I giardini di Napoli hanno subito moltissime modifiche nel corso della loro storia. Tuttavia, uno in particolare porta tutt’oggi in alto la memoria del suo celebre organizzatore: Friedrich Dehnhardt fu un botanico di fama internazionale, giardiniere di nobili e re, che ebbe il suo incarico più impegnativo come primo direttore del Bosco di Capodimonte, ma che diede il suo importante contributo anche al resto delle più famose aree verdi di Napoli.
La storia di Friedrich Dehnhardt: da umili origini a giardiniere reale
Nacque in un piccolo paese della Germania, Bühle, nei pressi di Northeim, nel 1787. A soli sette anni, Dehnhardt rimase orfano di padre, che morì in guerra. Sua madre decise di mandarlo in orfanotrofio, non potendo permettersi di crescerlo.
Lì, ebbe la fortuna di essere notato, per la sua educazione e diligenza, dalla contessa di Hardenberg, che decise di garantirgli quattro ore al giorno di lezione delle materie di base. Dopodichè, in lui nacque la passione della botanica, che vide assecondata dai suoi mentori, la contessa e suo marito, che decisero di assumerlo come giardiniere nella loro residenza.
Notando la passione che ci metteva nel suo lavoro, i Conti rimasero nuovamente colpiti da lui, al punto da decidere che per il giovane Dehnhardt ci voleva un lavoro di maggior prestigio: gli permisero, così, di continuare i suoi studi di botanica ai livelli più alti.
Studiò presso la facoltà di botanica di Gottinga dal 1803 al 1806 e durante questi anni fu assunto, dietro raccomandazione della contessa di Hardenberg, all’Orto botanico della stessa città, come giardiniere apprendista.
Acquisita un’ampia cultura sul mondo vegetale, terminati gli studi, fece ulteriore esperienza presso Kassel, che fu occupata dai francesi quello stesso anno. Dehnhardt decise di trasferirsi a Vienna.
Una volta giunto a Vienna, fu assunto presso il giardino della magnifica reggia di Schönbrunn, una delle residenze degli imperatori Asburgici, dove rimase impressionato dalla varietà di piante esotiche presenti e colse l’occasione per approfondire in dettaglio quali fossero le condizioni ottimali per la loro sopravvivenza, insaturando, al contempo, un ottimo rapporto con i suoi mentori e colleghi botanici.
Concluse l’esperienza lavorativa con successo e impressionando molto i suoi superiori per la sua preparazione. Lasciò Vienna con dolore, data l’esperienza estremamente positiva che aveva avuto, ma fece volentieri questo sacrificio per un luogo che lo affascinava moltissimo: l’Italia.
Dehnhardt e l’Italia: amore a prima vista
L’esperienza di Vienna fu per lui un importantissimo trampolino per la carriera: la contessa Cusani, residente a Monza, rimase molto impressionata dal lavoro e dalla preparzione di Dehnhardt, di appena ventuno anni, così decise di assumerlo.
A Monza, lavorò prima presso il giardino di Villa Cusani, poi fu assunto nel Parco di Monza, all’epoca di recente creazione, dove ebbe un importante ruolo nella sua organizzazione.
Infaticabile studioso, Dehnhardt a Monza, oltre a fare ulteriore esperienza sull’organizzazione di parchi di grandi dimensioni e perfezionare ulteriormente le sue conoscenze botaniche, ebbe anche modo di apprendere l’italiano.
L’Arrivo a Napoli e l’apice della carriera
Dopodichè, Dehnhardt lasciò Monza per Napoli, dove avrebbe ottenuto i più importanti incarichi della sua carriera.
Finalmente a Napoli, nel 1810, quand’era ancora sotto il dominio francese, iniziò il suo lavoro come gestore del giardino di proprietà di Francesco Ricciardi, futuro Ministro della giustizia di Ferdinando IV, dopo la Restaurazione.
Conobbe, poco dopo, il medico e illustre botanico napoletano Michele Tenore, che lo volle assumere nel Real Orto Botanico, di sua fondazione e sotto la sua direzione.
Fece subito notare il suo valore anche al re Ferdinando IV, tornato sul trono dopo il Congresso di Vienna, che gli affidò la progettazione dei giardini della Villa Floridiana del Vomero, oltre ad occuparsi anche dell’ampliamento della Villa Comunale. Per merito indiscusso, fu nominato direttore di tutti i giardini pubblici di Napoli.
Molto attivo in ambito di pubblicazioni accademiche, Dehnhardt rimase in contatto con molti studiosi con cui entrò in contatto nel corso della sua lunga carriera e pubblicò a Napoli, negli anni ’30 del secolo, la sua opera più nota, “Catalogus plantarum horti camaldulensis“.
Ferdinando II, nel 1840, gli affidò la direzione del Real Bosco di Capodimonte. Fu proprio Dehnhardt, infatti, a dare ordine ai fiori e alle piante del bosco così come li vediamo oggi.
Il Bosco di Capodimonte fu progettato come il perfetto scenario per le battute di caccia e le lunghe passeggiate a piedi o a cavallo del sovrano Carlo III, subito davanti alla sontuosa reggia, da lui voluta per sfuggire al caos della politica e della vita cittadina. Un luogo del genere richiedeva persone d’eccezione per la sua progettazione (in particolare, Ferdinando Sanfelice, celebre architetto), ma anche per la successiva manutenzione e organizzazione. Per questo motivo, Ferdinando II decise di affidare a Dehnhardt la direzione permanente.
Durante i suoi anni di studio ai Camaldoli, diede nome a numerose specie di piante, fra cui l’Eucalipto “camaldolensis“, una varietà australiana che gli fu inviata da un suo amico studioso direttamente dal New South Wales.
I tre eucalipti piantati proprio da Dehnhardt, purtroppo, furono tagliati nel 1920. Le sue ricerche, invece, furono trafugate durante l’Unità d’Italia ed adesso sono conservate nel Museo di Storia Naturale a Vienna, assieme ad una serie di piante che hanno preso il nome dello studioso tedesco.
C’è anche una particolarità, forse unica, della sua carriera nel Regno: fu probabilmente l’unica persona capace di mantenere il suo incarico per quasi cinquant’anni, superando la dominazione francese, il regno delle Due Sicilie e, addirittura, finendo nel Regno d’Italia. Assieme al pompiere Francesco Del Giudice, il suo merito e la sua bravura convinsero tutti i politici a non toccare mai la sua posizione.
Poi, una volta ritiratosi, il Bosco di Capodimonte fu diretto da suo figlio, Adolfo Dehnhardt. Morì a Napoli, nel 1870. Fu sepolto nel cimitero inglese di Capodichino, ma dopo l’abbandono della struttura, gli fu dedicato un busto all’interno del bosco.
La sua statua, con una iscrizione in tedesco è situata, di fianco a Porta Grande. Pur essendo ad uno degli ingressi del complesso, è nascosta ai più, una caratteristica che, per ironia della sorte, ricalca la caratteristica del lavoro che ha condotto per tutta la vita con passione: organizzare magnifici giardini, capaci di allietare la vista dei suoi frequentatori, che ignorano nel più dei casi l’artefice di ciò che vedono. Ma saranno le sue amate piante ad essere la sua “firma”.
-Leonardo Quagliuolo
P.S. Ringrazio molto Barbara e Michael Christ per il loro interessante lavoro, da cui ho avuto modo di trarre preziose informazioni su Friedrich Dehnhardt.
Per approfondire:
“Catalogus plantarum horti camaldulensis“, di Friderich Dehnhardt
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