La Regione Campania moderna, in realtà, non è mai esistita. Non ha mai avuto gli attuali confini ed è un nome ereditato addirittura dall’antica Roma ricomparso negli atti ufficiali solo nel 1948.

L’antichissima Campania infatti era molto più lunga (arrivava fino a Gaeta) e molto più stretta (Benevento non è mai stata parte della regione). E soprattutto, il suo nome più famoso è sempre stato “Terra di Lavoro”, completamente abolito “solo” cent’anni fa.

Anche le città più importanti della Campania sono cambiate nel corso del tempo: Capua, infatti, è stata per secoli regina della Terra di Lavoro molto tempo prima di Caserta (1818). E il Principato, quello che oggi è di Avellino, è stato governato per 300 anni da Montefusco: l’attuale capoluogo irpino è infatti comparso nelle amministrazioni solamente nel 1806.

Insomma, un bel caos di trasformazioni che raccontano tutta la storia del nostro popolo. Cerchiamo di ripercorrerle.

La Campania Felix degli antichi romani

Tutto comincia con gli Antichi Romani. Fu infatti l’imperatore Augusto a riformare nel 7 d.C l’organizzazione amministrativa del neonato Impero, che ereditava istituzioni, regole e consuetudini ormai non più adatte ai tempi moderni. La Campania era infatti prima divisa fra numerose popolazioni italiche: le tribù sannite che scendevano dal Sannio, con i centri di Benevento e Abellinum (che in realtà è oggi Atripalda), gli Osci e gli Etruschi di Capua e Nola. Le coste e le isole, invece, avevano città in gran parte di origini greche fra la potentissima Cuma, Dicearchia (Pozzuoli), Pithecusa (Ischia), Partenope (Napoli): furono proprio queste colonie a portare la cultura greca nel mondo latino. Le popolazioni locali, però, nei secoli passati si erano alleate o divise contro Roma creando parecchi grattacapi alle porte della capitale: fu subito necessario “romanizzarle” e, nei tempi della Repubblica, le città della Campania costiera ricevettero presto privilegi, leggi e magistrature di Roma.

La storia della Regione Campania comincia però con la Regio I Campania, il primo distretto amministrativo che finiva con Roma in alto (Strabone invece indicava Sinuessa o Sessa Aurunca) e con il fiume Sele nei limiti inferiori: Paestum e l’attuale Cilento, infatti, erano parte della Lucania et Brutii.

Pare che il nome originale della Campania fosse “Oscor” o “Opicia“, ovvero “Terra degli Osci”, la prima popolazione che frequentò il territorio. Altri invece lo fanno derivare da una storpiatura di “Capuani“: l’antica Terra di Lavoro era infatti identificata con i territori di Capua.
Quel che è certo è che i latini nei tempi seguenti la soprannominarono “Campania Felix”, indicando immediatamente la fertilità della terra e il clima eccezionale. Seneca la definì “Terra dei vizi” dato che, come concordano tutti gli storici, questa era una delle regioni più ricche del mondo.


Nella “viziosa Baia” andavano a festeggiare le vacanze i più ricchi cittadini di Roma, a Napoli invece resisteva il centro di cultura greca più importante del mondo occidentale, mentre a Capri, Sorrento e su tutta la costiera vesuviana c’erano ville e città di vacanza per i più ricchi cittadini dell’impero.
Puteoli era soprannominata “il porto di Roma”, dato che la città era il più importante scalo commerciale dell’Impero, mentre Miseno era la base della più vasta flotta militare del mondo allora conosciuto, la Classis Misenensis. Allo stesso modo, nel nord, Sinuessa, Sessa e Capua erano centri commerciali di immensa ricchezza. In basso, invece Nola e Nuceria Alfaterna erano i centri politici ed economici che governavano le rispettive zone, capaci di esprimere uomini di potere che arrivarono fino a Roma, come Marco Nonio Balbo.
In basso, Salernum era una piccola città portuale vicino all’antica Marcina, oggi Vietri sul Mare.

Regione Campania
La Regione Campania ai tempi di Augusto

La Campania di Diocleziano

Dovremo aspettare circa 300 anni per vedere una nuova trasformazione della Campania. Stavolta sarà l’Imperatore Diocleziano a riorganizzare le regioni dell’Impero: la nuova Campania acquisì alcune città del Sannio e dell’attuale Irpinia, ma rimase pressoché identica nella sua forma. Fu anche nominato un governatore dall’Imperatore (fra cui compare il famoso Mavorzio, diventato nel linguaggio popolare “Mamozio“) e il centro di potere, per tutto il periodo tardoantico, fu diviso fra Capua e Napoli, dove addirittura l’ultimo imperatore di Roma andò a ritirarsi.

Sparisce la Regione Campania

Il crollo dell’Impero Romano e delle sue secolari istituzioni, improvvisamente, gettò di nuovo la Campania nella sua situazione antichissima: tante città fortificate che, in un modo o nell’altro, erano in guerra fra loro. Anche i rapporti di forza sembravano quasi immutati: la Napoli della Magna Grecia era finita nelle mani dei greci di Bisanzio, mentre la Benevento Sannita si è ritrovata a capo di un ducato longobardo. Idem Capua: anche lei, dopo aver diviso per cent’anni il potere con Napoli, divenne capitale di un potente ducato guerrafondaio alleato di Benevento.

La situazione politica della regione rimase fragile e violenta per più di 600 anni. Almeno fino all’arrivo di Roberto il Guiscardo e dei Normanni, che unirono tutti i territori del Sud Italia fondando il Regno di Sicilia che, dopo l’arrivo degli Angiò, diventò Regno di Napoli per la separazione delle corone a causa della rivolta dei Vespri in Sicilia e della scelta di Napoli come capitale.

Fu così che nacque una nuova gestione amministrativa basata su feudi, giustizierati e piccole frazioni governate da città dal grande peso storico e amministrativo: Nola e Aversa, ad esempio, sono state a capo delle proprie circoscrizioni territoriali fino ai tempi del fascismo.
Il termine “Campania” o “Agro Campano” compare invece per identificare storicamente i territori attorno alla capitale di Napoli, mentre il termine amministrativo usato nei documenti e negli atti sarà quello di “Terra di Lavoro“. E così rimarrà fino al 1927.

Terra di Lavoro Regione Campania
“Terra di lavoro un tempo Campania Felix”, illustra bene la dimensione della provincia. Questa stampa è del XVI secolo.

Dopo l’Unità d’Italia: ritorna la Regione Campania

Dopo il 1861 furono accesissime le discussioni sulla nuova forma dello Stato italiano. La storia di tanti popoli riuniti improvvisamente, divisi per secoli da leggi, tradizioni e culture diverse, non poteva mai essere riassunta in un unico bacino legale uguale per tutti: era quindi necessario creare province con regole e autonomie molto ampie per garantire il benessere delle popolazioni secondo le loro consuetudini.
Allo stesso modo, obiettavano altri intellettuali, lasciare troppo potere alle province o addirittura trasformarsi in uno Stato federale, sarebbe stata la causa dell’implosione di un regno neonato e fragile. Si optò quindi per la “piemontesizzazione” della penisola con la centralizzazione amministrativa, estendendo e perfezionando negli anni tutte le strutture amministrative e legali del Piemonte al resto d’Italia.
Durante i primi anni di Regno d’Italia si cominciò ad affidare poteri e cariche specifiche per le singole province, circondari e mandamenti, ma l’entità regionale non è mai esistita prima della Costituzione del 1948.

Il termine “regione”, invece, è comparso per la prima volta solo nel 1912 nell’annuario di statistica del milanese Pietro Maestri, che raggruppò le province italiane in unità identiche alle moderne regioni.

Regno di Napoli Regione Campania
Le antiche province del Regno di Napoli: la regione Campania era divisa storicamente in 3 parti: Terra di Lavoro con Capua capoluogo, Principato Citra con Montefusco capoluogo e Principato Ultra con Salerno capoluogo

L’intervento fascista e la cancellazione di Caserta

Il legislatore fascista nel 1927 realizzò una delle più importanti rivoluzioni amministrative nella storia di questa regione: cancellare la secolare Terra di Lavoro. Fu un vero e proprio colpo di mano che ancora oggi sembra incomprensibile: le città del nord della Campania diventarono provincia di Roma, mentre tutte le altre città finirono a Napoli. Poi, 5 anni dopo, con l’inaugurazione di Littoria, furono istituite nuove province, ma Caserta non tornerà a capo di nulla.

La Campania perderà anche due isole in questo colpo di mano: Ponza e Ventotene, ci suonerà strano saperlo, sono state infatti provincia di Napoli fino al 2 gennaio 1927.

È sempre rimasta oscura la reale ragione dietro questo provvedimento così radicale, che per giunta creò un immenso caos amministrativo data la lontananza di Napoli da città come Sessa Aurunca e quelle del Matese, finite improvvisamente sotto la propria amministrazione. Da un lato, il legislatore fascista spiegò che era una misura nata per dare “maggiore importanza a Napoli”. La cosa era effettivamente sensata, se pensiamo che il progetto amministrativo era quello di trasformare Napoli nella capitale del commercio mediterraneo, creando un ponte con le colonie africane.

Dall’altro lato, invece, c’era anche una ragione non confessata: la provincia di Terra di Lavoro, in special modo nella zona dei Mazzoni, fra Aversa e Caserta, conviveva da decenni con un enorme problema di camorra amministrativa. Proprio nel 1926 fu inviato il maggiore dei Carabinieri Vincenzo Anceschi con carta bianca per debellare il fenomeno camorrista nella Terra di Lavoro. Il militare ci riuscì in maniera formidabile, utilizzando metodi brutali e non diversi da quelli di Cesare Mori in Sicilia.

Di quei tempi ci sono però ancora oggi molti strascichi: ad Aversa c’è ad esempio un monumento alla memoria dell’onorevole Peppuccio Romano, che fu additato come “il rappresentante della camorra in Parlamento” e, accanto al Municipio, c’è una lapide che ricorda l’omicidio del sindaco Giuseppe De Lieto proprio per la vendetta di un malavitoso. Due esempi eccellenti per capire il clima politico nella Terra di Lavoro di un secolo fa.

La gestione amministrativa della provincia di Terra di Lavoro costituiva un bel problema per la macchina amministrativa fascista. Quel che è certo, però, è che l’intervento del 1927 sarà decisivo per dare alla Campania la sua forma moderna, cancellando territori che fino ad allora erano appartenuti per 1920 anni alla stessa amministrazione.

Regione Campania moderna
La moderna Regione Campania

La moderna Regione Campania

Arriviamo al 1948, anno di entrata in vigore della nostra Costituzione, firmata dal napoletano Enrico De Nicola. Negli articoli 114 e 115, infatti, sono identificate le entità amministrative delle regioni, riprendendo di fatto un concetto amministrativo inventato dai funzionari dell’Imperatore Augusto circa 1941 anni prima. Vedremo però nascere le regioni solamente nel 1970, con un’attesa di altri 22 anni. La provincia di Caserta, invece, fu ricostituita immediatamente dopo la guerra, già nel 1945. Le dimensioni del territorio amministrato dal capoluogo campano furono però più che dimezzate: Littoria, oggi Latina, e Frosinone mantennero tutte le terre “conquistate” appena 13 anni prima.

La moderna Regione Campania ha di tradizionale solamente il nome che evoca ricordi latini: di fatto ha perso i suoi storici territori del nord, quelli che oggi sono parte della provincia di Frosinone e Latina, e ha perso soprattutto la sua storica città politicamente, storicamente ed economicamente rilevante nel nord, la “fedelissima” Gaeta: nel medioevo alleata della città di Napoli, ai tempi delle monarchie il porto napoletano più vicino allo Stato Pontificio e, nel 1861, ultimo baluardo di resistenza borbonico. Ha invece acquistato Benevento e la parte bassa del Sannio, che è stato frazionato fra Molise e Abruzzo, e anche il Cilento, che invece era l’appendice a nord della Lucania secondo gli antichi romani. Nell’antico regime borbonico, invece, era già parte del Principato, l’attuale Provincia di Salerno.

È ancora più paradossale che la provincia di Terra di Lavoro, quella che era la diretta erede della Campania Felix ed anche la provincia più grande d’Italia, nemmeno più ha il suo nome ed è stata di fatto smantellata nel 1927.
A sua volta Capua, per opera dei Borbone, ha perso la sua centralità politica e amministrativa in favore dell’attuale capoluogo. Tranne per un piccolo dettaglio: il tribunale civile non ha sede a Caserta, ma è rimasto a Santa Maria Capua Vetere.

Questa stranezza rende Caserta l’unico capoluogo d’Italia senza un tribunale e racconta alla perfezione la complessità storica e culturale di questa regione.

Se ci chiediamo l’origine dei colori e dello stemma regionale, ne abbiamo parlato qui.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
Sesto Pompeo Festo, Sull’origine delle parole
Carlo Celano, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della Città di Napoli, edizione a cura di Gianpasquale Greco, Rogiosi Editore, Napoli, 2020
Vittorio Gleijeses, La Regione Campania, Edizione del Giglio, Napoli, 1971
AA VV, Ritratto della Campania, Edizioni Banco di Napoli, Napoli, 1998
Gio. Antonio Summonte, Dell’Historia della città e del Regno di Napoli, Antonio Bulifon Editore, Napoli, 1571
AA VV, Campania Antica, Guide Archeologiche, Touring Club Italiano, Roma, 2006
Angela Maria Pelosi, Roma, i Sanniti e Cominio, Arti Grafiche Boccia, Salerno, 1991
AA VV, Campania Illustrata, Gaia Editrice, Salerno, 2011
https://www.romanoimpero.com/2019/04/i-regio-latium-et-campania.html
https://it.wikisource.org/wiki/Storia_degli_antichi_popoli_italiani
https://books.google.it/books?id=RIM_EAAAQBAJ&pg=PT47#v=onepage&q&f=false
https://ebiblio.istat.it/digibib/Annali/IST0010041_Serie13Vol01Ed2018.pdf

Diventa un sostenitore!

Storie di Napoli è il più grande ed autorevole sito web di promozione della regione Campania. È gestito in totale autonomia da giovani professionisti del territorio: contribuisci anche tu alla crescita del progetto. Per te, con un piccolo contributo, ci saranno numerosissimi vantaggi: tessera di Storie Campane, libri e magazine gratis e inviti ad eventi esclusivi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *