Il professor Giuseppe Tropeano, fondatore di istituti e di riviste, autore di numerose pubblicazioni, primo docente di medicina sociale in Italia, tra i primi in Europa, mostrò fin dall’inizio della sua carriera medica grande interesse nei confronti dello studio delle malattie infettive e altrettanta volontà di impegnarsi nel sociale. Fece di questi due punti i capisaldi della sua carriera. Ebbe sempre molto a cuore la salute dei bambini, che furono uno dei punti di riferimento della sua opera medica e sociale.

Giuseppe Tropeano
Giuseppe Tropeano

Gli inizi della carriera e le prime opere sociali

Nato il 13 marzo 1881 a Badolato, in Calabria, una volta ottenuta la maturità classica decise di intraprendere gli studi di medicina e chirurgia presso l’Università di Napoli. Si laureò nel 1906. Poco dopo, divenne assistente alla cattedra di patologia medica.

Nel 1907, scoppiò l’ interesse del giovane Tropeano nei confronti della “medicina sociale”, una novità per l’epoca, incentrata sugli studi dei fattori sociali per determinare effetti sulla qualità della vita della popolazione.

Nel 1911, dopo un soggiorno presso l’istituto Pasteur di Parigi, fondò la rivista “La medicina sociale, che portò avanti fino al 1938 e i cui contenuti ispirarono la fondazione, nel 1922, della rivista “Difesa sociale“, arrivata ai giorni nostri. Dal 1912 al 1920 fu direttore dell’Ospedale dell’Annunziata.

Medicina Sociale Tropeano
Giornale “La Medicina sociale” in cui si pubblicizza l’Asilo Tropeano

L’impegno di Tropeano, tuttavia, continuò anche con interventi più concreti: nel 1913 fu promotore di una campagna contro l’alcolismo e fondatore di un’associazione per lo studio delle cause dell’elevata mortalità infantile dell’epoca. Quello stesso anno, ottenne la nuova cattedra di Medicina sociale presso l’Università di Napoli per decreto ministeriale. Dal 1912 al 1935, in Italia c’erano solo due cattedre di medicina sociale, di cui una detenuta da lui, l’altra a Milano.

La fondazione degli istituti: i più grandi successi della carriera di Tropeano

Conscio del problema dell’abbandono dei bambini da parte di madri che non possono crescerli da sole, nel 1915 inaugurò il primo centro di assistenza per madri lavoratrici e nubili dell’Italia del sud, in cui i bambini ricevevano tutte le cure necessarie e potevano essere lasciati dalle loro madri la mattina, per poi riprenderli al ritorno dal lavoro. Lo scopo della struttura era di garantire “culle bianche, pappine abbondanti, bagni, pulizia, ordine, educazione, sole e premura degli operatori sanitari.

Centro assistenza di Tropeano
Il centro di assistenza di Tropeano, in foto, madri in attesa di poter lasciare i propri bambini per andare a lavorare.

Ebbe, inoltre, occasione di conoscere il professor Leonardo Bianchi, anch’egli molto impegnato nel sociale. Insieme, istituirono la “Società napoletana antitubercolare“.

Nel 1918, fu tra i fondatori dell’ospedale pediatrico Pausilipon, tutt’oggi presente, su via Posillipo. Negli anni che seguirono, fece molte campagne di informazione sui vaccini per vaiolo, malaria, colera, tubercolosi e sull’igiene.

Nel gennaio 1919, fondò un asilo a Marechiaro, pensato per garantire ai bambini tanto spazio all’ aperto, aria pulita e un luogo d’apprendimento, con molte attività e padiglioni distinti in cui svolgerle e in cui i genitori potessero avere la più completa sicurezza per la salute dei loro figli.

Il progetto fu ben accolto anche da figure di spicco come il filosofo Benedetto Croce, il direttore del Banco di Napoli Nicola Miraglia, la giornalista Matilde Serao, il futuro primo presidente della Repubblica Italiana Enrico De Nicola e perfino Vittorio Emanuele III, che visitò la struttura nel 1921. Nel 1922, venne a visitarlo anche la commissione d’igiene della Società delle Nazioni. Oggi non è più esistente. Quest’opera gli valse molti riconoscimenti anche esteri: fecero donazioni corpose Enrico Caruso, Giorgio Ascarelli e perfino l’imperatore del Giappone, Hirohito.

Asile Tropeano
Asilo Tropeano, foto di inizio ‘900

Nel 1920, inaugurò, a Roma, un laboratorio di biologia e, a Napoli, fu nominato direttore della Croce Rossa locale. Dal 1920 al 1922 insegnò igiene in diverse scuole napoletane. Sempre nel 1922, prese parte al Primo congresso nazionale d’Igiene, che si tenne a Napoli. Infine, quell’anno ebbe un colloquio con il presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia, Luigi Facta, che approvò con entusiasmo la richiesta di supporto per lo sviluppo dell’Asilo.

Il 1922, tuttavia, fu anche l’anno della prima nomina a Presidente del consiglio di Benito Mussolini, le cui idee non erano condivise dal professor Tropeano. Per questo motivo, non vinse il concorso pubblico per la direzione degli Ospedali riuniti di Napoli, si trovò gradualmente rimosso dai suoi incarichi, non invitato a convegni e, per finire, fu rimosso dalla direzione del gioiello della sua carriera, l’asilo di Marechiaro. Conservò solo la sua cattedra all’Università di Napoli.

L’Istituto di Ponticelli

Nonostante le amare delusioni e gli affronti politici, Tropeano non si perse d’animo e volle continuare a fare ciò che più amava: dare un concreto contributo sociale. Così, nel 1928, decise di acquistare l’antica masseria Petrone, nel quartiere Ponticelli di Napoli, in cui inaugurò, il 13 maggio 1928, l’Istituto di medicina pedagogica di Ponticelli.

Tropeano inaugurazione dell'Istituto di Ponticelli
L’Istituto di Ponticelli il giorno dell’inaugurazione.

Lo scopo preciso dell’Istituto era di “accogliere, curare ed educare i minorenni di ambo i sessi, che avevano un’anormalità del sistema nervoso, congenita o acquisita, uno sviluppo irregolare o ritardato delle funzioni intellettive, sordità, mutismo, balbuzie, epilessia, deviazioni del carattere, predisposizioni insane ed incompatibili con la vita familiare, scolastica e sociale“.

L’istituto si costituiva di un grande fabbricato di ottanta vani e di altri fabbricati annessi per servizi secondari, fiancheggiati da un ampio parco. Si accedeva dalla Via Provinciale Ottaiano n. 140 per mezzo di un lungo viale alberato che attraversava un vastissimo orto, giardino e frutteto. Complessivamente circa cinquantamila metri quadrati di suolo, ricco di vegetazione, che consentì anche l’impianto di una Colonia Agricola per i ragazzi.

Al pianterreno dell’edificio centrale furono sistemati tutti i servizi di rappresentanza, di amministrazione, di economato, con una vasta cucina, ampie dispense e sale da pranzo per la prima e seconda classe. Allo stesso livello furono collocate aule per l’insegnamento generale ed individuale, saloni per la musica, ed ambienti per l’educazione fisica e per lavori manuali.

Da tutti questi ambienti si accedeva anche ai campi da gioco, alle palestreall’aperto ed ai viali da passeggio. Al primo piano, nell’ala destra, erano allocate le sale di attesa, l’ambulatorio, il reparto di osservazione, il reparto d’isolamento, la Direzione Sanitaria, l’alloggio del medico di guardia e della capoinfermiera, luminosi ambulatori con grandissime terrazze.

Nel 1935, il professor Tropeano aprì un’altra struttura, una sorta di succursale dell’istituto di Ponticelli, presso Frattamaggiore: Villa Laura, che portava il nome di sua figlia.

Tropeano Villa Laura
L’ultimo istituto di Tropeano: Villa Laura a Frattamaggiore

Nonostante l’avversità al Partito Nazionale Fascista e alla dichiarazione di guerra del 1939, l’istituto rimase aperto ed in funzione durante tutto il corso del secondo conflitto mondiale. E, nonostante le difficoltà economiche portate dalla guerra e la scarsità di cibo e medicine, Tropeano non si sottrasse ad ospitare i cittadini feriti, rimasti senza casa per via dei bombardamenti o che dovevano nascondersi dai rastrellamenti nazisti. Questi ultimi, in segno di minaccia, una mattina accatastarono circa trenta cadaveri alle porte dell’istituto. Ma Tropeano non cambiò idea e continuò la sua opera di accoglienza.

Nel 1943, il Vesuvio eruttò, costringendo Tropeano, lo staff e gli ospiti dell’Istituto all’evaquazione, scortati da soldati americani.

Giuseppe Tropeano morì il 2 maggio 1952. L’Istituto continuò a funzionare, per poi essere ceduto dagli eredi ad una società privata, negli anni ’80. Negli anni ’90 fu oggetto di interrogazioni parlamentari a causa di irregolarità di natura legale. Dopodichè, è caduto in stato di abbandono.

Nel 2004 è diventato proprietà della Città metropolitana di Napoli. Ad oggi è in circolazione una petizione per il riattamento della struttura, come ennesimo tentativo di una battaglia che i cittadini di Ponticelli stanno portando avanti da molti anni.

Negli anni ’70, a Napoli, fu dedicata una via a Giuseppe Tropeano, il cui nome ora è vicino a quelli di altri illustri colleghi, presso il Rione Alto.

-Leonardo Quagliuolo

Dedico questo articolo al Comitato villa tropeano ed in particolare a Maria, che ci ha segnalato questa storia. Link alla petizione

Per approfondire:

“Giuseppe Tropeano” di Luigi Verolino

Bollettino del centro Calza Bini n. 2, anno 2018, Università degli studi di Napoli Federico II

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