Appicceco, raggiunamento, quistione e zumpata. Il rituale del duello era una vera e propria arte che, sul finire dell’800, diventò un gigantesco problema di ordine pubblico: nei rapporti di polizia e nella letteratura di 120 anni fa, infatti, si raccontano duelli d’onore anche in pieno giorno, anche in strade trafficate come Via Toledo o addirittura all’interno dei tram.
Il duello, d’altronde, è un rituale ancestrale, un momento estremo in cui due uomini mettono in gioco la vita in nome della giustizia o del proprio onore. Si tratta di un elemento fortemente presente nella cultura antica napoletana, che sfuggiva completamente al controllo di polizia, re e viceré. Carlo D’Addosio, un penalista napoletano, scrisse una approfondita trattazione del problema giuridico dei duelli nell’Italia post-unitaria.
Una questione d’onore
Dal duello giudiziario dei barbari ai tempi dell’antica Roma al duello di cavalieri al regolamento di conti fra nobili, i duellanti in tutta Europa erano gli interpreti ostinati di una tradizione medievale che, nel lungo corso della Storia, nessuno era riuscito ad estirpare. Ci sono migliaia di episodi anche nelle culture del resto del continente, dalla Spagna alla Russia all’Inghilterra.
Nel Regno di Napoli ci provò per la prima volta Ferrante d’Aragona, cercando di regolamentare le pratiche violente fra le famiglie nobiliari, che erano in piena guerra intestina durante il suo regno. Nulla di fatto.
Giunse il tempo del severissimo Pedro di Toledo che cercò di condannare a morte chi si sfidava per cause futili. Anche lì le cose non andarono secondo i piani: l’onore era un concetto talmente tanto importante da non poter essere sacrificato.
Ci pensò allora Carlo di Borbone, con una prammatica che vietava i duelli in città. Ma l’opera dei pupi e le commedie popolari erano piene di duelli, di questioni d’onore, di “uomini di conseguenza” con divergenze che potevano essere appianate solo con le lame. La stessa Camorra, che nacque nel XIX secolo, si chiamava non a caso “Onorata società”.
La temerità e la malignità degli uomini è giunta al punto che, sprezzando il pericolo della morte e per minime cause, osano provocarsi a duello, senza osservare quelle formalità che sempre fra i militi e i nobili sono osservate nel fare i duelli
Don Pedro di Toledo,
Ferdinando IV chiese addirittura l’intervento del Papa per fermare la pratica dei duelli d’onore fra nobili in città, che nei suoi rituali e regolamenti era scimmiottata anche da classi meno agiate. La Chiesa definì “peccato capitale” l’uccisione di un uomo per una questione d’onore, spiegando che il duellante, pur vincendo la sfida, sarebbe stato dannato davanti a Dio. Non era nulla di nuovo: lo disse ancheil Cardinale Richelieu 100 anni prima, in una invettiva contro i duelli fra le strade di Parigi. Con qualche dubbio religioso in più, i duellanti continuarono comunque ad ammazzarsi.
Un problema reale
Vedere con gli occhi del III Millennio la pratica del duello d’onore è davvero difficile. Qualsiasi giudizio condizionerebbe di certo la spiegazione di un fenomeno diffuso in tutta Italia che a Napoli, in Calabria e in Sicilia diventò parte della cultura locale: sul finire del XIX secolo, le notizie di feriti e morti in duelli nel Sud Italia erano all’ordine del giorno. E spesso nemmeno erano denunciati, in quanto coinvolgere la polizia in fatti privati era percepito come un gesto vigliacco.
Il Duello è una antica barbara costumanza, che disgraziatamente non è ancora scomparsa, specialmente nelle provincie napoletane
Codice Zanardelli, lavori preparatori, volume VI, pagina 334
Il regolamento di conti con l’arma da fuoco o con il coltello non era una pratica legata strettamente alla Camorra (anzi: le pistole erano formalmente bandite nei duelli fra camorristi!), si trattava di una soluzione violenta praticata genericamente per risolvere conflitti insanabili nell’alta borghesia e nel popolo più povero. Era un modo per scimmiottare le pratiche della nobiltà, da sempre legata ad antichissimi codici d’onore.
Fu il professor Enrico Pessina, uno dei massimi giuristi dell’800, a inquadrare la dimensione preoccupante che stava assumendo la violenza nella soluzione controversie a Napoli: “il duello oggi non solo esiste, ma non è il privilegio di nobili e uomini di spada. (…) Oggi il borghese col duello si afferma gentiluomo e vuole distinguersi dal popolano. E il popolano comincia a imitare la borghesia quando alle vigliacche e brutali aggressioni armate contro inermi sostituisce una sfida, stabilendo ora e luogo della lotta: la forma è ruvida e plebea, ma la sostanza rimane uguale“. All’interno del popolo, poi, si sviluppò una forma ritualistica ancora più complessa, che nella camorra fu nota come la “zumpata”: il duello d’onore con il coltello, che si svolgeva “zumpando“, ammazzandosi in una sorta di danza quasi tribale. Si decidevano tramite duello anche i rapporti di forza all’interno della criminalità organizzata.
Le fasi del duello
L’appicceco
Poteva nascere per qualsiasi ragione: prepoetnze nel gioco, infamità, sgarri, tradimenti in amore, furti, mancanze di rispetto. A volte bastava un pretesto per far partire l’appicceco, che degenerava in una litigata furiosa fra i contendenti. Era considerato da vigliacchi estrarre subito l’arma: bisognava prima “ragionare“, con l’aiuto di un mediatore.
Il raggiunamento
Dopo l’appiccicata, i due litiganti si davano appuntamento per definire, una volta e per tutte, il malinteso. Nell’Onorata Società spesso era chiamato in causa il capintesta o un superiore, che doveva mediare fra le parti o autorizzare la zumpata. In altri casi, si parla di amici o conoscenti che, per l’occasione, fungono anche da testimoni. Spesso era scontata la fine violenta della discussione, in ogni caso era vietato giungere alle mani subito dopo.
La questione
Si designava un orario e un luogo per lo scontro, spesso in zone isolate e in orari poco affollati. Almeno fra borghesi e nobili. Il popolo, invece, spesso veniva alle mani anche per motivi futili e in luoghi frequentati. L’arma dev’essere obbligatoriamente la stessa di quella dell’avversario ed è vietato assalire l’opponente quando non è ancora pronto.
Nei duelli di camorra, così come in quelli nobiliari, si individuano anche due padrini, che sono i testimoni dell’evento.
La questione si risolve rapidamente: i duellanti si guardano e si salutano. D’Addosio racconta che i camorristi sono soliti offrirsi un bichiere di vino e poi è buona maniera stringersi la mano prima del regolamento di conti.
C’erano anche dei “reati” nelle leggi del duello: uno su tutti era la “farabuttaria“, ovvero il farsi aiutare da un amico nascosto e pronto ad agire alle spalle del duellante. Le conseguenze, oltre all’infamia, sono ovviamente mortali. Anche l’agire è : D’Addosio racconta l’esempio di un tale Soreca che a Corso Vittorio Emanuele fu freddato mentre pagava il cocchiere per recarsi nel luogo del duello. L’infame fu ovviamente ucciso dall’Onorata Società.
Il duello medievale
Il duello d’onore è la dimostrazione di come il popolo cercava di emulare i rituali nobiliari, cercando di replicare valori, discipline e abitudini. Nel medioevo era un vero e proprio strumento giudiziale per risolvere le controversie.
A codificare per la prima volta le regole del duello ci pensò tale Frontone III re di Danimarca, raccontato da Sassone il Grammatico nel XI secolo: il re danese pubblicò una legge che prescriveva che “ogni controversia col ferro si decidesse con la forza che con le parole“: il duello è infatti “più rapido, giusto e decisivo di un tribunale“. Le regole furono integrate nel tempo, indicando fra le varie cose l’obbligo di tracciare un cerchio entro il quale i due combattenti devono muoversi. La tradizione letteraria medievale è ricchissima di duelli d’onore, anzi, in particolare le vicende del ciclo carolingio hanno influenzato moltissimo la fantasia e la cultura meridionale, che ancora in Sicilia e in Campania hanno la loro eredità nel teatro dell’Opera dei Pupi.
Una storia che, in un momento storico inimmaginabile per il passato, ci sembra lontanissima: un grande spunto di riflessione sulle conquiste culturali dell’epoca moderna.
Un interessante approfondimento sulla storia dei duelli d’onore in Europa su Zhistorica.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Carlo D’Addosio, il duello dei camorristi, Stamperia del Valentino, Napoli, 2010
Ernesto Serao, La Camorra, Bideri, Napoli, 1972
Marc Monnier, La Camorra, Napoli, 1861
Enrico Pessina, Elementi di Diritto Penale, Margheri, Napoli, 1883
Salvatore Di Giacomo, Tutte le Poesie, Newton Compton, Napoli, 1992
Ferdinando Russo, Novelle Napoletane, Bideri, Napoli, 1971
Nicola Guarino, Doveri e Onore, Aracne, Napoli, 2012
https://www.treccani.it/enciclopedia/duello_%28Enciclopedia-Italiana%29/
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