Il corso Vittorio Emanuele è una delle strade più lunghe, note e trafficate di Napoli, capace di regalare ai suoi visitatori, siano essi cittadini o turisti, splendidi panorami e interessanti architetture da ammirare. Congiunge Mergellina con il centro storico, tracciando un lungo solco ai piedi della collina del Vomero. Ha una storia antica e interessante: fu pensata come il primo esempio di “tangenziale” di Napoli, inoltre è la strada più lunga del centro città, che tocca le zone Avvocata, Montecalvario, Quartieri Spagnoli, Vomero, Chiaia, Mergellina.
Le origini: corso Maria Teresa
Attorno al 1850, Ferdinando II di Borbone incaricò cinque architetti ed urbanisti selezionati, Enrico Alvino, Francesco Saponieri, Luigi Cangiano, Antonio Francesconi e Francesco Gavaudan, per creare una nuova e ampia strada che permettesse di raggiungere in modo rapido e lineare Piedigrotta dalla zona collinare di Napoli, che al tempo era all’ inizio della sua espansione.
Questa nuova strada doveva essere facilmente raggiungibile dal cuore pulsante della Napoli borbonica: via Toledo ed i Quartieri Spagnoli. Un’ idea che si rivelò particolarmente lungimirante, considerata la disposizione quasi labirintica delle strade pre-Risanamento del centro storico. La strada fu dedicata alla sua seconda moglie, Maria Teresa.
Gli autori del progetto, assieme al Consiglio Edilizio, concordarono con il sovrano delle leggi speciali perchè non si costruisse sul lato sinistro della strada: sarebbe stato un vero crimine occultare il bellissimo panorama, costruendovi dei palazzi! Purtroppo, però, in parte del Corso, così come su molte altre strade, queste norme non furono rispettate negli anni che seguirono. Bisognerà aspettare il 1939 per un altro provvedimento del genere, che fu comunque in buona parte ignorato nel secondo dopoguerra.
I lavori iniziarono nel 1852. Il primo tratto parte dalla seicentesca piazzetta Cesarea e dal prolungamento di via Salvator Rosa, che giunge al Museo. Strade che trovano come congiunzione la postunitaria piazza Mazzini.
La strada fu completamente tracciata, nei suoi quattro chilometri e mezzo di lunghezza, già a metà dell’ anno successivo: nel 1853 la famiglia reale presenziò alla cerimonia di inaugurazione. Negli anni successivi sarebbero state aggiunte molte traverse di collegamento con i quartieri limitrofi, per integrare perfettamente la nuova strada nel contesto cittadino.
Sul primo tratto furono costruiti in brevissimo tempo degli edifici per abitazione, tutt’oggi visibili, mentre il lato ovest era quasi interamente vuoto, eccezion fatta per alcune strutture preesistenti, come l’ istituto Suor Orsola Benincasa, all’ epoca un convento, il cinquecentesco monastero di San Francesco al Monte, oggi un hotel, il monastero, anch’esso seicentesco, di San Nicola da Tolentino, anch’esso oggi un hotel e la chiesa, con un carcere di fianco, dedicata Santa Maria Apparente. La chiesa è ancora presente, il carcere non più.
Una delle strutture più antiche è la chiesa, presumibilmente paleocristiana, del Santo Sepolcro, costruita in una antica cava di tufo, come a voler simulare il luogo a cui è dedicata. Fu ristrutturata nell’ ‘800, con l’aggiunta di una facciata barocca. Oggi abbandonata e non visitabile.
L’ unità d’Italia: nuova monarchia, nuova vita
Con l’ avvento dell’ Unità, uno dei primi atti immediatamente successivi all’ annessione del Regno delle due Sicilie fu un’ampia rinominazione stradale: largo di palazzo divenne piazza Plebiscito, il “Foro Carolino” divenne piazza Dante e, immancabilmente, Il Corso fu dedicato al nuovo sovrano, Vittorio Emanuele II di Savoia.
Nel corso della seconda metà dell’ ‘800, ci furono moltissime modifiche: furono aggiunti molti nuovi collegamenti come, ad esempio, uno con la nuova via Tasso e qualcuno con il nascente quartiere Chiaia, attraverso via del Parco Margherita (In realtà non esiste nessun parco con quel nome, nonostante la via si chiami così) ed anche via Pontano.
Ulteriore collegamento fu fatto proprio con il prolungamento dell’ antica Calata San Francesco, una lunga e ripida strada quasi interamente a gradini, che collega la Riviera di Chiaia con uno dei luoghi più antichi del Vomero, il primo tratto di via Belvedere, intersecando corso Vittorio Emanuele e via Tasso e che prendeva il nome di “Salita del Vomero”.
In epoca umbertina furono aggiunti molti eleganti edifici residenziali, specialmente nel tratto del corso facente parte del quartiere Chiaia e Mergellina ed anche dei suggestivi hotel di lusso, alcuni dei quali ancora attivi.
Altro intervento fondamentale della fine dell’ ‘800 fu collegare il Corso con le funicolari di Chiaia e Montesanto, tutt’oggi un collegamento fondamentale. Nel 1928 fu creata una fermata anche per la più nuova funicolare centrale.
Il Corso nel ‘900
Con l’ inizio secolo, si afferma lo stile Liberty, che non può mancare nel tratto più elegante di Corso Vittorio Emanuele, alla cui costruzione contribuirono architetti ed ingegneri molto noti, ma il contributo che forse spicca di più è quello di Lamont Young, architetto di origine scozzese, autore del suggestivo Parco Grifeo dei principi di Partanna, un complesso di edifici residenziali a ridosso della collina del Vomero, con accesso sia da Villa Lucia che dal Corso, i cui edifici originari sono di un particolare stile neo-medievale e vantano un impagabile panorama.
Tra gli anni ’30 e ’60 al parco furono aggiunti molti altri edifici, con stili differenti. E’ tutt’oggi presente un ascensore che porta all’hotel Bertolini, risalente ad inizio secolo.
Tra questi edifici, uno dei simboli della Napoli bene dell’ inizio XX secolo è il Castello Aselmeyer, sul quale è impossibile non posare lo sguardo, quando si passa per corso Vittorio Emanuele o quando lo si avvista da piazza Amedeo di Savoia, forse l’ opera più nota del geniale architetto britannico, costruito per la famiglia Grifeo di Patranna, poi acquistato da un ricco banchiere tedesco, oggi è un esclusivo condominio.
Il corso termina alle porte di Mergellina, con un altro edificio che ha mantenuto immutata la sua eleganza nel tempo: la stazione di Mergellina, edificata nel 1925.
Successivamente alla seconda guerra mondiale, corso Vittorio Emanuele non fu esente dalla speculazione edilizia che soffocò il verde della città col cemento, ma molti tratti della strada hanno ancora ben visibile il bellissimo panorama che ha da sempre caratterizzato le colline di Napoli.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
“Architettura e urbanistica dell’ età borbonica” dei prof. A. Buccaro e G. Matacena
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