se già da giovanissimo aiutava il padre Francesco I in compiti di governo.
Viaggiò molto in Italia, ma soprattutto spendeva la maggior parte del suo tempo alla ricerca di un contatto continuo con le popolazioni di tutte le regioni del Sud Italia.
Sin da giovane fu molto critico verso la politica del padre, così come mal sopportava le persone che lo circondavano: le considerava corrotte e inadeguate.
Ferdinando II cercò di modernizzare il regno. Nonostante la giovane età, si fece promotore di riforme fiscali e di una battaglia contro la burocrazia. E i risultati economici furono di tutto rispetto: l’impianto industriale del Sud Italia nacque proprio per mano sua. Allo stesso modo, la pressione fiscale era estremamente bassa e le casse del Regno delle Due Sicilie erano in eccellente salute.
Napoletano in privato
Nella vita privata era un napoletano in tutti i sensi. Particolarmente superstizioso, preferiva evitare di viaggiare il giorno 17 del mese. Aveva anche numerosi rituali scaramantici: su tutti, possedeva un corniciello rosso che stringeva fra le mani quando aveva bisogno di fortuna.
Amava passeggiare fra le strade di Santa Lucia, proprio come il nonno, fermandosi a parlare in napoletano con i pescatori. Era profondamente cattolico e tenne per tutta la vita una fitta corrispondenza con i Papi.
A tavola era un buongustaio: amava i cibi della tradizione, dalle lasagne (poi diventarono il soprannome del figlio Francesco!) alla pizza, passando per soffritto, spaghetti e mozzarella. E le fotografie d’epoca raccontano bene la sua obesità.
Nella vita privata fu un marito devoto. La prima moglie, Maria Cristina di Savoia, morì poco dopo la nascita del figlio Francesco. Si sposò poi una seconda volta, con Maria Teresa d’Asburgo, che cercò di essere molto presente nelle vicende politiche.
La rottura con l’Inghilterra e l’amicizia con la Russia
Per capire Ferdinando II bisogna guardare il suo rapporto con l’Inghilterra, che nel XIX secolo era lo Stato più potente del mondo, fu un eterno conflitto. Eppure proprio gli inglesi furono gli alleati dei Borbone, appena 20 anni prima, nella repressione della Repubblica Napoletana del 1799.
I primi screzi nacquero per una questione apparentemente poco importante: una concessione commerciale molto vantaggiosa per l’Inghilterra nella gestione delle miniere di zolfo in Sicilia, materiale fondamentale nella produzione di polvere da sparo. Nel 1838 Ferdinando II, nella speranza di trarre maggiori guadagni, decise di stringere un secondo accordo con la Francia. Un’iniziativa che non piacque affatto agli inglesi e che fece sfiorare una guerra con Napoli. Di lì, le relazioni con la regina Vittoria
I tanti moti rivoluzionari che si trovò ad affrontare inasprirono moltissimo il carattere del re: dopo gli screzi con gli inglesi e la mano lunga dell’Austria che aveva affogato per anni il Regno, Ferdinando decise che non era più il caso di avere rapporti politici con il resto d’Europa, dato che ne derivavano solo grane. Ci fu solo un’eccezione: la Russia dello Zar Nicola I, con cui intrattenne un’alleanza stretta (addirittura nella Guerra di Crimea, l’unica alla quale partecipò Ferdinando, si schierò a favore dei russi).
Nel 1860, però, la Russia decise di non intervenire a favore del Regno delle Due Sicilie.
Le repressioni e le rivolte siciliane
I tempi correvano verso il 1861. La carboneria, nata proprio a Napoli, riuniva alcuni dei più famosi intellettuali dell’epoca che tramavano segretamente per il sogno di un’Italia liberale e unita.
Se il nonno Ferdinando I nemmeno se l’era vista molto bene, fra Repubblica del ’99 e conquiste napoleoniche, Ferdinando II si trovò più volte a rischiare il trono, ma riuscì sempre a mantenerlo con pugno duro.
Ci furono numerosi episodi di ribellione nelle province del Regno delle Due Sicilie: basta pensare all’episodio dei Fratelli Bandiera a Cosenza nel 1844, i due nobili veneziani cercarono di creare un’insurrezione in Calabria e furono giustiziati.
Fu l’esperienza della Costituzione, però, ad essere lo spartiacque nella politica di Ferdinando. Le rivolte del 1848 cominciarono proprio a Napoli e a macchia d’olio invasero tutti gli stati d’Europa.
Ferdinando, davanti ai moti liberali che incalzavano, decise quindi di emanare una costituzione, la prima in Italia. L’esperienza fu disastrosa: dopo un anno dalla promulgazione, non erano ancora pronte le leggi di attuazione, il parlamento si divise sulla questione siciliana. E il re decise di ritirare la carta costituzionale nel 1849.
La Sicilia era il tasto dolente perché non tollerava l’idea di essere diventata una provincia. Così, dopo numerose rivolte sin dal 1836, si proclamò indipendente e tentò di difendersi da Napoli. Addirittura all’epoca era molto famosa una notizia falsa: secondo alcuni, il colera era stato “creato” da Ferdinando II per sterminare i siciliani.
Il soprannome di “Re Bomba” lo conquistò proprio dopo il bombardamento di Messina del 1848. A questo evento partecipò un giovanissimo Ferdinando Palasciano, il precursore della Croce Rossa.
L’eredità del 1848 fu la fuga di quasi tutti gli intellettuali migliori del regno, che fuggirono sulla sponda piemontese e diventarono poi i protagonisti dell’Unità, come ad esempio Silvio Spaventa, Antonio Scialoja, Francesco De Sanctis, Giuseppe Pisanelli, Raffaele Conforti e Liborio Romano. Altri invece furono imprigionati.
Italia unita? No, grazie
L’idea di un’Italia unita con Napoli capitale non è una novità. Ci aveva pensato già Ladislao diverso tempo prima, ma nel XIX secolo l’ideale aveva tutt’altra consistenza. Ferdinando II fu infatti avvicinato in tempi non sospetti, prima dei moti del ’48, da esponenti della carboneria.
Il re napoletano era inizialmente visto di buon occhio da parte delle sette segrete: le riforme dei primi anni e gli investimenti effettuati per migliorare lo stato delle province del regno più grande d’Italia lasciavano intendere che sarebbe stato un candidato ideale per l’unità.
Ferdinando rifiutò. Non aveva la minima intenzione di estendere i confini del suo regno e non voleva inimicarsi in alcun modo il papato. I suoi orizzonti non andavano oltre l’Abruzzo e, complice il mare che circondava le Due Sicilie, sperava di poter rimanere lontano dalle rivoluzioni e guerre europee.
“Noi Borbone siamo uomini d’altri tempi, non apparteniamo a questo secolo”
Ferdinando II di Borbone
In gioventù, in realtà, era favorevole ad una federazione di monarchie. Poi, dopo le rivolte liberali, tornò sui suoi passi e decise di pensare solo al benessere di Napoli.
Rifiutò qualsiasi tentativo di dialogo con i regni preunitari, compresa una “unione doganale” che propose Papa Pio IX.
Il re dei record
Il sogno di Ferdinando II era una Napoli indipendente, completamente autosufficiente e senza relazioni economiche con l’Inghilterra, che all’epoca faceva il bello e il cattivo tempo nella politica mondiale.
Allo stesso modo, la sua politica si concentrò tantissimo sulla valorizzazione di Napoli, che doveva essere una città-vetrina dell’intero regno.
Proprio qui arrivò il primo impianto d’illuminazione pubblica, a Via Toledo, così come realizzò la prima ferrovia d’Italia, la Napoli-Portici, le Officine di Pietrarsa, il complesso industriale di San Leucio (inaugurato dal nonno), l’introduzione del telegrafo, la realizzazione di strade moderne come Via Foria o l’attuale Corso Garibaldi. Sotto il punto di vista giuridico, Napoli fu fra i fari d’Europa: grazie a studiosi come Pessina, Pisanelli, Conforti, Rocco e tanti altri, il sistema codicistico del regno, militare e civile, era estremamente raffinato ed avanzato.
Sono solo alcuni dei tanti primati che resero Napoli un’eccellenza a livello europeo.
La fine del Regno di Ferdinando II
Probabilmente, se Ferdinando II non fosse morto ad appena 49 anni, l’Unità d’Italia sarebbe stata una pagina di storia completamente diversa.
Quel che è certo è che, al netto dei misteri sulla sua morte nel 1859, l’addio improvviso del re fu uno strappo insanabile per gli equilibri del Regno delle Due Sicilie.
I liberali, infatti, passarono subito all’attacco, convinti di poter finalmente riformare un assetto politico in crisi. Allo stesso modo l’economia, che non era pronta ad un passaggio al libero mercato di stampo inglese, fu colta da un vero e proprio shock dopo le prime riforme promosse dal nuovo governo. Non aiutava nemmeno l’Europa che, per la cattiva propaganda portata avanti proprio dagli inglesi con Lord Palmerston, non avevano più rapporti con l’isolato regno di Ferdinando.
Poco tempo dopo Francesco II cambiò addirittura bandiera, nel disperato tentativo di ricucire un clima politico fatto di complotti, opportunismi e tradimenti. Ma Garibaldi era già sbarcato in Sicilia. E il resto della Storia è scritto nei libri che studiamo a scuola.
-Federico Quagliuolo
Fonti:
Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli
Liborio Romano, Memorie politiche
Giuseppe Galasso, Napoli, Laterza, Bari, 1982
Giacinto de’ Sivo, L’Italia e il suo dramma politico nel 1861
https://www.corriere.it/unita-italia-150/recensioni/12_gennaio_10/de-rienzo-regno-due-sicilie_b6068094-3b92-11e1-9a5f-c5745a18f471.shtml
http://www.ilportaledelsud.org/ferdinandoIIborbone.htm
http://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-ii-di-borbone-re-delle-due-sicilie_%28Dizionario-Biografico%29/
https://www.eleaml.org/nofor/storia/ada_due_sicilie_guerra_crimea_nomos_studi_analisi_millennium_2012.html
http://www.brindisiweb.it/storia/ferdinando_borbone_e_lo_iettatore.asp
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